cinque.

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Il giovedì sera in città era da sempre considerato il giorno di libera uscita degli universitari. Gli studenti delle scuole superiori avevano lezione la mattina presto anche di venerdì, mentre i loro colleghi più grandi molto spesso avevano avuto la fortuna di ottenere il venerdì come giorno libero della settimana.

Aveva così avuto inizio una tradizione, portata avanti soprattutto dai locali del centro dove il giovedì sera agli studenti veniva offerta la speciale promozione alcolica del 2x1. In fondo cosa importava se poi la mattina successiva si dormiva più a lungo del solito o si aveva la testa pesante? Non c'era lezione, non correvano il rischio di incontrare bambini e potevano alzare il gomito nella convinzione che sarebbe stato uno spreco non approfittare dell'occasione.

Frank aveva deciso di partecipare, offrendo due consumazioni al prezzo di una, nello specifico quella più onerosa. In verità questa scelta era derivata da un consiglio incrociato di Fil, studente di Ingegneria Gestionale, e Lea, asso dei numeri.

All'inizio Frank si era dimostrato scettico. Come poteva risultare conveniente intascare i canonici 8€ di un Margarita e poi allegarci gratis un altro cocktail dal valore uguale o leggermente minore? Ciò che alla lunga lo aveva portato a ricredersi era la semplice conseguenza di un trabocchetto psicologico. Euforici all'idea di sbronzarsi a metà prezzo gli studenti erano portati a consumare molto di più del solito, sempre nella convinzione di star risparmiando.

Col tempo Frank era diventato un fervente sostenitore del giovedì sera 2x1 e questo si era tramutato in un appuntamento fisso ed immancabile per gli avventori del Circolo.

Quel giovedì non aveva fatto eccezione, erano da poco passate le undici e il locale era invaso di giovani. La porta d'ingresso continuava ad aprirsi e richiudersi, in un continuo via vai di nuovi arrivi o pause sigarette. Fil non era ancora riuscito a tirare il fiato e il polso iniziava a dolorargli a causa del continuo shakerare. Frank tentava di aiutarlo, senza intralciarlo, occupandosi perlopiù del flusso continuo di bicchieri vuoti che faceva ritorno al bancone e dell'emissione degli scontrini.

E Lea? Lea volteggiava tra i tavoli, chiedendo permesso, scusandosi in continuazione, tenendo il vassoio in alto sopra la sua testa, destreggiandosi tra molteplici ordini e continui richiami da parte dei clienti.

Si era abituata a quella frenesia. Aveva reimparato a conoscerla da spettatrice dopo aver disimparato ad esserne un membro attivo. Ormai le risultava facile sopravvivere a quelle serate alcoliche senza provare fitte di nostalgia. Senza aver voglia di bere e conseguentemente sentire una sensazione di nausea sopraggiungere al solo pensiero di come l'avrebbero ridotta tre shot di tequila.

L'aveva vissuta quella vita, era stata sua e ne aveva vissuto ogni secondo sempre al limite, ad un passo dall'eccesso.

Già all'ultimo anno di liceo, neanche maggiorenne, passava il giovedì sera a distruggersi il fegato e a farsi bella con gli universitari. Non che lui glielo permettesse, ma era divertente pensare di avere, almeno teoricamente, la possibilità di provarci.

Lui? Quante volte si era rimproverata per essere spaventata dal suo solo nome?

«...quindi hai capito cosa- Ehi ragazzi, è arrivato l'alcool! Davide smettila di fare l'idiota e vieni a sederti! Cos'avevi ordinato tu? No, il Cuba Libre è di Sabrina! Dio, che ragazzina...», la stordì un ragazzo con i capelli rasati, che si limitò ad arraffare tutto il contenuto del vassoio, senza guardarla negli occhi o ringraziarla.

Davide.

Si chiamava Davide, chiamarlo Lui non le pareva corretto. Non dopo quello che avevano condiviso: tutto. Non dopo quello che era successo. Non da quando lui non c'era più.

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