.:Capitolo nove:.

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Uscì dalla doccia dopo una buona mezzora, si fasciò la gamba e si infilò il pigiama. Raccolse i vestiti che aveva sparso in giro e si diresse in salotto. Afferrò una bottiglia di whiskey dal mobiletto degli alcolici e si sedette sul divano, accendendo la tv.

L'alcol le bruciava la gola e lo stomaco, vuoto da troppo tempo. Le bastavano un paio di sorsi perché la sua testa cominciasse a girare. Aveva perso più di cinque chili, e il suo unico mezzo di sostentamento era quella bevanda, che continuava trangugiava ininterrottamente per tutta la notte, finché non sveniva o la bottiglia terminava, solitamente dopo svariate corse in bagno.

Non sapeva quanto sarebbe durata in quella condizione, ma non le importava poi molto. Il giorno seguente non sarebbe andata a lavorare. Non avrebbe avuto nessun mezzo per distrarsi.

Andò a dormire verso le cinque di mattina, svegliandosi poche ore più tardi con lo stomaco che le faceva un male infernale.

- Maledizione - imprecò tirandosi in piedi a fatica, un po' per il dolore e un po' per l'alcol ancora in circolo. Si infilò una tuta e uscì di casa, dirigendosi verso la farmacia più vicina. Chiese un medicinale generico per il mal di stomaco. Quando uscì dal negozio aprì immediatamente la scatola, lesse velocemente il foglietto delle istruzioni: "da assumere non più di due volte al giorno dopo i pasti.... non assumere alcolici".

- Stronzate - aprì la boccetta dello sciroppò e se ne scolò metà.

Girovagò senza meta per la città le restanti ore della mattinata. Si ritrovò nel suo vecchio quartiere, e una malsana idea le balenò in testa.

Percorse rapidamente quelle stradine luride come se non avesse mai smesso di farlo. Quando raggiunse il luogo più frequentato per fare acquisti venne accolta dai presenti, o perlomeno, i pochi rimasti, con energiche pacche sulle spalle, che le squassavano la cassa toracica. Si avvicinò ad uno degli spacciatori che conosceva e prese una dose della sua roba preferita.

Tornò a casa con in tasca quel tesoro spaventoso ma allo stesso tempo terribilmente attraente.

Si accucciò contro il divano, non più sicura di voler terminare ciò che aveva iniziato, ma le mani le prudevano per l'eccitazione, presagendo la sensazione di iper eccitazione che quelle pasticche le avrebbero provocato.

- Fanculo, tanto, peggio di così.. – aprì la bustina e ne ingurgitò il contenuto tutto in un colpo. Per poco non si strozzò, ma dopo qualche colpo di tosse riuscì a riprendere a respirare. Si alzò a fatica accasciandosi sul divano e attese.

Quelle furono forse le dodici ore peggiori della sua vita. Dopo l'iniziale scarica di adrenalina la testa cominciò a farle un male del diavolo, e poco dopo si ritrovò a gattoni sul pavimento tentando inutilmente di vomitare. Brividi freddi e caldi, febbre, allucinazioni, il cranio le esplodeva e le budella le andavano a fuoco. Aveva sete, ma non appena tentò di alzarsi svenne, risvegliandosi tempo dopo nelle medesime condizioni. I suoi sogni ad occhi aperti erano così vividi e spaventosi che ad un certo punto si ritrovò urlante e tremante in un angolo della stanza, mentre fissava con sguardo allucinato il corridoio deserto. L'ansia l'aveva attanagliata, non riusciva a stare ferma e tranquillizzarsi, il suo sguardo rimbalzava da una parte all'altra della stanza alla ricerca dei mostri che sentiva bisbigliarle nelle orecchie. Cominciò a grattarsi gli avanbracci con tanta energia che se li scorticò, ma nemmeno quello sembrò riuscire a calmarla. Cominciò a dondolarsi sui talloni, piangendo e urlando contemporaneamente, con le mani incastrate nei capelli. Stava così male che si ritrovò a pregare quell'essere superiore in cui non credeva di far finire tutto quanto.

Quando quella tortura terminò, un'infinità di tempo dopo, si sorprese di essere ancora viva. E forse ne rimase anche delusa.




​Suilejade


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