.:Capitolo due:.

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La tensione svanì sotto il getto d'acqua bollente.

Si massaggiò il corpo con un bagnoschiuma ai semi di lino, il dolce profumo le inebriò i sensi, quando raggiunse i polsi digrignò i denti, i segni violacei erano lì, pulsanti, per ricordarle che lui c'era c'è e ci sarà sempre. Per ricordarle che è inutile scappare, salda come la presa sui suoi polsi era la presa sulla sua vita. Mille volte aveva provato a dimenticarlo e mille volte era tornato a farsi vivo.

Uscì dalla doccia, si asciugò e si infilò una tuta.
Passò la serata davanti alla tv, mangiucchiando un paio di foglie dell'insalata che si era preparata per cena.

Continuava a pensare a lui. Proprio come lui voleva. Diventare parte integrante della sua vita, rendersi essenziale nella sua quotidianità, fino al punto in cui lei non sarebbe più riuscita a immaginare un futuro o a ricordare un passato senza la sua presenza.

E lei ci era arrivata a quel punto, lui lo sapeva, stava solo aspettando che lei se ne rendesse conto.

Lei ci ripensò, come le accadeva centinaia di volte al giorno.
Ripensò al momento in cui tutto era cominciato.
Quattro anni prima, in una gelida e piovosa serata invernale.

Era arrivata in quella città già da un anno, e tutto ciò che aveva fatto era frequentare le compagnie sbagliate.


Si ricordava ancora la sensazione della pioggia gelida sulle guance, delle braccia strette attorno al corpo per riuscire a mantenere quel poco di calore che il sottile giubbotto le dava. Il naso le colava, ma non aveva un fazzoletto. Le uniche cose che aveva in tasca erano i soldi per la sua dose e un vecchio cellulare che le serviva soltanto per mettersi in contatto con gli spacciatori. Si accostò al muro di quel vicolo desolato e lercio, sperando di riuscire a ripararsi un po', e attese. Vide un uomo avanzare, facendosi largo tra la spazzatura per terra, i cartoni su cui dormivano i barboni e i topi. Era troppo alto per essere lo spacciatore. Si prese tutto il tempo del mondo per osservarlo, tanto chi avrebbe fatto caso a una drogata accasciata contro un muro, con delle occhiaie violacee, i capelli arruffati e la pelle quasi trasparente. L'uomo avanzava calmo, senza degnare di uno sguardo tutto ciò che lo circondava, come se per una persona vestita in modo così elegante fosse normale trovarsi in un luogo come quello. Stava per passare davanti alla ragazza, quando all'improvviso si fermò e si girò nella sua direzione. I loro sguardi si incrociarono e lei venne percorsa da un brivido sulla spina dorsale, mentre le budella le si contorcevano. Quell'uomo aveva degli occhi così gelidi e penetranti che le sembrava le stessero facendo un'autopsia. Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, quegli occhi non riflettevano niente. I capelli erano biondi, quasi bianchi, i lineamenti erano spigolosi e la stazza imponente. Era molto alto, dalle spalle larghe.

Se il diavolo avesse avuto sembianze umane, di sicuro sarebbe stato così.

Il gioco di sguardi continuò per un'eternità, occhi verdi grandi ed espressivi di lei, occhi azzurri e gelidi di lui.

La ragazza venne distratta da degli altri passi, si girò in quella direzione, un uomo tarchiato dalla barba ispida e dalle profonde occhiaie si stava avvicinando a lei. Lanciò uno sguardo allo sconosciuto, lo notò appoggiato ad il muro di fronte a quello dove si trovava lei, mentre si accendeva una sigarette e continuava a fissarla.
La giovane scosse la testa e riportò l'attenzione verso lo spacciatore, ci fu uno scambio, nemmeno una parola venne sprecata, lei gli infilò i soldi in una tasca, mentre lui le mise in mano una bustina con dentro delle pasticche, poi prima di andarsene non le risparmiò una pacca sul sedere, come extra per essere uscito in una giornata così schifosa.

Lei non ci fece caso e sentì l'umore migliorarle quando si infilò il suo tesoro in tasca. Stava per andarsene quando venne afferrata per un polso, tentò di divincolarsi ma la presa era soffocante. Si girò verso colui che la stava trattenendo e incontrò gli occhi glaciali dell'uomo in abiti eleganti.

- Lasciami stronzo – le intimò lei, mentre tentava di liberarsi dalla morsa di quell'uomo.

Un sorriso cattivo gli si disegnò sul volto, le tirò il polso facendola avvicinare a sé e con l'altro braccio le circondò la vita in una presa soffocante, facendo aderire completamente i loro corpi. Con la mano libera lei cominciò a tirargli pugni sul petto, ma sembrava che non gli facessero nemmeno il solletico. Lui non smise di fissarla un secondo, con uno sguardo avido, che cercava ogni particolare insolito sul suo viso, e, con una voce potente, ma allo stesso tempo bassa e sensuale parlò – Quanti anni hai? – lei sentì l'eco di quelle parole nella sua testa, mentre tentava disperatamente di trovare una via di fuga – Abbastanza da sapere che non bisogna dare confidenza agli sconosciuti, stronzo – gli rispose, con quel briciolo di coraggio che ancora le rimaneva in corpo. Sentì le costole e le ossa del polso scricchiolare mentre la presa del suo aggressore si faceva più opprimente – Rispondi – le intimò lui quasi in un sussurro. Probabilmente se avesse urlato le avrebbe fatto meno paura. Lei digrignò i denti per non gemere dal dolore – 19 – sibilò trattenendo un ansito.

Un altro sorriso si dipinse sul suo volto, era soddisfatto – Bene piccola, ora sei mia, tutto ciò che farai, dirai o penserai io lo verrò a sapere, e non credere di poter scappare, perché io ti guarderò tutto il tempo, ti raggiungerò persino nei tuoi sogni – non appena finì la frase la scaraventò a terra e se ne andò.

Da quel giorno cominciò ad incontrarlo ovunque, persino quando decise di cambiare zona per i suoi "acquisti" lo trovava, aveva cominciato a sognarlo la notte stessa dopo il loro primo incontro, e da quel momento non l'aveva più abbandonata. Tutte le volte che si incontravano lui faceva in modo di lasciarle dei lividi, per ricordarle la sua presenza, e, nel frattempo, le faceva qualche domanda. Ormai lui conosceva tutta la sua vita.

Quando si recò dalla polizia per denunciare uno stalking l'unica cosa che gli agenti dissero fu - Guardatela in faccia, è solo una drogata, con quella robaccia che si prende avrà le allucinazioni – il suo compagno scoppiò a ridere – Sarà anche una drogata, ma io una passatina gliela darei – e la liquidarono tra una risata e un'altra.
Divenne paranoica, lo vedeva ovunque, e molto spesso c'era davvero, l'unico posto in cui si sentiva al sicuro era casa sua, e non perché lui non sapesse dove abitava, glielo aveva detto lei stessa, quanto perché fino a quel momento lì aveva avuto la sua privacy.

Dopo i primi sei mesi decise di smettere di drogarsi, magari così, non frequentando più zone malfamate, non lo avrebbe più incontrato. Si trovò un lavoro come segretaria, e, dopo aver guadagnato abbastanza, lasciò il suo monolocale puzzolente e malridotto per trasferirsi in un appartamento più grande e in una zona più tranquilla.

Per qualche giorno, dopo il trasferimento, lui non si fece più vedere, tranne che nei suoi ricordi e nei suoi sogni.
Credette di essere riuscita a liberarsi di lui.
Tirò un respiro di sollievo.
Ma, dopo una settimana di pace, quando stava tornando dal supermercato, lo rincontrò. Quella sera tornò a casa con un livido molto evidente sul collo, che il giorno dopo fu costretta a coprire con una sciarpa.






​Suilejade



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