Capitolo 2

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Camminiamo da molto e comincio a sentire le zampe sempre più pesanti. Ho la testa bassa, il respiro affannato, trascino le zampe con fatica. Sono costretta a fermarmi per riprendere fiato: la battaglia e la fuga precipitosa a cui sono stata costretta, mi hanno prosciugato le energie. Sentendo che il rumore dei passi sulla neve si è fermato, mio fratello si ferma e si volta a guardarmi. Sollevo lo sguardo, per fargli capire che non posso continuare ancora a lungo. Il suo sguardo si fa triste. Fa qualche passo verso di me.
"Forza, ci siamo quasi. Coraggio."
Non posso deluderlo: è l'unico ad aver sempre creduto in me, anche quando la prima a non crederci ero io. Chiudo gli occhi e serro le mascelle. Combattendo contro il dolore e la stanchezza, trovo, in qualche modo, la forza per fare un altro passo: e ancora un altro. Quando arrivo di fianco ad Arrow, lui mi solleva l'ala col muso e fa qualche passo avanti, fino ad avere la mia ala sulla sua schiena. In questo modo faccio meno fatica. Camminiamo ancora per qualche chilometro, poi le forze mi abbandonano completamente, e mi accascio a terra. La mia vista comincia a farsi nera. Il respiro affannato. Vedo mio fratello trasformarsi e sollevarmi dolcemente la testa da terra. Se potesse mi porterebbe in un luogo sicuro, ma non può. Da lupa misuro un metro e ottanta alla testa, e le ali da sole pesano trentacinque kg, per via delle loro dimensioni. Ogni ala è lunga quasi cinque metri, se completamente estesa.
"Tranquilla, sono qua io. Ti porterò a casa, promesso."
La sua voce si fa lontana. Vedo tutto nero. Alla fine svengo.

Quando riapro gli occhi sono in un posto caldo, ma non lo riconosco. Ho addosso il mantello verde scuro ricamato in argento di mio fratello. Lui non c'è.
Sollevo la testa, e mugugno dal dolore dei muscoli e delle ferite. Quest'ultime, sono state medicate. Mi guardo attorno. Sembra una specie di tenda improvvisata. Sono sdraiata sopra un mucchio di pelli e stracci, deduco di fortuna, che mi separano dalla neve. Al centro della tenda c'è un piccolo fuoco da campo con sopra una specie di spiedo. A dire il vero, sembra più un bastone staccato dal primo albero che passa. Sento dei passi nella neve: Arrow sposta l'ingresso della tenda e, vedendomi, sorride. Io ricambio.
"Buongiorno. Come ti senti?"
"Diciamo che sono stata meglio."
Facciamo entrambi una risatina.
"Vedo che hai portato la colazione, eh?"
"Vedi bene, sorellina."
Appoggia il capriolo che ha appena ucciso di fianco al fuoco, poi tira fuori da una borsa qualche mela e un coltello. Infilza le mele con lo spiedo, e le lascia abbrustolire, mentre comincia a scuoiare il capriolo e a lanciarmi alcuni pezzi di carne, che prendo al volo.
"Tu non mangi?"
"Lo sai che sono vegetariano."
"Un lupo vegetariano. Questo è il colmo."
"Il vero colmo, è un elfo carnivoro."
"Allora siamo sulla stessa barca."
Scoppiamo a ridere.
"Dove siamo?"
"Sono riuscito ad arrangiare un riparo di fortuna con delle pelli che ho comprato da un mercante che passava di li per caso."
"Per curiosità, con cosa le hai pagate, dato che non abbiamo un soldo?"
"Diciamo solo che era un uomo di buon cuore."
Lo guardo scettica.
"Solo buon cuore, eh?"
"Beh.... Diciamo pure che non voleva ritrovarsi una freccia nel petto...."
"Non cambi mai, vero?"
"Perché dovrei?"
Scoppiamo a ridere di nuovo.
"Quando ti sarai ripresa, continueremo il cammino verso casa."
"Quale casa, Arrow? Palazzo D'Argento? Ci hanno cacciati, come si fa con dei parassiti, quando hanno scoperto che siamo licantropi. Eppure abbiamo sempre vissuto tra loro come gente normale."
Non risponde. Chiude gli occhi e smette di scuoiare il capriolo.
"Se loro non ci vogliono, andremo da Luna"
"Sei impazzito? Luna abita a quindicimila miglia da qui."
"Allora andremo da Dagger."
"Come passiamo il confine?"
Silenzio.
"Hai ragione. Non possiamo passarlo."
Chiude gli occhi: pensieroso.
"Pensi che ci accetteranno ancora a Palazzo D'Oro?"
"Dubito, dopo che ho perso la guerra..."
"Allora l'unica soluzione è La Fortezza"
"La Fortezza Nera? Vuoi scherzare, vero?"
"Sei per metà un demone. Se non hanno intenzione di farci entrare, giochi questa carta. È l'unico posto in cui possiamo essere accettati."
Si pulisce le mani con uno straccio e si siede accanto a me.
"Andrà tutto bene. Se avranno intenzione di farti del male, ne risponderanno a me"
"Non temo che facciano del male a me. Sono per metà un demone e mi accoglieranno come una regina. Ma non si può dire lo stesso di te. Temo solo di non avere la forza di proteggerti."
"Mi faranno entrare. Fidati."
Mi accarezza la testa dolcemente. Le sue mani affondano nella folta pelliccia nera di parecchi centimetri.
"Najay, Liyee, non preoccuparti sorellina. Fidati di me. E andrà tutto bene"
Appoggio la testa sulle sue gambe, mentre lui continua ad accarezzarmi. Essendo ancora stanca dal giorno prima, cado in un sonno profondo.
Al mio risveglio trovo parecchie borse di cuoio sparse per la tenda. C'è anche la mia spada, Freya, avvolta con dei panni e il mio arco, scordato, in modo da non rovinare i flettenti con di fianco, la mia faretra, piena di frecce con le alette in piuma di corvo. Mi trasformo e, zoppicando leggermente, Prendo la mia borsa e le mie armi. Mi lego la cintura col fodero in vita poi, con molta attenzione, tolgo i panni dalla lama di Freya. La lama è pulita, forgiata con una lega di metallo e diamante, in modo da renderla praticamente indistruttibile. Nonostante la lama sia scura e tendente al nero, è lucente. Lo sguscio sulla lama la rende più leggera di quanto lo sia già e l'incantesimo lanciatole alla sua forgiatura, fa si che guidi in battaglia chi la impugna. Il pomolo in oro bianco ha incastonato un rubino. Dopo averlo guardata, la metto del fodero. Passo all'arco. Lo incordo a fatica, sia per le ferite, sia per il suo alto libraggio, (quasi 120 libre). Dopo avergli messo la corda, prendo la faretra ricamata con un drago, e me la metto in spalla. Poi l'arco. È magnifico. Ogni volta che lo guardo mi chiedo chi l'abbia costruito. È nero, percorso da ricami rosso sangue, leggermente luminosi, che partono da ciascuna delle estremità e avvolgono tutto l'arco fino ad arrivare nel centro. Lo metto in spalla, attenta a non farlo appoggiare sulle ferite.
Sono vestita con abiti da viaggio. Indosso una maglia di tela color panna, sopra ho una maglia a maniche lunghe verde scuro e dei pantaloni color cuoio abbastanza larghi e comodi. Le ali sono coperte da un mantello nero dotato di cappuccio, che mi copre i lunghi capelli neri. Stringo il laccio del mantello davanti al collo, in modo da avere le spalle coperte, ed esco dalla tenda. Mio fratello è già fuori. È vestito con un abbigliamento simile al mio, ma il suo mantello è verde. I capelli biondo-argento gli ricadono sulle spalle e risaltano sul mantello scuro. Tiene per le redini due cavalli: il primo è un purosangue grigio, Silk, Argento. L'altro è un frisone nero come la notte, Dhast, Ombra. Sono i nostri cavalli, ma non ho idea di come siano arrivati qui.
"Arrow, come sono arrivati qui?"
"Li avevo nascosti non molto distante da dove sei svenuta. Dai, monta in sella, faremo prima."
Sorrido e mi lancio verso Dhast, il quale fa qualche passo indietro e alza la testa, quando prendo le redini. Con un balzo, gli salto in groppa. Arrow fa lo stesso.
"Pronta a partire?"
"Io sono nata pronta."

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