Capitolo 10

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Prendemmo un traghetto che una volta alla settimana faceva la tratta che ci serviva per arrivare a quell'isola e il "tour" durava quasi tutto il giorno quindi durante il viaggio io, Giovanni e Simona stavamo cercando di creare un piano veloce in modo da trovare Zoe e, sperando, anche i miei genitori, per poi ritornare indietro col traghetto e andare via di lì per sempre.
-Qual è il piano migliore che possiamo trovare in questo momento secondo te?
-Onestamente credo che non sapendo nulla, l'unica cosa da fare sia di arrivare là grazie al GPS e sperare che non ci siano delle guardie o gente del genere. Non possiamo immaginare altro.
-Perché ci siamo messi in mezzo a sta cosa Giovanni?
-Io..

-Guardate che se volete potete tornare indietro, vi fate il tour perchè tanto questo è l'unico traghetto e tornare quando poi finisce tutto. Non siete obbligati a farlo, anzi io vi ringrazio per tutto quello che avete fatto fino ad adesso ma non voglio mettere a rischio la vostra vita. State insieme da tanto e vi amate e non oso immaginare come starebbe uno se succedesse qualcosa all'altro.
-No, noi vogliamo aiu...
-No lo dico io! Non voglio che veniate con me.
-Ti farai ammazzare così.
-Sì, probabilmente sarà così. Ma sarà solo una la vita persa e non 3. Pensateci almeno.
I due si guardarono e mi dissero che ci avrebbero pensato, quindi io mi feci un giro sul traghetto e andai al piccolo Bar che c'era nella sala ristorazione. Mi presi una Coca Cola e guardai tutta quella gente. E se qualcuno ci avesse seguito fino a qua? Se senza mai farsi notare avesse seguito ogni passo con l'intento di farmi arrivare dove mi trovo ora? Cosa pot..
-Disturbo?
-Cosa?
-Disturbo?
-Ah nono. Ciao, ci conosciamo?
-No ma ho fatto una scommessa con le mie amiche che sarei venuta qua e sarei riuscita ad ottenere il tuo numero. Non sei costretto a darmi il tuo numero, scrivi giusto qualche cifra su un pezzo di carta. Non voglio perdere che poi mi obbligano a fare penitenza e loro sono persone veramente acide.
-Mmh. Vabbeh si può fare.
Presi un pezzo di carta e lei mi passò la penna. Iniziai a scrivere qualche numero e lei appoggiò la sua mano sulla mia schiena e io la guardai con faccia sospetta, quindi lei tolse la mano.
-Ecco fatto.
-Grazie mille.
-Figurati. Ah aspetta, qual è il tuo nome?
Lei mi sorrise e rispose "Selena". Beh, bel nome.
Dopo aver finito di bere uscii dalla sala salutando Selena, e tutte le sue amiche aprirono la bocca per lo stupore. Sorrisi.
Tornai da Giovanni e Simona.
-Quindi?
Giovanni sospirò.
-Abbiamo deciso. Ti lasciamo andare da solo.
-Bene. È la scelta migliore.
-Però ti lasciamo questo.
Giovanni prese qualcosa dal suo zaino.
-Tieni.
-Cos'è?
-Un telefono usa e getta.
-E perchè me lo dai?
-Perchè in qualunque momento se dovesse succederti qualcosa chiama il numero salvato dentro, così ti raggiungeremo. Possiamo aiutarti solo fino a quando il traghetto non parte quindi se hai bisogno di aiuto cerca di averlo subito e non quando saremo andati via.
Io feci un cenno con la testa e andai a sdraiarmi nel mio letto addormentandomi.

-Sei quasi arrivato. Non arrenderti.

Mi svegliai col pensiero di quello che avevo sentito nel sogno. Era una voce femminile ma non era quella di Zoe. Era..era quella di mia madre. Tutto quello che stavo sognando in quel periodo era collegato, aveva un senso logico e ne ero sicuro, quindi mia madre doveva trovarsi sicuramente lì e di conseguenza anche mio padre. 
Arrivammo sulla terraferma e salutai Giovanni e Simona. Probabilmente quello sarebbe stato il nostro ultimo saluto.
-Buona fortuna allora.. ne avrai bisogno
-Buona fortuna Nic.
-Grazie ragazzi, grazie di tutto.
Abbozzai un sorriso molto forzato e me ne andai senza farmi vedere dalle guide turistiche. Dopo essermi inoltrato nell'isola potevo soltanto vedere alberi e tanto verde. Tantissimo. 
Dopo qualche centinaia di metri accesi il GPS e presi una mappa dell'isola guardando le coordinate. Presi una penna e seguendo le linee sulla carta feci una croce in un punto a Nord-Ovest dell'isola mentre io dovevo trovarmi ancora a Sud-Ovest, quindi in pratica dovevo ancora andare avanti, solamente che, ignorante come sono, probabilmente mi ci voleva più di un giorno per arrivare a destinazione quindi il telefono che mi aveva dato Giovanni mi era già inutile, non sarei mai tornato indietro in tempo per la partenza del traghetto. 
Continuai a camminare senza sosta, guardando ogni tanto il GPS e ormai dopo ore vedevo che i numeri non cambiavano più. Strano. 
Fino a sera il viaggio continuò con me che parlavo ad alta voce con me stesso, una roba tipo "botta e risposta". Forse è vero che la solitudine fa diventare pazzi, però dopo poche ore era già un problema per me. Anzi, a dirla tutta, era strano che solamente la solitudine mi fece diventare pazzo e non tutto quello che avevo affrontato prima. Arrivata la notte, quando ormai sicuramente il traghetto era già di ritorno, appoggiai lo zaino per terra e mi sdraiai vicino ad un albero addormentandomi ancora prima di chiudere gli occhi. 

-Presto Nic, vieni!
-Cosa succede?
-È Zoe, le hanno fatto qualcosa.
Mi trovavo a scuola senza nessuna spiegazione. Ero nel corridoio che portava alla palestra.
-Chi?

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