Lo buon maestro disse: "ormai figliuolo, S'apressa la città c'ha nome Dite, Coi gravi cittadin, col grande stuolo."
-Inferno, Canto VIII. Divina CommediaCorreva. Il respiro era accelerato, i capelli scompigliati e un rivolo di sudore freddo le scorreva lungo la schiena. La sua mente era confusa, il suo sguardo riusciva solamente a concentrarsi sugli ostacoli del terreno per non inciampare. Eppure si sentiva libera. Nel buio creato dalle fronde intricate degli alberi Vicktoria provava un senso di ebbrezza in quella corsa forsennata, quasi da dimenticare quel timore infantile di essere seguita. Il vento ululava, ma tutto sembrava rimanere immobile. I suoi pensieri erano sconnessi, persi come lei nella vastità di quel luogo sconosciuto: il suo unico obiettivo certo, era trovare una fine. I tronchi degli alberi non smettevano di succedersi, ma la ragazza cominciò a vederli inghiottiti da un'oscurità ancora più profonda, limitando sempre di più la sua visuale. Bastò un attimo, un indugio e il suo piede incespicò in qualcosa di indefinito, facendola precipitare... Vicktoria si svegliò di soprassalto. Le sembrò quasi di precipitare direttamente dal suo sogno, anche se, per un attimo, aveva creduto che fosse un ricordo, tanto le erano parse familiari le sensazioni provate. Disorientata, non riconobbe subito la stanza: un sottile spiraglio di luce illuminava le pareti ancora spoglie, l'armadio imponente e la scrivania erano posizionati alla destra del letto; oltre a questo, però, non c'era altro. Sospirò, tirandosi a sedere tra le coperte smosse e guardò la sveglia sul comodino accanto a lei: erano le 6:40. Dodici ore erano già passate dall'inizio della sua nuova avventura. Riaddormentarsi non aveva ormai più senso, dal momento che sarebbe dovuta scendere per la colazione con la famiglia Lewis. Quando era arrivata a Bend dall'aeroporto di Redmond e l'avevano informata della loro abitudine di mangiare tutti insieme alle sette in punto, a Vicktoria erano sembrati molto chiari e disponibili. A parte il loro figlio, Nathan. Il primo sguardo che le rivolse, indagatore, le aveva provocato un brivido, poi era stato scostante, quasi assente, facendole intendere che i genitori l'avevano praticamente costretto a quella situazione. Non poteva dire che non fosse un bel ragazzo: era molto più alto di lei, il corpo magro e asciutto, il viso spigoloso dai tratti i adulti e soprattutto, gli occhi di vetro azzurro. Le aveva stretto la mano con non troppa eccitazione, e dopo essersi sistemato il ciuffo di capelli neri, aveva chiesto se c'era altro. <<Perché non mostri a Vicktoria la sua stanza e l'aiuti con le valigie?>> aveva proposto suo padre, Alexander Lewis. Nathan le aveva scoccato un'occhiata <<Per la valigia dovrai pagarmi.>> La ragazza aveva spalancato gli occhi, aveva l'impressione che non stesse esattamente scherzando, nonostante le fosse parso di vedere una scintilla di divertimento, come se si stesse prendendo gioco di lei. Prima che avesse potuto rispondere, si era intromessa la madre, Julia Lewis che con una risata aveva cercato di sdrammatizzare. Chiaramente non è il tipo che ama le attività extrascolastiche, pensò Vicktoria mentre si pettinava i suoi lunghi capelli rossi davanti allo specchio. Il progetto di scambio di cui faceva parte implicava, oltre alle ore curricolari, attività didattiche e visite guidate nei luoghi importanti della zona...Bend non era certo una città tra le più importanti dell'America, ma l'idea di venire fin lì dall'Austria per studiare le era sembrata interessante. Fin da piccola aveva sempre desiderato viaggiare ed entrare in contatto con nuove culture. Magari Bend non era Parigi, né Mosca, né Londra, né Lima...ma era pur sempre un punto di partenza. Questo fiume di pensieri che le attraversò la mente mentre finiva di lavarsi, le fece dimenticare lo strano sogno della notte passata. Uscita dal bagno si diresse verso l'armadio per prendere la valigia che aveva gettato al suo interno e la appoggiò sul piumone attenta a non sporcarlo. La sera precedente era troppo stanca per poterla disfare, così si era limitata a togliere solo lo spazzolino e pigiama, anche adesso non aveva la minima voglia. La aprì e tirò fuori un paio di jeans neri attillati, una maglietta e un golf di lana grigia. Successivamente si mise le solite converse e cominciò a riordinare la stanza: ributtò la valigia nell'armadio, i suoi vestiti sporchi nel cesto della biancheria accanto alla porta, che le aveva mostrato Julia, e rifece accuratamente il letto. Quando fu certa che fosse tutto in ordine si avvicinò allo specchio per truccarsi. Non mise niente di più che un filo di mascara sulle ciglia: la sua faccia lentigginosa e gli occhi verdi dal taglio dolce non necessitavano di molti ritocchi, inoltre preferiva stare più al naturale. <<Allora...ho dimenticato qualcosa?>> si chiese guardandosi intorno finché non si ricordò dello zaino. Aveva già ricevuto il foglio degli orari delle lezioni; controllò cosa avesse quel giorno e sistemò i libri e i quaderni che le sarebbero serviti. I libri scolastici erano in un altro borsone, ma mentre li spostava nella cartella, il movimento della tenda dietro al suo letto catturò la sua attenzione. Si avvicinò all'ampia finestra che dava su Broadway Street e scostando leggermente la tenda bianca, Vicktoria vide una ragazza intenta a fumare una sigaretta nel porticato della casa di fronte. Teneva i capelli castani legati in una treccia alla francese e aspirava il tabacco con fare pensieroso. Era un po' bassa, indossava dei leggins e una pesante felpa rossa che doveva essere almeno due taglie più grande della propria. All'apparenza sembrava un' adolescente della stessa età di Vicktoria, tuttavia il vederla, per qualche motivo, riportò la ragazza al suo sogno. Avvertì di nuovo l'ebbrezza della corsa e un improvviso desiderio di uscire, senza sapere né perché dovesse farlo, né cosa sarebbe successo. <<Vicktoria sei sveglia?>> chiese ad un tratto la voce di Julia, dopo aver bussato lievemente alla porta. La ragazza venne risvegliata dalla propria trance e rispose che era già pronta, quindi prese lo zaino e aprì la porta. <<Buongiorno signora Lewis.>> <<Buongiorno cara e ti prego, chiamami Julia.>> le disse sorridente <<mio marito sta già preparando la colazione e Nathan sta per scendere. Ti piacciono i pancakes?>> <<Non li ho mai mangiati ma l'odore pare invitante.>> rispose la ragazza sentendo il profumo proveniente dal piano di sotto. Iniziò a scendere le scale chiacchierando con Julia nel suo inglese marcato dall'accento austriaco. La signora Lewis era una donna molto affabile, con ondulati capelli castani e piccoli occhi marroni. I lineamenti erano ben definiti e il naso piuttosto prominente, ma le forme arrotondate del corpo facevano sì che non avesse un'aria severa. Arrivarono in cucina, dove Alexander aveva apparecchiato il tavolo centrale per tutti e quattro, mettendo una caraffa di caffè e i pancakes fumanti. <<Buongiorno Vicktoria.>> le disse finendo di sistemare i bicchieri. Era un uomo alto, sui quarant'anni ed era molto simile a Nathan, con il quale aveva in comune i capelli neri ormai sbiaditi e gli occhi azzurri. Vicktoria poggiò lo zaino e prese posto su uno degli sgabelli, fissando famelica il piatto di pancakes cosparsi di miele e mirtilli. Solitamente stava molto attenta a cosa mangiava visto che non aveva un metabolismo supersonico, sebbene la palestra le avesse conferito una linea esile, tuttavia di fronte a del buon cibo non sapeva dire di no. Per educazione, però, decise di aspettare l'arrivo di Nathan per mangiare. <<Dormito bene?>> le chiese Alexander. <<Si, grazie.>> sogno a parte, Viktoria aveva dormito come un sasso. Proprio mentre Julia stava sedendosi di fronte a lei, Nathan arrivò scendendo dalle scale con furia e afferrando dei mirtilli dal piatto al volo. <<Nathan!>> lo sgridò la madre. <<Che c'è?>> rispose lui ancora masticando. <<Ti sembra il modo di comportarti con un'ospite?>> suo padre lo guardò con aria di rimprovero, ma Nathan non sembrò curarsene più di tanto e si versò del caffè nella tazza. <<Buongiorno>> disse Viktoria cercando di essere cordiale, però Nathan si limitò a fare un cenno del capo e a borbottare una risposta mentre si serviva dei pancakes. Alexander sospirò ma si sedette e augurò il buon appetito a tutti. La ragazza assaggiò i pancakes assaporandone il gusto dolce accostato a quello più forte del miele. Malgrado l'atteggiamento di Nathan, il suo anno a Bend non sarebbe andato poi così tanto male.
Storia scritta in collaborazione con PaikeaApirana.
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Kriegwoge: la rivalsa dei Wesen
Hayran KurguQuando Vicktoria giunge a Bend, una città dell'Oregon, per un progetto di scambio scolastico non ha idea di cosa lei sia in realtà. Presto però la sua natura di Grimm viene alla luce e Vicktoria scopre il secondo volto di alcuni suoi compagni di cla...