CAPITOLO 62 parte 2°

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''Tiro un calcio alla ragione faccio spazio all'impossibile

in mezzo a ste persone fra mi sento invincibile

e non c'è paragone, quando mi viene da sorridere

nemmeno un esercito mi potrebbe sconfiggere...

...E sì mi sento libero anche quando rappo

voglio provare l'emozione di stare su un palco

consapevole che è come una droga e non mi dispiace affatto

La prima occasione che arriva la prendo di scatto

Devo liberarmi da questa monotonia prima che do di matto

Non sai quanto pesano tutti questi ricordi nel sacco

Che mi porterò appresso con me fino al traguardo...

...Io con la scrittura rendo la mia vita vera

mi libero da questa società che mi vorrebbe in catena''

-Free your mind, Ramber.

Fino alle undici la situazione è un po' degenerata. Abbiamo mangiato della pizza, assaggiato qualche cocktail e gli amici di Raul al momento sono tutti accerchiati per fumare. Stiamo cercando in tutti modi di distrarci, di non pensare al tempo che si muove lentamente. Vaghiamo di qua e di la senza sosta, l'attesa è davvero snervante soprattutto per una persona come me. Non so quanti sbuffi ho emanato durante queste ore, ma non voglio che Raul mi veda così annoiata. Mi preoccupo maggiormente di lui, perché se per me l'attesa è ardua, per lui che si deve esibire e sicuramente vorrà quanto prima iniziare a rappare per togliersi un peso, sarà impossibile.

Al momento ci siamo seduti su uno dei tanti divanetti e cerco di calmargli i nervi a fior di pelle accarezzandogli il viso e la nuca. Devo ammettere che il mio ragazzo non dà segni di ansia, non si sta torturando le mani, non sta tremando, non sta chiedendo consigli, non si sta lamentando, non sta cercando attenzioni e non sta parlando a manetta come farei io al suo posto. Probabilmente è la persona più tranquilla che si trova in questo luogo, persino gli altri dimostrano emozioni più forti delle sue. Però so che il vero caos è tutto nella sua mente, la sua calma è solo apparenza.

Quando finalmente è giunto il momento lo sentiamo nell'aria, come se una scarica di adrenalina avesse improvvisamente sorpassato il mio corpo e quello di Raul. Ci guardiamo per intenderci e annuiamo in assenso. Siamo stati tutti e due risvegliati di colpo, la musica che prima era solo per intrattenimento adesso è aumentata di qualche ottava. Senza pensarci due volte lo accompagno al centro della sala e da lì, proprio come sospettavamo, vengono chiamati tutti i partecipanti a salire sul palco, per prepararsi. Prima di salire le scale a due a due, il mio ragazzo mi rivolge un sorriso a trentadue denti e io glielo ricambio con la stessa allegria. Avrei voluto dirgli qualcos'altro prima di lasciarlo andare su insieme agli altri; qualsiasi cosa, anche una semplicissima frase che gli avrebbe ricordato che lui è bravo, che deve avere fiducia in sé stesso e che ce la può fare.

Come un: ''Sei forte'' o ''Tranquillo e metticela tutta''.

Ancora in tempo, vado a chiamare gli altri, che si precipitano frettolosamente alla mia postazione di prima.

I suoi amici fanno un chiasso tremendo al mio fianco, fischiano, battono le mani, pronunciano il nome, a volte lo indicano e sorridono felici del posto che si è meritato. Sicuramente stanno dando un supporto maggiore del mio, ma non posso farci nulla se ancora mi devo integrare del tutto in questo nuovo ambiente. Decido allora, come illuminata da una lampadina, proprio quando sta per partire uno dei tanti partecipanti, di fare quello che fanno loro. Li imito in ogni loro gesto, muovo la testa a ritmo, alzo le mani e picchietto il piede per terra. Senza che manco me ne accorga sto fumando una canna gigantesca che mi è stata offerta da uno di loro, e questa è in assoluto la prima che assaggio. Mi metto davanti a tutti a pochi centimetri dal palco e cerco il suo sguardo dal basso, mentre gli dedico questa mia primissima esperienza. Appena faccio un tiro vengo subito scossa da una tosse da dilettante, ma poco dopo mi sembra sempre più facile lasciare che l'erba si introduca nei miei polmoni fino a riempirli tutti. La immagino come una nube bianca, fluida, che attraversa tutto il mio corpo, e una volta terminato il giro, si deposita all'altezza della mia mente annebbiandola tutta.

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