otto.

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«...avrei dovuto fare ben due lavatrici stasera. È il giorno del bucato e non ho più biancheria intima pulita, zero assoluto. In più su Sky davano i nuovi episodi di How To Get Away With Murder e io me li perderò...»

Gaia aveva accettato senza battere ciglio la gentile richiesta di cambio turno di Filippo, per poi passare tutte le lunghissime sei ore di lavoro trascorse fianco a fianco con Lea a lamentarsi senza sosta.

Era da poco scoccata la mezzanotte, era martedì e la temperatura era scesa sotto lo zero. Questo insieme di fattori aveva scoraggiato la maggior parte degli avventori, lasciando così quasi vuota la sala del Circolo. Resistevano solo un gruppetto di ragazzi che passavano tutte le settimane a bersi una birra dopo l'allenamento di basket e un paio di coppie sulla trentina.

Frank, resosi conto della relativa tranquillità presente, aveva augurato la buonanotte a tutti e se n'era andato a casa una mezz'oretta prima.

Lea già sapeva che sarebbe toccato a lei far chiusura, certa di non potersi aspettare da Gaia, il cui turno incominciava due ore più tardi, le premure che Filippo le riservava sempre concedendole di scappare a casa un po' prima e lasciare a lui le ultime faccende di poco conto da sbrigare.

Lanciò un'occhiata alla propria collega che se ne stava con il mento sostenuto da entrambe le mani e una cupa espressione annoiata stampata in viso nei pressi del registratore di cassa.

Non era una persona malvagia, anzi. Era, molto più semplicemente, incompatibile con Lea. Gaia era una gran chiacchierona, amante dei pettegolezzi, degli schiamazzi, delle uscite di gruppo. Era la cameriera perfetta per un locale frequentato principalmente da persone sotto i quarant'anni. La sua spigliatezza e i suoi modi di fare solari ed espansivi facevano sempre presa sui clienti, soprattutto di sesso maschile, a differenza della freddezza e del piglio spiccio di Lea.

«Non ti perdi niente, HTWAWM è peggiorato tantissimo ultimamente. Lo guardo solo per far passare il tempo, ma non ne varrebbe più la pena», commentò cercando di consolarla e al tempo stesso di porre fine a quella infinita serie di lagnanze.

Quella sera Lorenzo non era passato a salutarla come faceva di solito lungo il tragitto di ritorno dalla palestra dove si allenava due volte a settimana. Non l'aveva avvertita e Lea aveva preso atto della sua assenza con una scrollata di spalle, ma in cuor suo provò una punta di tristezza. Aveva voglia di vederlo, Lorenzo sapeva sempre come pungolarla per costringerla ad uscire dalla sua comfort zone fatta di apatia ed indifferenza e fronteggiare il cupo temporale di emozioni che si agitava senza sosta dentro di lei. Questo non significava che non trovasse terribilmente fastidiosa ed esasperante la missione di darle di continuo il tormento che Lorenzo pareva aver intrapreso da più di due anni.

Lei ancora se la ricordava la sua email, ricevuta poco dopo il funerale di Davide. In quei giorni terribili in cui, dopo aver interpretato la bella statuina ammantata di nero per quattro interminabili giorni, si era rinchiusa in camera e aveva fissato il soffitto. Aveva sperato che una volta rimasta sola si sarebbe potuta concedere una pausa, crollare finalmente, piangere, trovare un modo per buttare fuori tutto ciò che provava. Invece era rimasta immobile, vestita solo con una maglietta bianca che faceva a pugni con il buio pesto che si sentiva montare dentro. Una nenia masochista che le martellava le tempie senza sosta: è colpa mia, è colpa mia, è colpa mia.

Sulle prime si era infuriata. Lui non la conosceva, perché mai avrebbe dovuto accettare i suoi patetici tentativi di consolazione? Perché mai, lui tanto coinvolto quanto lei, avrebbe dovuto offrirle una spalla su cui piangere? Dopodiché era ricaduta nel suo stato catatonico e si era scordata della missiva rimasta senza risposta.

Una settimana più tardi lui si era presentato alla sua porta. La sua presenza era stata annunciata dalle minacce di suo padre e dal pianto di sua madre. Uno convinto che la vittima della situazione fosse Lea, la sua bambina. L'altra che assorbiva  come per osmosi il dolore di sua figlia e quello della famiglia Vanoni, lì rappresentata da Lorenzo.

Chissà Dove SeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora