ᏆᏙ

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Taehyung entrò, non appena ebbe la piena visione di Jungkook si sentì crollare le gambe. Non osava immaginare come avesse potuto reagire Jin, ora gli credeva quando diceva che stava per svenire. Deglutì e scambiò un fuggente sguardo con Jin. Tagli. Tagli ovunque. Che si incrociavano, paralleli, dritti, ondulati, orizzontali, obliqui... Tagli ovunque di ogni tipo.
Jin era entrato dopo di lui con un impasto di acqua e qualche erba o aroma che creava un forte odore. Porse la bacinella e una stoffa
-Devo usarlo come disinfettante? Funziona?-
-Ovvio che si-
Non poteva far altro che fidarsi. Si inginocchiò accanto al letto e poggiò per terra. Il ragazzo dai capelli scuri, le mani tremanti e la paura negli occhi, andava invece a sedersi sulla sedia scura davanti alla scrivania.
Taehyung cercò di essere il più rapido possibile. Tamponava le ferite e certe volte, mentre compiva quest'azione, vedeva il viso di Jungkook accigliarsi e contrarre il muscolo, in segno di dolore. Quando lo faceva, Taehyung sembrava mormorasse uno "scusami", quasi a sentirsi in colpa. L'acqua era diventata rossa a furia del sangue che rilasciava la pezza passata sui tagli. Infine presero delle bende e fasciarono le ferite. Era mentre Jin stava portando a svuotare la vaschetta di sangue e assicurarsi che  Namjoon stesse bene. Taehyung li sentì parlare dall'altra stanza, Quando Jin e Namjoon attaccavano a parlare così sapevi che potevi aspettare anche trenta o più minuti prima che torni, e ovviamente anche lui conosceva bene questa situazione. Era ancora accanto a Jungkook mentre lo guardava. Voleva vedere i suoi occhi ancora, voleva sentire la sua voce ancora da adolescente, voleva parlare con lui almeno un'ultima volta. Accarezzava il viso, scendeva sul collo e poi concludeva sul petto per poi risalire. Con l'altra mano ordinava i capelli sulla fronte. Poi fermò entrambe le azioni. Si avvicinò a lui e lasciò un bacio candido e leggero sulle labbra dell'altro. Non sapeva nemmeno lui che cosa sperava. Che fosse magico... o... Non lo sapeva.
Prese la mano di Kookie, come quella volta, al club. Chiuse gli occhi e venne in mente una canzone che aveva sentito da uno dei tanti CD dai quali era sommersa casa sua.
"How do you feel if..." (come ti sentirsi se...) si fermò dopo aver intonato la frase a tempo del ritmo immaginario "if a say that I love you?" (Se ti dicessi che ti amo?) Continuò per poi fare una pausa "tell me that you love me too" (dimmi che mi ami anche tu) e a questa frase gli occhi di Jungkook si aprirono. 
-Se mi dicessi che mi ami?- ripete mentre si girava verso di lui. Taehyung aprì gli occhi e lo fissarono. Non sapeva cosa fare, e per la felicità pianse. Cominciò a piangere senza singhiozzi, senza coprirsi, senza consolarsi abbracciandolo. Solo pianse. E solo sorrise. 
"Stai piangendo Taehyung?" chiese mentre storse leggermente il capo 
"Si. Si, Jungkook. Sto piangendo" rispose annuendo 
"Posso consolarti?"
Non rispose. Solo si lasciò avvolgere nell'abbraccio. Sistemò la testa sulla spalla mentre l'altro gli accarezzava la schiena. Quel profumo... Quel profumo che invase le narici di Tae, amava quel profumo... E ora che ci pensava bene amava anche quell'abbraccio. Amava quel bacio, dato di nascosto senza farsi vedere. Sembrava impossibile come pensiero, eppure lo pensava. 
Jungkook si staccò, lasciando un freddo interiore che richiedeva un caldo esterno. Si fece più sotto le coperte sperando che almeno loro avessero potuto riscaldarlo. 
"Non ti ho mai visto piangere..." rifletté Kookie, lui invece era solito piangere 
"Il fatto che non mi abbia visto non vuol dire che non lo faccia... Non lo faccio tanto..." rispose in modo articolato. Aveva bisogno di parlare, ma odiava farlo perché odiava sentirsi invadente e parlando avrebbe fatto sentire gli altri invadenti. 'sono un fottuto coglione' si ripeteva spesso quando faceva così. 
"Posso chiederti come mai non piangi spesso?" guardò le loro mani ancora intrecciate. Non si erano staccate nonostante tutto. 
"Io..." sospirò Taehyung, per poi abbozzare un sorriso. 
"Ecco... è una lunga storia... Inizia quando avevo 5 anni. Vedevo tutti i miei amici con le loro sorelline o con i loro fratellini. Tutti che gli proteggevano e facevano i grandi portandoli sulle giostre. Io abitavo da mia nonna per aiutarla nella fattoria e volevo anche io un fratello o una sorella, così chiesi a mia nonna un fratello" sorrise asciugandosi una lacrima che era rimasta sulla guancia "E lei mi disse che non poteva, che doveva chiedere a mia mamma e mio papà. Mio papà è sempre stato uno stronzo (non prendete sul serio quello che dico, è frutto della mia malsana mente), un mostro che violentava la mamma. Mi fa ancora schifo chiamarlo 'padre'. Feci molti chilometri per andare dai miei genitori. Un viaggio eterno. E quando arrivai lì parlai con la mamma e la implorai di avere un fratello. La pregai e la supplicai. Lei disse che il prima possibile mi avrebbe mandato un fratello o una sorella. Mia mamma non diceva mai bugie. Mai. Attesi e attesi. Autunni piovosi, Inverni rigidi, Primavere calde ed estati umide erano passate. Mia madre non aveva mentito, era arrivata per davvero. Sentii la macchina parcheggiare sulla ghiaia ed il cane che abbaiava. Poi udii dei piedi che venivano poggiati sulle pietre bianche che servivano ad assorbire l'acqua che quell'autunno ci sarebbe stata mandata dal cielo (12). Mi sono seduto di scatto, quella notte i lampi avevano illuminato la villa nella campagna ed un albero prese fuoco. Era un avviso, io lo sapevo. Quell'albero era un segno, il segno che mia madre sarebbe morta il giorno a venire. Avevo letto in un libro di vecchie Haiku che "un albero bruciato equivale ad un cuore spezzato, come il contadino soffre per il centenario, l'amante morirà da un sicario"  non sapevo nemmeno cosa fosse un sicario, e poi realizzai... mio padre era il sicario, era l'assassino che ha rovinato prima mia madre e poi ha distrutto il mio futuro e le vite dei miei fratelli. Perché si, dopo l'incidente per una grazia divina riuscirono a portare fuori dal corpo di mia madre i miei due fratelli. Non avrò mai abbastanza rispetto per potere equivalere a quella donna. Era un angelo, non una donna. Era mia madre e Dio l'aveva mandata a prendere da quel mostro perché rivoleva indietro il suo angelo, non saremo mai degni neanche di un suo sguardo noi comuni mortali"
Jungkook vedeva tanta sofferenza in quegli occhi, ora bassi, che stavano luccicando alla luce del comodino.
Era rimasto incantato da quella storia che riusciva a scorgere dallo specchio dell'anima, i suoi vispi e curiosi occhioni color della pece
Si era seduto mentre continuava a tenere la sua mano stretta. Aveva anche inclinato leggermente la testa. Rimasero lì. Fermi. A contemplare quelle anime bisognose. Sembravano passare ore ed erano solo secondi. L'universo sembrava muoversi intorno a loro, i colori del cielo stellato stavano ruotando e loro erano al centro. E infine si avvicinò. Lentamente.
-Che stai facendo Jungkook?- chiedeva Taehyung mentre lui si inginocchiò davanti al ragazzo seduto a gambe incrociate sul pavimento.
Il respiro di Taehyung sembrava sempre più affannato.
Jungkook mise la sua mano sulla guancia di Taehyung. Tanta semplicità in quell'immagine. Due amanti. Due corpi e due anime che si cercavano. Due persone all'apparenza normali. Due turbolenti spiriti che volevano trovare la loro pace. Due cuori che ballavano nei petti degli adolescenti. E poi due pance, entrambe piene di farfalle agitate. Due nodi alla gola che impedivano qualsiasi tipo di contatto vocale e per finire un solo dolce e romantico bacio...

𝘿𝙞𝙢𝙢𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙢𝙞 𝙖𝙢𝙞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora