5.CAPITOLO

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Pov. Luna

"Dobbiamo parlare di molte cose," affermò con tono serio, il volto teso.

Sospirai, avvertendo un senso di nervosismo provenire da lui.

"Dovresti parlarmi del tuo passato," disse, con voce bassa e pesante.

No, no, no. Non ci penso nemmeno. Ho trascorso anni a evitare quei ricordi, a costruire muri intorno a loro, e ora voleva riportarmi indietro? Assolutamente no.

"No ti prego, non farmi ricordare," lo pregai, con voce fragile.

Si avvicinò, si sedette sul letto accanto a me, e mi guardò negli occhi. "Luna, se vuoi che ti spieghi perché ti ho aiutata, devi aiutarmi a capire anche te," disse con uno sguardo sincero.

Abbassai lo sguardo, combattendo contro le emozioni che premevano. Ogni barriera che mi ero costruita stava cedendo sotto il peso delle sue parole.

"Va bene, ma se non voglio continuare, non costringermi," dissi, cercando di mantenere una facciata calma.

"Non ti costringerò. Aspetterò," promise, stringendomi in un abbraccio che mi fece sentire improvvisamente vulnerabile.

Appoggiai la testa sul suo petto, e cominciai a raccontare. Le parole vennero fuori a singhiozzi, ogni ricordo un peso, ogni momento una ferita. Cercavo di non piangere, ma lui fu gentile: accarezzava la mia schiena, mi dava pause quando ne avevo bisogno.

Alla fine, non riuscii a contenermi: il pianto scosse il mio corpo, liberandomi da anni di tensione repressa. Lui mi strinse più forte, accarezzandomi i capelli e cercando di calmarmi.

"Shh... calma," sussurrò.

Stringendo il tessuto della sua maglietta tra le dita, mi sentii esaurita, come se fossi stata sveglia per giorni. Con la sensazione di non poter più combattere, mi lasciai andare al sonno, stanca e fragile.

Pov. Aaron

"Shh... calma," dissi, mentre sentivo il suo pianto scuotere il suo corpo.

La sua storia era dolorosa, peggio della mia. Aveva perso sua madre quando era ancora una bambina, un evento devastante che non aveva mai affrontato veramente. La lasciai dormire, sapendo che parlare del passato era difficile, ma necessario.

Mi passai una mano tra i capelli, cercando di liberarmi dai pensieri. Non volevo che questa situazione finisse con Clara, che sicuramente avrebbe reagito male se avesse scoperto certe cose. Era possessiva, arrogante, ma anche incredibilmente astuta.

Le asciugai le guance, ancora bagnate di lacrime. Era strano: non avevo mai compiuto un gesto così con nessuno prima d'ora.

"Sei lei che ti ha cambiato," sussurrò una voce nella mia mente, proprio quando stavo per lasciarmi trasportare.

"Non dire stupidate, Rummik," ribattei nella mia mente.

La voce di Rummik, una parte della mia stessa anima, continuava a sussurrarmi pensieri inquietanti. Era un falco, o meglio, una manifestazione della mia capacità di trasformarmi in uno. Mio padre, come dio della guerra, aveva sempre avuto un legame con questi animali, e parte della sua essenza era finita dentro di me.

Eppure, ora non volevo pensare a questo. La ragazza riposava beatamente sul mio petto. Sentivo che questo momento stava cambiando qualcosa, ma non sapevo cosa. Mi sentii incline a proteggerla, a spiegare tutto, ma senza forzarla.

Mi avvicinai per sistemarle una ciocca di capelli che le era caduta davanti agli occhi. Era incredibilmente vulnerabile, eppure sorprendente sotto ogni punto di vista.

"Ti stai innamorando," sussurrò Rummik nella mia mente.

"Non è vero," replicai a bassa voce, cercando di ignorarlo.

"Lo è invece," continuò la voce.

"Se lo è, pazienza. Ma ho già una ragazza," dissi mentalmente, con un certo senso di colpa.

Non riuscivo a ignorare il senso di attrazione che sentivo verso Luna, e sapevo che questa complicazione non sarebbe finita facilmente.

Mi passai una mano tra i capelli, mentre la ragazza dormiva ancora, ignara dei pensieri che mi tormentavano. Forse un giorno avrei avuto il coraggio di spiegarle tutto. Non oggi, non ora. Per ora, dovevo restare fermo e calmo.

Pov. Luna

Mi svegliai poco dopo, ancora intorpidita dal sonno e dal pianto. Socchiusi gli occhi e notai un bagliore vicino. Alzando la testa, vidi Aaron sorridermi mentre sistemava le tende.

"Per quanto ho dormito?" chiesi, con voce stanca.

"Un paio d'ore," rispose distrattamente.

Lo guardai pensierosa. Non potevo ignorare l'aria misteriosa che lo circondava.

"Prima di iniziare, voglio essere sicuro. Giura che non mi prenderai per pazzo e cerca di credere a ciò che ti dirò," disse, con voce seria.

Annuii, sentendo un senso di insoddisfazione crescermi dentro.

"Tu conosci gli Dei Egizi?" chiese, con un tono che non ammetteva distrazioni.

Annuii. Certo, li avevo studiati a scuola, erano parte della storia, dei miti.

"Bene," continuò con un tono grave. "Non sono miti. Sono reali."

I suoi occhi mi scrutarono. "Tu sei una semidea, come me."

Un senso di incredulità mi colpì. Semidea? Io? Non poteva essere. Mio padre non si era mai visto, e ora mi stava dicendo che potessi avere un legame divino?

"Come faccio a sapere che non mi stai prendendo in giro?" domandai, sospettosa.

Prima che potesse rispondere, si alzò dal letto e si posizionò davanti ad esso. Una luce dorata lo circondò, e non riuscivo a credere ai miei occhi quando, al suo posto, comparve un grande falco con occhi ambrati e piume sfumate.

Rimasi senza parole.

"Zitto cretino, se non vuoi che ci sentano," sibilai, mentre mi alzavo di scatto, confusa.

Aaron tornò normale proprio in tempo per evitare che un vicino mi sentisse. Tornò dietro di me con un sorriso e disse: "Bene, scusa per il disturbo."

Sentivo il peso delle sue parole, ma ora avevo bisogno di capire.

"Adesso mi credi?" chiese con un ghigno.

"Credo proprio di sì," borbottai, sentendomi sprofondare nei miei dubbi.

E ora? Che succedeva? Restava solo un silenzio opprimente mentre mi sdraiavo, con il soffitto bianco come unico punto fermo nella mia mente.

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