Is this your real name?

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Tony atterrò con poca grazia nel giardino, poco lontano dall'ingresso: l'erba sotto i suoi piedi si annerì, lasciando le impronte di "Iron Man". Mi lasciò andare e disattivò il casco, io inciampai e quasi caddi nell'erba fresca. Mi girai a guardarlo, irata, ma il suo sguardo non era per niente gentile.
«Torna subito in quel stramaledetto complesso, mi hai capito bene?» ordinò, la voce ferma che nascondeva la rabbia. Avanzai verso di lui, pronta ad affrontarlo, ma mi precedette: attivò di nuovo il casco e spiccò il volo, senza darmi il tempo di controbattere.
«Friday, scollega il suo auricolare.» disse la voce di Tony, rimbombandomi nell'orecchio. Un attimo dopo, il silenzio mi avvolse e una rabbia ceca mi esplose dentro. Sbattei la porta dietro di me e salii velocemente la rampa che portava al soggiorno. Entrai a passo spedito e sfilai la giacca, mettendoci quanta più rabbia possibile: in quel momento non riuscivo a capire che quella scenata era completamente inutile.
«Maledizione!» gridai, tirando un calcio al divano, pentendomene subito dopo: il dolore si diffuse partendo dalla punta del piede, raggiungendo il ginocchio. Zoppicai e mi lasciai cadere sul divano, urlando subito dopo. Ero furiosa, una sensazione che non mi piaceva, e non riuscivo a calmarmi. Respirai a fondo, più e più volte, poi gridai di nuovo. Probabilmente l'urlo più forte della mia vita: l'enorme vetrata esplose in mille pezzi, invadendo il pavimento e producendo un rumore assordante. Mi portai una mano alla bocca, sconvolta, ed arretrai, scivolando sui cuscini morbidi del divano: la rabbia era svanita, così com'era apparsa, e ad essa subentrò il panico.
Come riuscivo a fare quelle cose? Perché non c'ero riuscita prima? Cosa c'era che non andava in me?
Tirai dei lunghi sospiri e poggiai la nuca al divano, chiudendo gli occhi: non volevo distruggere altro quindi provai a calmare il battito impazzito del mio cuore.
Le immagini di poco prima mi scivolarono davanti agli occhi: le esplosioni, i feriti, quelle figure e poi Bucky che ordinava a Tony di portarmi via. La Stark Tower era già in fiamme quando non ce n'eravamo accorti e, essendo molto esteso, capii che doveva essere scoppiato più o meno quando noi eravamo partiti per raggiungere la città, ma perché nessuno aveva chiamato aiuto? E poi ricordai la cosa più importante: Steve aveva rischiato la vita.
Passai una mano nei capelli e mi accorsi che erano sporchi di polvere, poi mi resi conto di essere un vero disastro: il jeans si era strappato per la caduta, la maglia bianca era macchiata di nero in vari punti e non osavo immaginare il mio viso.
Mi strofinai gli occhi e sobbalzai quando dei passi risuonarono lungo il corridoio: scattai in piedi ed assunsi la posizione di difesa, come avevo imparato in allenamento, anche se sarebbe stato completamente inutile. Clint varcò la soglia e si bloccò non appena mi vide, alzando le mani per fermare un mio possibile attacco: mi rilassai alla sua vista. Un volto amico.
«Ma dove diavolo sei stato?» chiesi, come se fosse la cosa più importante. Era partito da svariato tempo e nessuno mi aveva mai dato una spiegazione.
«Qui cosa diavolo e successo?» chiese, evitando la mia domanda. Fece saettare lo sguardo da me alla vetrata in frantumi e avanzò, preoccupato.
«No!» gridai, arretrando. Lui si bloccò, impietrito, e mi fissò con un sopracciglio inarcato: era palesemente confuso della mia reazione. Io, dall'altra parte, ero terrorizzata: non sapevo come controllare quello che mi stava succedendo e non volevo fargli del male involontariamente.
«Cosa succede, Beth?» chiese, alzando le mani.
«La finestra è esplosa...» dissi, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime. Stavo per avere un crollo nervoso, me lo sentivo.
«E sei stata tu, a farla esplodere?» chiese, cauto. Probabilmente l'aveva capito vista la mia reazione spropositata. Mordicchiai il labbro inferiore e tirai su col naso, le lacrime che ormai scendevano copiose bagnandomi il viso.
«Si...» sussurrai, disperata. Clint azzerò la distanza che ci separava con tre lunghe falcate e mi strinse in un caloroso abbraccio. Il gesto fece soltanto aumentare il mio pianto.

Avevo ancora le guance bagnate quando finii di raccontare tutto l'accaduto a Clint, che si era seduto al mio fianco sul divano. Era palesemente sconvolto e non sapevo bene per cosa: se per la Stark Tower in fiamme, per gli sconosciuti che ci avevano attaccati o per il fatto che avevo fermato un masso in piena caduta e fatto esplodere la vetrata in soggiorno. La scelta era difficile.
Girammo entrambi la testa di scatto verso la porta a scomparsa quando le voci del resto del gruppo ci raggiunsero, rimbombando sulle pareti del corridoio.
Feci scorrere i miei occhi su ogni uno di loro, man mano che entravano, e la mia ansia si placò di volta in volta, mentre mi accertavo che stessero tutti bene.
«Clint!» esclamò Nat, non appena lo notò. L'uomo si alzò e l'accolse tra le sue braccia: si strinsero a vicenda, Clint sembrava molto più rilassato, e nella stanza calò il silenzio.
«Manco per un po' e guarda cosa succede.» disse, lasciandola andare. Ci fu una risata generale che spezzò di poco la tensione che si era creata.
«Allora, cos'è successo?» chiese Clint, portando il suo sguardo a Tony: l'unico, tra tutti, ad essere completamente pulito e ben vestito, con tanto di occhiali da sole. Gli altri erano sporchi di detriti, Wanda aveva i vestiti bruciacchiati e sembravano nervosi.
«Quattro ragazzi giovani, due per sesso, abili nel combattimento, veloci, forti. Così forti che ci sono sfuggiti.» disse, tutto d'un fiato, sfilando gli occhiali di marca. Strabuzzai gli occhi all'ultima affermazione: erano riusciti a fuggire.
«Come?» chiesi, incrociando le braccia al petto. Tony puntò il suo sguardo su di me, poi si accorse della vetrata in frantumi ed inarcò un sopracciglio. Stranamente, non fece domande.
«Due palazzi che circondavano la Stark Tower sono esplosi, uno dopo l'altro. La gente si è spaventata, ha iniziato a correre invadendo strade e marciapiedi, impedendoci di attaccare, ostacolandici. Ne hanno semplicemente approfittato.» spiegò, sedendosi sul divano. Chiuse gli occhi e poggiò la nuca sul cuscino morbido della testiera, esalò un profondo respiro e si sbottonò i gemelli.
«Non possiamo far nulla?» chiese Steve, poggiandosi con la schiena al muro. Tony scosse il capo, ancora ad occhi chiusi.
«Dobbiamo aspettare, Friday sta scannerizzando i loro visi attraverso le immagini catturate dall'armatura. Se troverà qualche riscontro, mi avviserà.» ci fu un breve attimo di silenzio che seguì le sue parole, poi Wanda si schiarì la gola.
«A proposito... com'è che hai fatto a fermare quel masso, Beth?» chiese. Mi girai a guardarla con gli occhi strabuzzati, poi mi fissai le mani, nervosa. Feci spallucce.
«Non so dirtelo con esattezza...» sussurrai, pensandoci su. Quando avevo visto il masso precipitare velocemente verso Steve ero stata assalita dal panico: avevo allungato le mani nella sua direzione perché, una parte di me, voleva tirarlo via e spostarlo dalla traiettoria. Quello che avevo ottenuto, però, sembrava aver sconvolto un po' tutti, me compresa.
«Se è come penso io...» disse Wanda, poi fece scivolare i suoi occhi verdi sul resto dei suoi compagni, per cercare un loro aiuto.
«...e questi sono effettivamente dei poteri, delle abilità speciali...» continuò Nat, al suo posto. Sospirai e capii che avevano già affrontato l'argomento, probabilmente nel viaggio di ritorno.
«Quanto la fate lunga...» sussurrò Tony, sul divano, portandosi una mano sugli occhi e attirando l'attenzione di tutti. Emise un verso stanco e si alzò, puntò le mani sui fianchi stretti e si girò a guardarmi. «Saresti disposta a farti esaminare? Dobbiamo capire se queste...abilità sono pericolose, se possono essere gestite e, soprattutto, da dove diavolo vengono.» chiese, con tono calmo e tranquillo.
Non aveva usato mezzi termini ne aveva cercato d'indolirmi la pillola e ciò mi piacque: si comportava in modo normale e non mi trattava come se fossi di cristallo, quasi potessi esplodere per sovraccarico d'informazioni.
«Tony!» esclamò Steve, attirando la mia attenzione e quella di tutti gli altri su di se. Il diretto interessato, alle mie spalle, sbuffò e mi superò a passo veloce, raggiungendo l'amico.
«Non è una bambina! Se ha delle capacità deve affinarle, imparare a controllarle e, forse, questo potrebbe riportarle alla mente dei ricordi. Non deve essere protetta o, almeno, non deve esserlo del tutto.» disse, tutto d'un fiato. Ci furono alcuni secondi di silenzio in cui metabolizzai le sue parole e capii che ero, stranamente, d'accordo con lui. Steve aprì la bocca, pronto a ribattere, ma io lo precedetti.
«Va bene!» dissi, avanzando nella loro direzione. Gli altri ci fissavano in silenzio, quasi avessero paura d'intervenire. Tony e Steve si girarono a guardarmi, entrambi nello stesso momento, e io potei leggere, nei loro occhi così diversi, una sottospecie di gratitudine.
«Chiamate T'challa e la sua adorabile sorellina.» disse Tony, soffermandosi su "adorabile", ma il suo tono non lo era affatto mentre pronunciava quelle parole.

Soldier. |Bucky Barnes/Avengers FanFiction|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora