uno.

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Il vecchio computer che da anni dormicchiava nel piccolo ufficio sul retro del locale si spense definitivamente nel primo pomeriggio di un uggioso martedì invernale.

Aveva svolto il suo lavoro pigramente per quasi un ventennio, resistendo all'avanzata dei suoi successori dal design sempre più accattivante che promettevano di saper assolvere a mille e più funzioni in tempi decisamente più rapidi e modi più efficienti. Era stato acquistato un paio di anni dopo l'inaugurazione del Circolo degli Idioti, quando Frank si era stancato di tenere sotto controllo le spese grazie a mille liste, pagine strappate e post-it e di cercare di far quadrare i conti nel cuore della notte con una calcolatrice capricciosa che funzionava con la luce dei raggi solari.

Tutti al Circolo aspettavano da un momento all'altro quel momento, come si attende l'ultimo respiro di un parente condannato da una lunga malattia, stretti attorno al suo capezzale. Fil aveva piazzato una scommessa con Gaia e il tizio che consegnava le casse di birra il venerdì mattina. Tutti sostenevano che tempo due mesi il computer avrebbe tirato le cuoia e sarebbe stato sostituito da un nuovo modello Apple.

Lea sapeva in cuor suo cosa sarebbe accaduto. Frank non aveva i soldi necessari ad acquistare un iMac e nessuno meglio di lei conosceva quel segreto. Quelle cifre rosse cerchiate e sottolineate più e più volte sul prospetto finanziario dell'anno appena conclusosi erano opera sua dopotutto. Come sapeva perfettamente che Frank avrebbe fatto di tutto per salvare quel vecchio catorcio, suo primo compagno in quella che era nata come avventura imprenditoriale e che solo successivamente aveva finito per coincidere con la sua vita.

Il Circolo degli Idioti aveva quasi venticinque anni e Frank si avviava verso la sessantina, e fu proprio lui a scoprire il trapasso del vetusto PC e a domandare a Gaia di procurargli il contatto di un tecnico informatico con la fama di compiere miracoli.

Alle 18 precise del giorno seguente si era presentato alla porta un ragazzo incappucciato che bussava educatamente e aspettava con pazienza senza far caso alla pioggia che scendeva a catinelle sopra la sua testa.

Lea era abituata a fare i turni in solitudine, iniziava sempre lei alle 18 e poi alle 21 arrivava Fil a darle manforte. Spesso Frank si fermava a cenare con lei, ma quella sera aveva uno dei suoi incontri e così si trovava sola dietro il bancone.

La porta era aperta, ma il ragazzo pareva non essersene accorto. Quando lei la spalancò, lui si presentò ancora prima di mettersi al riparo all'interno del Circolo.

«Sono qui per il computer...»

Lea annuì e gli fece cenno di accomodarsi. Aveva ripetuto più volte a Frank di non illudersi, il pc era troppo vecchio e neanche Riccardo, un ingegnere che frequentava da anni il bar, aveva saputo cosa fare.

«È qui sul retro», spiegò lei, facendogli strada nello stretto atrio buio che conduceva a quattro porte. Bagno, cucina, magazzino e ufficio. Quest'ultimo si trovava sulla destra, nella stanza più piccola di tutte. Il soffitto era chiazzato di umidità e nell'aria aleggiava un'atmosfera stantia.

Il computer troneggiava sulla scrivania sgomberata giusto per l'occasione. Sopra di essa faceva bella mostra di sé un gigantesco calendario mensile ricoperto di post-it colorati che recitavano promemoria del tipo Scadenza Licenza L. o Ricorda pagamento II rata FK.

«Ieri mattina hanno provato ad accenderlo senza successo. Vedi se riesci a combinare qualcosa. Io sono di là se ti dovesse servire qualcosa...», riferì velocemente Lea, il tono stanco ed annoiato. Disse l'ultima frase in modo tale da farlo sembrare un avvertimento: vedi di fare in modo che non ti serva niente.

Trovatosi da solo Adam studiò curioso l'ambiente in cui si trovava. Aveva sentito parlare del Circolo degli Idioti, che a dispetto del nome era famoso per essere frequentato da gente benestante, con master e sotto psicofarmaci. Gente con i soldi, gente depressa, gente che si era arresa alla noia, gente che leggeva Proust e beveva assenzio.

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