Pile di fogli, sparse nella mia scrivania, facevano da contorno al grigiore che stava ingoiando Milano, e il mio umore, quella mattina.
Ero stata impeccabile, mi ero buttata con anima e corpo sui miei articoli, come non accadeva da tempo.
Avevo scovato gente da intervistare, solo con le mie capacità di convincimento, senza scorciatoia alcuna.
Quello stato di totale autorità verso me stessa, mi rendeva appagata.
Ma se spostavo l'attenzione, su tutto il resto, la mia quotidianità, era un completo disastro.Ermal, dopo quella sera in cui si era presentato a casa mia, col cuore in mano, aveva cessato ogni contatto telefonico con la sottoscritta e si era anche lui, concentrato sulla sua carriera in ascesa.
Incassava un successo dopo l'altro e io, per quel che riuscivo, cercavo di sostenerlo nell'ombra, con i miei pensieri a fargli compagnia.
Mi sentivo una fallita, nel non aver trovato la forza di aver rotto quella corazza che mi divideva dal resto del mondo, non facendomi vivere appieno le mie emozioni.
Da giorni ormai, cercavo di fare la vaga, quando le domande serrate di mia madre, diventavano sempre più insistenti.
Una delle più frequenti, era cosa mi trattenesse ancora lì in Italia.Durante l'ultima telefonata in particolare, lessi dal suo tono di voce, tutta la reale apprensione che non le faceva avere il quadro completo della situazione che stavo affrontando e che le premeva capire.
Ormai, totalmente sconfitta, iniziai a parlarle a ruota libera di tutto quello che era successo dal mio articolo contro i Meta Moro, dalla parentesi fugace con Fabrizio, al sentimento che tentavo di soffocare per Ermal.
Tutta la sua intenzione combattiva, cessò d'esistere, appena si rese conto del mestiere di Ermal.
Ci fu un silenzio che sembrava avesse inghiottito tutto lo spazio temporale che ci circondava, ma ad un certo punto, quando ormai non ci speravo più, mia madre iniziò ad esprimersi.«Sai tutto quello che abbiamo passato per una storia simile...»
Nessuno, poteva saperlo meglio di me, di noi.
Mia madre, faceva parte del corpo di ballo di un gruppo rock, che si esibiva in giro per l'America, nei primi anni ottanta.
Aveva poco più di vent'anni, quando conobbe mio padre, chitarrista e leader della band.
Se ne innamorò perdutamente, così come lui di lei.
Si nascosero per mesi, durante la durata di tutto il tour e lei era convinta che dopo quel periodo, la relazione sarebbe continuata, anche dopo.
Si sbagliava, tutto era ridotto a quei mesi; dopodiché ognuno poteva tornare nel dimenticatoio da cui era venuto fuori.Facile dirsi, se da quei rapporti consumati in fretta, tra un live e un hotel di fortuna, non fosse venuta fuori una gravidanza inaspettata.
Mio padre, o quello che avrebbe dovuto considerarsi tale, non aveva mai accettato la condizione di mia madre.
L'aveva spinta varie volte verso la strada dell'aborto, trovando in lei, sempre una chiusura netta a quell'ipotesi.All'epoca le offrì dei soldi, in cambio del suo silenzio, che mia madre, ovviamente, non accettò.
Non interruppe la gravidanza, la portò avanti, da sola, lontana dalla famiglia a cui non poté raccontare nulla, se non diversi anni dopo.
Mi crebbe in una città che non era la sua, Miami, mentre lei era originaria del New Jersey.
Ad oggi, mi chiedevo spesso dove avesse trovato il coraggio di vivere una vita che non aveva scelto.
Lei mi aveva sempre risposto che la sua forza ero stata io.Dieci anni dopo, conobbe un uomo stupendo, che mi riconobbe come sua figlia e con cui mia madre ebbe altri due figli, entrambi maschi, James e Cole.
Era una storia fatta di mancanze la mia.
Un infanzia di rinunce, di diti puntati contro, di pochi soldi, ma tanto amore fra donne.Se avessi confidato ad Ermal quella storia, probabilmente sarei al sicuro, fra le sue braccia accoglienti e pronte a capirmi come nessun'altro.
Ma il vittimismo non poteva spazzare via, tutti i dubbi che attanagliavano la mia mente.
Solo il confronto con mia madre, poteva mettere un po di ordine al disordine di quei pensieri.«Cosa provi per lui?»
«Non lo so.»
«Frida, a cosa pensi, appena apri gli occhi? O prima di andare a dormire, chi vorresti accanto a te?»
«Penso a lui, in entrambi i casi. E vorrei non fosse così.»
«Più lo tenti di soffocare un sentimento, più esso sarà come una mina vagante, dentro di te. »
«Cosa devo fare, mamma?»
«Vuoi la mia benedizione?»
Mi strappò un sorriso.
«Non credo tu ne abbia bisogno. Sei una donna adulta ormai e anche se a me è andata male, non significa che succederà anche a te. Sei giovane, colta, e tremendamente bella...»
«Non sei oggettiva in questa descrizione, mamma.»
«Chiunque al mio posto, penserebbe la stessa cosa. Dov'è lui adesso?»
Il pregio di mia madre era la sincerità e l'essere diretta, andava dritta al punto con una capacità impressionante.
«Credo stia per andare a Roma.»
Era stato vari giorni in Portogallo, insieme a Fabrizio.
Li avevo seguiti sui social, ed erano davvero splendidi insieme.
La loro amicizia, li stava salvando, e mi rincuorava saperlo in qualche modo, sereno.
Avevo appreso, sempre dai social, che Ermal doveva recarsi a Roma, per la prima puntata di Amici, in cui avrebbe ricoperto il ruolo di componente di giuria esterno.«Allora vai e prenditi quello che vuoi!
E se posso darti un consiglio, se volete passare inosservati, è meglio muoversi in macchina.»Mia madre, per quel poco che sapeva, approvava la mia voglia di essere felice e la mia felicità, non sapevo ancora bene dove si trovasse, ma era sicuramente fuori dal mio ufficio.
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Non abbiamo Armi ~ Ermal Meta
Fanfiction[CONCLUSA] «È questo che fanno le persone, inavvertitamente si sfiorano, scambiandosi la vita.» Frida e Ermal, due sopravvissuti al dolore, pronti a fondersi l'anima, diventando rara imperfezione. Frida ha il timore, di oltrepassare il confine che d...