Capitolo 8 - Impressioni

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<<Chi stavi chiamando?>> chiese Lea.
<<Oh, n-no io n-nessuno>> risposi.
<<Da quand'è che sei diventata una balbuziente?>>. Inarcò le sopracciglia. <<Ho provato a chiamarti poco fa, per avvertirti che di lì a poco sarei arrivata, ma non hai risposto.>>
<<Scusami, è che mi sono alzata per sgranchirmi le gambe e non mi sono portata dietro il cellulare>> provai a dire.
<<Capisco. Hai fatto colazione?>>
<<Ancora no>>. A quella frase il mio stomaco brontolò.
<<Bene allora, possiamo andare al bar insieme. A quest'ora ormai faremo uno spuntino. Tranquilla che pago io.>>
<<Va bene grazie, allora vado a prendere le mie cose in camera. Aspettami qui.>>
<<Fai presto però>> disse con voce squillante. <<Devo parlarti di Riku!>>
Riku? Quanti nomi avrei dovuto imparare ancora? E chi era? Dusk non me ne ha parlato. Dovevo chiedergli qualche informazione veloce, prima che Lea potesse... insospettirsi? Probabilmente se ci avessi messo troppo sarebbe venuta a controllare cosa stavo facendo esattamente per restare più del dovuto in camera.
<<Scusami>> sentii un'altra voce dietro di me. Mi girai e vidi l'infermiera che mi prestò il telefono. <<Dovrei toglierti la flebo. Potresti accomodarti per qualche secondo?>>
<<Si certo>> dissi, pensando che se Lea mi avesse aspettato troppo avrei trovato un'altra scusa più credibile. Non appena entrai in camera però, intanto che l'infermiera stava prendendo quel poco che serviva per togliermi la flebo, non vidi Dusk. Dov'era finito?
Mi misi a sedere sul letto ed aspettai qualche minuto per farmi sistemare, e non appena finì e se ne andò dalla stanza ricomparve.
<<Dusk, ho bisogno di...>>
<<Non te lo ricordi? Tu ormai essendo Kaija parli nella sua lingua. Gli altri non ti capiscono se non tu stessa e i finlandesi che ti stanno attorno. Chiamando Ernest e Rosa hai solo peggiorato la situazione>> mi rimproverò. Come al solito non mi ero resa conto delle conseguenze.
<<Beh>> dissi in tono dispiaciuto. <<... che mi dici di questo Riku?>>
<<È il ragazzo di Lea. Non vedeva l'ora di parlartene. Per lei è molto importante essendo la sua prima cotta reciproca.>>
<<Capisco. In ogni caso scusami. Vedrò di stare più attenta la prossima volta.>>
<<Non c'è bisogno di scusarti. Imparerai dai tuoi errori>>. Si calmò. <<Comunque sappi che solo tu puoi vedermi. Non esisto per gli altri, quindi cerca di non parlar da sola, altrimenti la gente penserà veramente che sei una pazza.>>
<<D'accordo, ho afferrato. Allora ci vediamo più tardi, adesso vado a mangiare qualcosa con Lea.>>
<<Se hai bisogno di me basta che tieni stretto il braccialetto. Vedi che vicino alla figura del gufo hai due ciondoli, quello più scuro e quello più chiaro? Ecco, basta che tocchi quello più scuro.>>
<<Ho capito, me ne ricorderò>>. Presi una piccola pochette che trovai dentro in armadio, dove guarda caso c'era il cellulare che stavo cercando prima, e mi misi uno scialle giusto per coprirmi e non farmi venire una cervicale ad esempio, ed uscii dalla stanza.

<<Ce ne hai messo di tempo. Certo che l'infermiera poteva anche metterci di meno per toglierti la flebo>> scherzò Lea. <<Non vedevo l'ora di parlarti>> sorrise. Prese la tazzina di caffè e due bustine di zucchero, le strappò facendole ricadere nella bevanda, e cominciò a mescolare col cucchiaio che era poggiato sul piattino. <<Siamo usciti come al solito. I miei mi avevano dato un coprifuoco, al quale purtroppo non ho badato molto>>. Si fermò per un momento per addentare un pezzo di brioche, che le sporcò un lato delle labbra con la marmellata d'albicocche che aveva all'interno. <<Cazzo ero troppo eccitata di stare insieme a lui>>. Guardai l'orologio. Le 10.45. A momenti sarebbero dovuti arrivare i genitori di Kaija. Lea sorseggiò il caffè, giusto per prendersi una pausa dal suo discorso, in quanto si sentiva che aveva parlato un po' troppo velocemente da quanto raccontava questo incontro con gioia. <<Insomma sai benissimo che se i miei genitori non ci sono devo badare a mia nonna, no?>>
<<S-si... Si si>> dissi, continuando ad ascoltarla come se nulla fosse, facendo finta di sapere già tutto di lei. Anche se questo mi fece pensare ad una cosa: come facevo a sapere che quella che mi ritrovavi davanti a me era Lea? Dopotutto non l'avevo mai vista. Forse ero andata a ragionamento perché me ne aveva parlato Dusk, che avrebbe potuto chiamarmi. Ma anche se fosse stato così, come potevo sapere che era lei e non qualche altra persona? Dal modo in cui mi parlava, perché sapeva chi ero? Essendo che in questa vita stavo lavorando, poteva darsi che pure un mio collega o un mio cliente avesse avuto voglia di venirmi a far visita. Ma il problema era che non ne sapevo nulla del rapporto che potevo avere con loro. Gli amici e i nemici si hanno dappertutto, che sia a scuola o che sia a lavoro, per diversi motivi. Quindi pensavo che l'aver saputo che quella era Lea potesse esser tutta questione d'intuito. D'altro canto io stavo solo impersonando Kaija, perché non ero lei. Ero solo come un uovo che non stava nel proprio guscio. Mi ci dovevo ancora abituare alla cosa.
<<Alla fine mi ha presa per mano>> disse Lea, mentre stava prendendo la mia <<e mi ha stretta sul suo petto in un romantico abbraccio. Poi dal nulla mi ha allontanata, e ha cominciato a baciarmi!>>. Era talmente contenta che, non volendo esser scortese, aspettai che finisse la storia prima di finire di mangiare il mio tortino ai frutti di bosco. <<Ero diventata rossa come i miei capelli!>> rise. <<È stato il nostro primo bacio, e speri che ce ne saranno altri.>>
<<Lo spero anche io per te Lea>> dissi sorridendole. Poi aggiunsi <<scusami in ogni caso, penso che io debba ritornare indietro, fra qualche minuto dovrebbero arrivare i miei genitori, e boh. Non vorrei che si spaventassero non vedendomi in camera>> dissi ridendo.
<<Certo! Allora ti accompagno, poi ritorno a casa. Dovrei sbrigare delle faccende.>>

Vorrei una sola vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora