9. Raggiante.

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Intorno ad Hermione, tutti i ragazzi davano ancora di matto mentre tenevano gli occhi puntati al celo, in cerca di Harry a cavallo della sua nuova scopa. Hermione ormai non riusciva più a distinguere la sua figura tra le nuvole, diventando sempre più piccolo man mano che si allontanava, così si risparmiò il dolore al collo che gli sarebbe venuto se avesse continuato a tenere a testa inclinata in quel modo. Abbassò gli occhi sulla piuma di Fierobecco, che teneva ancora stretta in mano, ma delicatamente. Gli sembrava impossibile che una cosa così fragile, potesse rappresentare un rapporto così solido, così forte e così complicato come quello di Sirius ed Harry.

Qualcuno gli strattonò la manica, attirando la sua attenzione e facendola voltare. Quando si voltò, si trovò davanti una camicia bianca ed una cravatta verde ed argento. Si trovava ancora in piedi sugli scalini d'entrata del portone della scuola, e Draco era sempre stato più alto di lei: adesso, con uno scalino a separarli, Hermione dovette reclinare di nuovo la testa per guardarlo in volto.

Il sorrisino che gli piegava gli angoli della labbra bastò a far scomparire qualsiasi traccia idi gioia all'anima della ragazza. Hermione di voltò di nuovo, facendo come se lui non esistesse affatto, anche se – gli dispiaceva ammetterlo a se stessa – la presenza del ragazzo alle sue spalle era qualcosa che avvertiva con ogni centimetro del suo corpo, come se il corpo i lui emanasse delle cariche elettriche che soltanto lei riuscisse a captare.

Draco le strattonò di nuovo il braccio, come se la volesse prendere in giro. Hermione sapeva che ignorandolo non avrebbe fatto altro che reggergli il gioco, ma non se ne importò. Alla fine, Hermione sentì il suo respiro sul collo, la sua pelle a pochissimi millimetri dalla sua, le loro guance che quasi si sfioravano. Hermione impose al suo corpo di non rispondere a quel tocco, a quell'impulso, ma non ci riuscì, non ne ebbe la forza. E la cosa che più la spaventava, era che in realtà, nel profondo, sapeva che lei stessa non voleva avere il controllo sul suo corpo quando era con lui.

Si tratteneva per così tanto tempo che quando lui era con lei, anche se la faceva letteralmente impazzire, lui aveva quella capacità di impedirle di trattenere il controllo, e la cosa gli piaceva. Non lo avrebbe mai ammesso, ma era così.

«Vieni con me», gli sussurrò lui all'orecchio.

Il tono della sua voce, così calma, così elettrica, e il fatto che a pochi metri da loro ci fossero come minimo venti ragazzi che avrebbero potuto voltarsi da un momento all'altro guardandoli sbigottiti e correre per la scuola a raccontare tutto, rendeva quelle parole, quell'invito allo stesso tempo terrificante e tremendamente invitante.

Hermione non aveva per nulla dimenticato cos'era successo l'ultima volta che erano rimasti da soli loro due, ed era certa che nemmeno lui lo avesse scordato. Ma che senso aveva evitarlo? Prima o poi lo avrebbe incontrato nei corridoi, da soli, e allora sarebbe iniziato tutto daccapo. Avevano altri quattro anni da passare insieme in quella scuola, tanto valeva levarsi il sassolino dalla scarpa adesso.

Lei aveva già messo le cose in chiaro quel pomeriggio, e anche se lui aveva continuato a mandarle strane occhiate per i corridoi – a metà tra uno sguardo assassino e quello di un uomo che si avvicina alla sua morte –, come per sfidarla o invitarla, non aveva nessuna idea di cambiarla. Per quale motivo avrebbe dovuto mettersi in una situazione come quella in cui lui la stava invitando? Dividersi tra se stessa e lui, tra la sua vita e quella di Draco.

I loro mondi erano così diversi, così lontani che nessuna forza al mondo li avrebbe mai potuti collegare. E allora perché rischiare? Perché provarci? Perché anche solo pensare di gettarsi in un lago profondo e colmo di dolore e lacrime? Se la risposta sembrava per lo meno in parte chiara alla ragazza, per lui sembrava ancora sfuggirgli.

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