4. Correre.

178 16 6
                                    

La Sala Grande era ancora gremita di persone, qualcuno ancora ridacchiava. Fred e George erano appena corsi fuori dall'enorme sala diretti all'infermeria per farsi dare qualcosa da Madama Chips sperando di poter far scomparire i capelli grigi e la lunga barba bianca degna di Albus Silente. Anche Hermione, se ci ripensava, veniva travolta da un risolino inarrestabile. Le loro facce erano state semplicemente uniche: nonostante sapessero quanto furbo fosse il loro Preside, avevano lo stesso pensato di poterlo prendere in giro con i loro trucchetti da quattro soldi. Potevano divertire gli altri studenti con le loro invenzioni, ma non prendere in giro un'insegnante dal calibro di Silente.

«Era molto che non sentivo la tua risata».

Hermione si voltò per trovarsi Draco seduto alle spalle, chinato verso di lei. La sua voce bassa per non farsi sentire dalle persone intorno a loro, vicino abbastanza per farsi sentire dalla ragazza ma abbastanza lontano da non mantenere segreta la sua presenza ad Hermione fino a quel momento.

Anche per Hermione era passato molto tempo dall'ultima volta in cui si era divertita in quel modo, e ancora più tempo era passato da quando aveva visto gli occhi del ragazzo di nuovo illuminati da quella luce divertita e sincera. Ferse era passato un anno, forse di più, adesso Hermione non se lo ricordava con precisione, ma di certo era molto, troppo tempo.

«Anch'io», rispose sinceramente lei, tornando a voltarsi in avanti con la testa china sul libro.

Temeva che, guardandolo troppo negli occhi, avrebbe ricordato quella sera nel cortile, con il vento che le scuoteva il mantello e i capelli, riportandole alla mente il suo sguardo quella sera, le sue parole, le lacrime versate da lei nella vana speranza di poter dimenticare tutto.

Non ci era riuscita quella sera, e non aveva trovato nemmeno una risposta alla sua domanda. Lui sosteneva che la conoscesse già, che da qualche parte nel profondo del suo cuore o nei meandri della sua mente, Hermione custodisse già la risposta che tanto bramava. Ma non l'aveva ancora trovata, e nonostante avesse passato settimane lontano da lui pensando che magari la lontananza avrebbe aiutato, o notti intere raggomitolata nel suo letto sotto le coperte calde con il dolore costante ma non meno doloroso nel petto, non l'aveva ancora trovata.

«Non ti va di vedermi?», le domandò lui alle sue spalle.

«Penso che non possa aiutarmi», fu di nuovo sincera lei.

«È per questo che mi hai evitato queste settimane?», continuò lui. «Pensavi che standomi lontano avresti potuto dimenticarmi». La sua voce era ancora bassa, un sussurro quasi, ma Hermione la sentiva forte e chiara nella sua mente, come se invece di bisbigliagli alle spalle le stesse urlando dritto nelle orecchie, il suo corpo che la costringeva ad ascoltarlo.

«Pensavo che mi avrebbe aiutato a schiarirmi le idee, a capire quello che tu credi io conosca già».

«La famosa risposta», mormorò lui con un sospiro. Hermione sentì il suo respiro caldo sul collo, un brivido la scosse tutta, da capo a piedi, un calore insostenibile le avvolgeva la pelle, reso ancora più doloroso dal fatto che non poteva tollerarlo troppo se non voleva che gli altri studenti nella Sala Grande si rendessero conto di cosa stesse succedendo tra loro due.

Hermione si limitò ad annuire.

«Perché pensavi che standomi lontano ti avrebbe aiutato?», chiese lui. «Sei sicuro che fosse quello il motivo?».

«Non ci siamo già passati?», le chiese a sua volta lei.

«Io pensavo di sì, ma sei tu quella che fra i due continua a cercare di dimenticare l'altro. Pensavo che ormai avesse capito che starmi lontano è qualcosa di doloroso per te almeno quanto lo è per me». La sincerità delle sue parole era disarmante, lasciando la ragazza senza fiato, resa ancora più sorprendente dal fatto che intorno a loro ci fossero dozzine di persone che avrebbero potuti sentirli e cacciare entrambi nei guai.

Scordati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora