Capitolo 34

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"Nascondiamoci lì!"
Indicai la porta.

Annuì con la testa.

Corse verso di essa.

Impugnò il pomello con una mano.

Con l'altra teneva salda al suo fianco la mia gamba destra.

Lo girò.

Aprì.

Tolsi un braccio dalla sua spalla e chiusi la porta.

La prima cosa che vidi fu un lettino da ospedale al muro.

Il mio destriero umano mi porto lì.

Mi staccai da lei.

Si piegò un poco.

Mi sdraiai sul lettino.

Guardai intorno a me.

La stanza era dipinta di un grigio chiaro.

Lontana dal lettino si trovava una scrivania completamente vuota.

Era presente anche una libreria accanto ad essa.

Davanti al lettino c'era una poltrona in pelle marrone.

Alla destra di essa un elettroencefalogramma, mentre alla sinistra una lampada.

Mio fratello Alf mi parlò molte volte dell'elettroncefalogramma.

Ricordo che è una tecnologia molto avanzata.

Fu inventata da Hans Berger nel 1929.

Non ho mai capito cosa fa di preciso, ma forse registra e misura le attività celebrali tramite dei sensori.

Attaccano all'individuo delle specie di ventose sul capo, che vengono unite alla macchina elettronica mediante dei fili.

La ragazza mi si mise accanto.

Mi guardò.

Tirò su un grande respiro.

Posizionò le braccia sui fianchi.

La guardai con sguardo serio.

Occhi socchiusi.

"Riesci a spostare quella poltrona"
gliela feci notare alzando la testa nella direzione di essa,
"davanti alla porta?"

Sbarrò gli occhi.

Mi guardò spaventata.

Come se l'avessi minacciata.

Come se avesse avuto paura di me.

Guardò la poltrona agitata.

"Ci provo",

"Non provare, credi".

Annuì quasi convinta.

LA STANZA BIANCADove le storie prendono vita. Scoprilo ora