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Ormai i piedi continuano a muoversi per inerzia mentre seguo la luce fioca dei lampioni che mi guidano verso la prima ed unica abitazione che vedo dopo giorni.

Sembra più che altro un magazzino, oppure un garage, ma non posso esserne sicura, perché non ne ho mai visto uno prima se non sulle illustrazioni dei libri.

E' da due giorni che cammino senza sosta, senza mangiare o bere e con entrambe le gambe ferite a causa delle lunghe escursioni fra l'erba alta dei boschi.

Sto ancora piangendo, non ho mai davvero smesso, e il ricordo di ciò che ho visto, di ciò che mio fratello mi avrebbe voluto fare, è praticamente uno schiaffo a tutta la mia vita.

La mia famiglia mi ha voltato le spalle, mio fratello mi ha venduto come una bestia da macello.

Non sono mai stata niente di più di questo per lui, una semplice merce da custodire in attesa del momento esatto per sfruttarla a proprio piacimento.

Sospiro, passandomi entrambe le mani sulle guance umide prima di aggrapparmi alla maniglia del grande capannone grigio che sembra, almeno al momento, disabitato.

La porta è aperta, e la cosa mi lascia leggermente sorpresa, ma sono fin troppo stanca per riempirmi la testa con problemi inutili.

Entro nel grande edificio polveroso e l'unica cosa che vedo sono diversi ripiani e scaffalature piene di scatolame e lattine chiuse.

Mi avvicino alla prima scatola che vedo, e quasi mi viene da piangere quando vedo un pacchetto di patatine, che subito afferro avidamente, ripulendolo in un paio di secondi.

Se ora riuscissi a trovare un po' d'acqua sarebbe praticamente un sogno ad occhi aperti.

Inizio a cercare fra le varie scatole, infilando nelle tasche della felpa tutti i generi alimentari che potrebbero essermi utili quando sarò costretta a spostarmi di nuovo.

Per quanto mi piacerebbe, restare qui non è sicuro: mi stanno seguendo e se dovessi restare troppo in un posto riuscirebbero a rintracciarmi tramite l'odore.

"Diamine."

Mi aggrappo ad una scaffalatura, cercando di non far troppo peso sul piede ormai privo di sensibilità che cerco comunque di muovere con delicatezza.

Devo recuperare velocemente le forze, altrimenti è finita.

Mi massaggio con cura la gamba, cercando di riscaldare i muscoli indolenziti.

Ho diversi tagli su tutte le cosce e i polpacci, ma il tessuto stretto dei jeans ha fortunatamente fermato le possibili emorragie.

Mi blocco, alzando di colpo lo sguardo, sorpresa da un leggero rumore di cigolio.

Non sono più sola dentro queste quattro mura.

Mi faccio piccola nella mia felpa nera, nascondendomi fra le varie scaffalature, cercando di pensare al modo più sicuro per arrivare all'uscita senza farmi scorpire.

Se solo riuscissi a vedere l'estraneo sarebbe tutto più facile, ma sarebbe troppo bello per essere vero.

Faccio alcuni passi lenti verso la porta, sempre tenendo lo sguardo vigile e attento, provando a calmare i battiti del mio cuore spaventato.

Ho quasi raggiunto la porta, sono quasi vicina alla salvezza, e quasi sento il sapore del vento freddo sulla pelle quando una mano mi copre il viso, impedendomi di urlare, ed un altro braccio mi tiene ferma in una stretta mortale.

L'ombra dei tuoi passi {theo raeken}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora