dieci.

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Le domeniche di sole, lunghe giornate pigre che si trascinavano lente, erano sempre piaciute a Lea. Si alzava presto, la difficoltà nel dormire sempre presente anche nei giorni festivi, e si aggirava senza fretta per casa. Si gustava il primo tè verde della giornata davanti alla finestra del suo minuscolo soggiorno, godendosi il lieve tepore che le scaldava la pelle delle guance attraverso il vetro.

Quella mattina non aveva fatto eccezione, erano solo le sette ma si era già lavata il viso e aveva acceso il bollitore. I piedi prudentemente infilati in un doppio paio di calzettoni di lana e un ampio cardigan in cachemire ereditato da sua madre ad avvolgerle il corpo a mo' di vestaglia.

Il riscaldamento centralizzato della sua vecchia palazzina era quanto di più inaffidabile esistesse. Oscillava sempre tra una temperatura polare e un microclima sahariano, il tutto senza preavviso. Ogni giorno ci si alzava, si sfilava una gamba da piumone, si saggiava l'aria e ci si vestiva di conseguenza se si era intenzionati a restare tra le mura domestiche. Quella mattina i termosifoni avevano deciso di scioperare e ancora sonnecchiavano gelidi e spenti.

Si era svegliata con un certo languorino e così decise di potersi viziare almeno per una volta. Recuperò lo sgabello che teneva sotto il tavolo e ci si arrampicò sopra.

L'armadietto degli ospiti altro non era che un'insensata abitudine che Lea aveva ereditato da sua madre. Il tutto consisteva semplicemente nel riservare uno stipetto ad una serie di generi alimentari destinati solo a membri esterni agli abitanti della casa. Golosità, conserve e confetture pregiate, specialità locali, cibo ritenuto solo 'da festeggiamenti'.

Lea aveva adottato la stessa tecnica senza neanche rendersene conto, con la piccola differenza che ogni tanto si concedeva un piccolo strappo alla regola e si godeva un pacchetto di paradisiaci frollini al cacao provenienti dalla miglior pasticceria del centro o un assaggio del divino olio d'oliva del Garda imbottigliato dal fratello di suo padre anche in assenza di ospiti.

Stava per l'appunto decidendo se orientarsi verso uno di quei deliziosi piccoli vasetti di marmellate artigianali o se optare per la più tradizionale granola biologica con noci pecan e fichi disidratati, quando il campanello suonò.

Continuò la sua ispezione senza accennare a scendere dalla sua postazione precaria. Era troppo presto, sicuramente si doveva trattare del campanello della sua vicina di casa.

Un prepotente e ripetuto dlin dlon risuonò nuovamente tra le pareti del salotto cancellando ogni possibile dubbio: stavano cercando proprio lei.

Con la scatola di muesli sottobraccio scese con prudenza dall'alto sgabello e raggiunse il citofono.

«Si?», esordì con titubanza.

Un leggero gracchiare giunse dall'altro capo, seguito dal rumore di un motore acceso.

«Chi è?», riprovò alzando la voce.

C'erano persone che sognavano di cambiare casa per potersi permettere di possedere una lavastoviglie o una cabina armadio; Lea desiderava molto più semplicemente un videocitofono.

«Lea? Sono Lorenzo! Sei pronta?»

Pronta? La ragazza lanciò un'occhiata veloce alla sua mise prima di rispondere con un laconico no.

«Aprimi», ordinò lui perentorio.

Conoscendolo sapeva di non avere scampo e così pigiò controvoglia il pulsante di apertura del portoncino d'ingresso del palazzo e fece girare la chiave nella toppa della sua porta.

Due minuti più tardi Lorenzo raggiunse l'ultimo gradino delle scale e spinse la porta lasciata socchiusa.

La trovò così, a gambe incrociate sul divano, intenta a sgranocchiare abbondanti manciate di cereali senza curarsi delle briciole che cadevano tra i cuscini.

Chissà Dove SeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora