Memories and allusions.

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Non riuscii a dormire un granché. Quando i primi raggi solari fecero capolinea dalla vetrata, illuminando lentamente la mia stanza, ero già sveglia, ma ancora sommersa dalle coperte. L'ansia mi stava logorando: avrei dovuto affrontare la prima seduta con Marcus e avevo uno strano presentimento. In primis, non mi fidavo per niente, e solo pensare a tutto ciò cui avrebbe avuto accesso una volta "entrato" nella mia mente mi faceva arrossire, e innervosire ancora di più. Scalciai via le coperte e fui immediatamente invasa da mille brividi di freddo -che ignorai deliberatamente-, poi abbandonai il letto e uscii dalla stanza, chiudendo la porta silenziosamente dietro di me. Gli altri dormivano ancora, o almeno così sospettavo: nessun rumore proveniva dal soggiorno o dalla cucina mentre attraversavo il corridoio, diretta proprio lì. Restai stupita, perciò, quando trovai Marcus seduto sul divano, intento a smanettare con un cellulare.
«Già sveglia?» domandò, senza nemmeno guardarmi. Mormorai un segno d'assenso e raggiunsi la cucina, recuperai una bottiglietta d'acqua dal frigo e bevvi qualche sorsata tutta d'un fiato.
«Nervosa?» chiese sempre Marcus: sobbalzai nel sentire la sua voce così vicina, perché non mi ero del fatto che mi avesse seguita. Era molto silenzioso.
«Non mi piace lasciare accesso alla mia mente ad uno sconosciuto, sai.» spiegai, guardandolo da sopra una spalla: era poggiato allo stipite della porta con una spalla, le braccia incrociate al petto e il cellulare era scomparso, probabilmente infilato in una delle tasche del jeans che indossava. Mi chiesi da quanto tempo fosse sveglio e lui sorrise, perché evidentemente doveva aver letto i miei pensieri.
«Non sbircerò troppo, promesso.» disse, poi mi fece l'occhiolino e m'invitò a seguirlo in soggiorno con un gesto del capo. Lo feci, in silenzio, e mi accomodai sul divano; lui si sedette al mio fianco e si girò a guardarmi.
«Vuoi aspettare che qualcuno si svegli, magari per un appoggio morale?» chiese, titubante.
«Perché, la seduta è adesso?» domandai, presa alla sprovvista. Lui mi sorrise, probabilmente per calmarmi, e sospirò.
«Rimandare non servirebbe a niente: tu sei sveglia, io sono sveglio e non c'è bisogno di un lettino per strizzacervelli. Allora, vuoi aspettare che qualcuno si svegli? Te lo chiedo solo perché sento la tua agitazione.» disse, tutto d'un fiato. Probabilmente lui era più nervoso di me, e non lo nascondeva.
Lo fissai per qualche secondo e poi, alla fine, scossi il capo: via il dente, via il dolore. In fondo era per il mio bene. Lui annuì e si alzò, aggirò il divano e si posizionò proprio alle mie spalle.
«Poggiati allo schienale e rilassati, potrebbe darti un leggero fastidio...» disse, sussurrando l'ultima parte. Fui tentata, per un attimo, di correre via e nascondermi in camera ma, alla fine, feci come mi aveva detto e chiusi gli occhi. Dopo pochi attimi il tocco leggero delle sue dita mi sfiorò entrambe le tempie ed una fitta acuta si propagò per tutta la testa, così forte da farmi stringere gli occhi fino a farli lacrimare. Era una sensazione strana: sentivo distintamente qualcosa scivolare nella mia testa, come un serpente silenzioso che circondava il mio cervello, poi la situazione ebbe un risvolto interessante. Davanti alle palpebre chiuse, come quando si prova ad immaginare una scena, molti ricordi che mi ero creata dal mio arrivo al complesso iniziarono a scivolare veloci, come la pellicola di un film che non segue gli eventi in base alla cronologia: capii immediatamente che, in realtà, era Marcus a vedere tutto quello e che io lo vedevo soltanto perché era lui a volerlo: dava occhiate veloci e poi il ricordo cambiava. Procedeva a ritroso e, in poco tempo, raggiunse il ricordo del mio arrivo lì al complesso: io ero impotente mentre scavava nella mia mente e, all'improvviso, non ero più sicura di voler sapere chi ero e cosa avevo fatto prima dell'amnesia. Ma poi, proprio quando stavo per scattare in piedi e annullare tutto, fui colpita da un fitta più dolorosa della prima che mi scosse fin nel profondo e quasi mi fece urlare. Davanti alle mie palpebre ancora chiuse, immagini confuse presero a scorrere come un fiume in piena che non riuscivo a controllare ma che, lentamente, riempiva alcuni spazi vuoti. Improvvisamente, ricordavo il mio scontro con un auto e il viso di Fury, che si chinava su di me e mi sussurrava qualcosa che non riuscivo ad afferrare. Ricordavo d'aver corso a perdifiato in un fitto bosco, riuscivo quasi a vedere la terra sotto ai miei piedi e a sentire il vento che mi sferzava il viso, perché inseguita da qualcuno.
Ricordavo d'aver combattuto contro qualcuno e di aver vinto, a discapito della vita del mio avversario – un uomo, di cui non riuscivo a mettere a fuoco il viso- e che, in quel momento, non mi era importato di niente della sua sopravvivenza ma che mi ero addirittura fermata, per essere sicura che morisse. Fui scossa da un brivido d'orrore.
Marcus allontanò le mani dalle mie tempie ed io aprii gli occhi di scatto: avevo il fiatone e non ne capivo il motivo, ma l'agente era pallido e aveva la fronte madida di sudore.
«Marcus?» chiesi, alzandomi lentamente ed aggirando il divano. Lui alzò lo sguardo su di me e poggiò un fianco allo schienale, per sorreggersi, prendendo profondi respiri.
«Scusa, è che questa tecnica mi sfinisce...» sussurrò, chiudendo per un breve attimo gli occhi.
«Va bene così, ricordo già qualcosa.» dissi e lui mi sorrise, poi si lasciò cadere sul divano e prese un lungo respiro.
«Riprendiamo non appena posso, va bene?» domandò, con occhi socchiusi. Annuii, poi tornai in cucina per recuperare lo bottiglietta di poco prima. Mi poggiai all'isola e sbattei svariate volte le palpebre. Ero stupita, spaventata e il cuore mi batteva furioso nel petto, oscurando qualsiasi altro rumore: quel poco che avevo ricordato non mi piaceva affatto, sopratutto adesso non riuscivo a togliermi dalla mente l'immagine di me china sul corpo di un uomo, ferma ad aspettare che morisse. Era una vittima o un carnefice? Faceva davvero differenza? Cos'altro nascondeva la mia mente? Scossi il capo e poi, stupita, mi accorsi di un particolare importante: Marcus poteva davvero aiutarmi.

Soldier. |Bucky Barnes/Avengers FanFiction|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora