Non tutti i mali vengon per nuocere

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Bianco come la neve, come il latte, come le lenzuola fresche di bucato, bianco come l'albume dell'uovo e come la lana soffice di un maglioncino, ma anche bianco come il silenzio, il silenzio che urla e ti strazia i timpani, quello che regna nelle stanze dei manicomi e che va tanto d'accordo con le camicie di forza, quello che da quindici giorni grava su di loro come un macigno insostenibile.
Prima Massimo amava il bianco, gli dava tranquillità, ora gli da la nausea.

"Professore, c'è la ragazza che viene a fare ripetizione!" sussurra Angelica socchiudendo la porta dello studio, Massimo annuisce sbrigativo "Falla entrare!" la donna, che non ha molti anni più di lui ma un matrimonio felice e un pizzico di esperienza in più, scuote la testa, disapprovando i suoi occhi che tradiscono l'agitazione dietro l'apparente tranquillità.
Sara entra e si siede di fronte a lui, poggia lo zaino alla spalliera della poltrona e attende accavallando le gambe educatamente.
"Che cosa ti avevo dato da studiare per oggi?" ancora silenzio, come i giorni precedenti, rotto solo da noiose nozioni di storia, qualche falso convenevole e discorsi inutili, discorsi che Sara sembra decisa a non sollevare, almeno oggi.
"Il fascismo, posso iniziare?" e quando lui incrocia le dita sotto il mento, in una chiara posizione di ascolto, lei inizia a parlare.
Massimo è sicuro che se la sua vera insegnante di storia fosse lì ad assistere, si complimenterebbe prima con lui e poi con lei, dicendo loro di aver fatto un ottimo lavoro, ma la verità è che Massimo nemmeno sapeva che Sara fosse capace di imparare tante nozioni una dietro l'altra e di saperle esporre in maniera tanto chiara e formale, mentre la guarda e si rende conto che lei non ha neppure preso il quaderno, per fargli capire che non sta leggendo da nessuna parte, lui si accorge di conoscerla molto meno di quello che pensava, si aspettava il solito disastro ma evidentemente il disastro si è stufato e glielo sta dicendo con tutta la cultura, la calma e la compostezza che riesce a trovare, dimostrandogli che se pensava di avere davanti una capra che gli girava intorno solo perché aveva bisogno d'aiuto in storia, si è sbagliato di grosso.
Massimo vorrebbe fermarla e chiederle un sacco di cose, prima di tutto perché non gli ha detto prima di essere molto più che un impiastro tutto pepe e lentiggini, perché ha finto per mesi di non saper mettere insieme due parole nemmeno per sbaglio, perché non gli ha mai dato la soddisfazione di sapere che stava facendo bene, ma resta zitto mentre lei termina la lezione del giorno e tra di loro torna a gravare quel silenzio artico che per essere spezzato richiede un coraggio che forse non arriverà mai.
"Io ho finito, come vedi sono riuscita a studiare per una volta, posso andare?" chiede Sara in tono piatto, lui vorrebbe dirle di restare, di prendere almeno una tazza di the e fare due chiacchiere, anche mezz'ora, poi è libera di fuggire se vuole ma non riesce a fare altro che annuire, rendendosi conto di essersi sbattuto da solo la zappa sui piedi, in maniera più che dolorosa.
Sara si volta e recupera lo zaino, poi si alza "Molto bene, la prossima settimana non vengo a fare lezione, ok?" sta per annuire ancora, quando "Perché?" stavolta non è riuscito a frenare la lingua ma non gli dispiace, anzi, si sente un tantino più leggero mentre un lampo passa negli occhi di Sara, un lampo che due secondi dopo è già scomparso.
"Vado in gita!".
Massimo vede le sue labbra disegnare la curva di quelle parole come al rallentatore e sente le orecchie fischiare mentre l'attacco di nausea più forte degli ultimi giorni gli prende a pugni lo stomaco, cerca di deglutire ma ha finito la salivazione e nel petto non avverte altro che vuoto, vuoto dove dovrebbe esserci un cuore che batte furioso e che invece sembra voglia giocare al gioco del silenzio.
"Perché non me lo hai detto?" le chiede spiccio, lei alza un sopracciglio con lo sguardo colmo d'ironia "Avrei dovuto?" già, infondo che senso avrebbe avuto?
"Bhe, di solito mi racconti tutto quello che ti succede..." le risponde nel patetico tentativo di apparire più forte di quello che è, Sara annuisce lentamente "Già, comunque il progetto è stato approvato da pochi giorni quindi non ti ho tenuto nascosto nulla, tranquillo professore!" sarcastica, tagliente, lo prende anche in giro, Massimo vorrebbe cacciarla via ma nemmeno quello avrebbe senso, come se ultimamente qualcosa lo avesse anche solo vagamente nella sua vita.
"E dove andate?" Sara sorride improvvisamente, ma il sorriso non è rivolto a lui, sta semplicemente assaporando l'attesa della partenza "Venezia!" Venezia. La bellissima e sopratutto romantica Venezia.
Massimo ricorda improvvisamente di quando ci è andato lui a Venezia con la scuola, aveva la stessa età di Sara e ricorda che nella classe che accompagnava la sua c'era anche lei, era stato lì, in bilico sulla laguna, che l'aveva baciata per la prima volta, era stato lì che aveva trovato il coraggio di confessarle che gli piaceva da troppo tempo, dal primo momento in cui l'aveva vista, bellissima e fragile, con le sue trecce nere e le labbra rosse, da quando giocavano in cortile fino al tramonto nei pomeriggi d'estate, da quando l'auto dei suoi si era fermata sotto casa sua mentre lui era affacciato al balcone e l'aveva vista, la sua vicina di casa, la sua amica di sempre, il suo grande amore, lei che se fosse rimasta forse Sara sarebbe stata solo un volto tra tanti, lei che la vita gli aveva strappato troppo presto, lei che se fosse lì gli darebbe lo stesso consiglio di sempre, quello che gli ha sussurrato fino all'ultimo: "Vivi, Massi, vivi per me e non aver paura di correre il rischio di essere felice".
"Perché sorridi?" la voce di Sara interrompe improvvisamente le sue riflessioni, Massimo sobbalza e la fissa come se non l'avesse mai vista, come un piccolo alieno arrivato sulla terra per arrecare danno e che poi si scopre essere solo un tenero combinaguai, Sara e i suoi enigmi, Sara e la sua persipicacia.
"Come si chiamava lei?" Massimo non le chiede come abbia fatto a capire a cosa stesse pensando, ormai, tra le tante cose di cui non si stupisce più, c'è anche quella di essere un libro aperto per lei.
"Giulia..." e per la prima volta si rende conto che pronunciare quel nome non fa così male, non come credeva.
"Mi assomigliava?" Massimo curva le labbra in un sorriso triste e dolce allo stesso tempo, poi scuote la testa "No, siete diverse, lei studiava sempre, non solo quando voleva dare una lezione a qualcuno, lei era tranquilla, posata, stava spesso a casa e mi faceva dormire sonni tranquilli..." poi il suo sorriso si allarga, come se avesse appena realizzato qualcosa di assurdo "...assomigliava più a me, anche troppo, chissà se a lungo andare avrebbe funzionato!" e per un attimo non ne è più tanto convinto.
Sara solleva le spalle "Magari sì, perché no? E comunque non avevo intenzione di darti una lezione, ma di farti capire che non ti ho mai preso in giro, è stato grazie a te se sono riuscita a fare simili progressi ma non ti sono mai stata intorno per la storia, non dirmi che non sei a conoscenza della vera motivazione per cui..." poi tace, fa una pausa e cambia discorso "...comunque non ha importanza, ho capito che per te quello che è successo è stato un errore e ti posso assicurare che non si ripeterà, non voglio farti star male, non ti preoccupare per la gita, io mi ricorderò di te..." Massimo trattiene il fiato, sta davvero per dirgli di non essere geloso?
"...e ti porterò una calamita di Piazza San Marco!" conclude Sara candidamente.
Come non detto.
Massimo sorride senza riuscire a trattenersi "Ci sono ragazzi nella tua classe?" chiede poi, cercando di farla sembrare una semplice curiosità, come se si fosse dimenticato l'identità della sua interlocutrice, mentre la paura che lei possa fare quello che ha fatto lui successivamente a quel bacio innocente lo assale improvvisamente, Sara fa finta di pensarci su "Certo ma sono tutti brutti e poi sono più piccoli di me, non li guarderei mai!" lui si chiede perché quell'informazione dovrebbe rassicurarlo, accorgendosi improvvisamente che invece lo rassicura eccome.
Rilassa le spalle mentre la vede raggiungere la soglia e voltarsi un'ultima volta verso di lui "Ci vediamo la prossima settimana, tranquillo, farò la brava..." e lui sta per annuire quando lei aggiunge "...a meno che non venga Marco di 5C, in quel caso forse potrei fare un'eccezione!" e nemmeno nota la sua espressione incredula perchè guarda verso l'alto, come parlando tra sè e sè, come se lui nemmeno fosse nella stanza, poi lo guarda e china il capo in segno di saluto "Buonanotte, professore!" e va via, chiudendo la porta su tutte le sue misere speranze di averla ammorbidita.

Rimasto solo, Massimo si chiede se dovrebbe prendere alla lettera le sue parole e quanto ci sia di vero in quello che gli ha detto fino a quel momento, forse vuole solo farlo ingelosire oppure ha mentito, forse Marco di 5C esiste davvero e lui sarà dimenticato nello spazio di un giro in gondola e qualche sguardo languido, anche se non dovrebbe importargli ma ormai far finta che sia così sarebbe solo una stupida messa in scena.
D'un tratto però sorride, ripensando alla sua risata nel vento e alla luce che aveva negli occhi dopo il bacio e si rende conto che non può averlo preso in giro fino a quel punto, non lei, non può essersi sempre sbagliato, non dopo tutto quello che hanno vissuto...poi, mentre decide se non sarebbe meglio chiederle di cercare qualcun altro che le dia ripetizioni, possibilmente una donna, per evitare di peggiorare la situazione di un professore che anche se non vorrebbe si è irrimediabilmente innamorato della sua alunna, gli squilla il cellulare posato sulla scrivania.
Massimo lo afferra di scatto credendo che sia lei ma quando guarda lo schermo si ferma con il braccio a mezz'aria, confuso, è Giovanna, la vera insegnante di Sara, probabilmente vuole chiedergli se hanno fatto progressi, soffoca uno sguardo terrorizzato mentre sfiora il tasto verde pensando che forse sarebbe stato meglio se ne avessero fatti meno, poi si schiarisce la voce.
"Pronto?".
"Massimo, scusami se ti disturbo a quest'ora ma solo tu sei la mia salvezza! Ho chiesto a dieci colleghi di altre classi ma sono già impegnati con altre gite per cui mi serve qualcuno, sai, con la bambina come faccio? Deve essere per forza un'insegnante di storia per spiegare i monumenti quando non c'è la guida turistica dato che poi mi serve una relazione dettagliata dei ragazzi da inserire in un progetto di fine anno..." parla troppo e troppo veloce e Massimo non è sicuro di non aver capito affatto cosa sta per chiedergli, a scanso di equivoci decide di domandare ugualmente "Sì, e io cosa dovrei fare?" e Giovanna, con una calma quasi ridicola ai suoi occhi, sussurra "Potresti andare in gita con la mia classe al posto mio?".

Le prigioni di Garibaldi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora