| 13. Mi prenderò cura di te |

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Ero certa che per tutto questo tempo avevamo fatto l'amore anche da lontano, più di una volta, senza dircelo.

C'eravamo trovati in lati opposti del mondo, a pensarci, a desiderarci,  e il pensiero era così forte che somigliava quasi ad un abbraccio che ti entrava dentro le costole.
Avevamo sudato, cercandoci come parti dello stesso cuore a cui mancava un battito. 

Avevamo immaginato lo sguardo dell'altro attraverso macchine e cemento in città che ci appartenevano.

E quando, al posto di Marta, ad aspettarmi all'aeroporto trovai un giovane uomo -alto poco più di un metro e ottanta, camuffato al punto giusto per non farvi scovare dalle sue fans in subbiglio - c'apì che anche lui, aveva raggiunto la soglia massima di sopportazione, dal nostro distacco.

Nessun bacio spiattellato in pubblico, solo un lungo e travolgente contatto, interrotto da un suo sussurrato:"Bentornata amore."

Afferrò con impeto la mia valigia, e mi accompagnò alla macchina, che aveva parcheggiato poco distante dalla zona arrivi, come al solito aveva programmato tutto nei minimi dettagli.

Lo osservavo sorpresa, felice di aver assaporato uno stralcio della routine che avevo sempre dubitato di poter vivere a fianco a lui.
Quella convinzione mi aveva fatto scappare oltre oceano, ma le mie radici erano ben salde ai suoi piedi.

«So che hai anticipato il tuo rientro. » Rivelò, con sollievo.

«In realtà, era già tutto programmato per questa data. Non mi sarei mai persa il tuo concerto al Forum!» Risposi, lasciando un dolce bacio agli angoli della sua bocca.

Guidava rilassato, poggiando la sua mano sulla mia gamba priva di qualsiasi cosa potesse coprirla.
Ero curiosa di sapere dove mi stesse conducendo, dato che la strada che stava percorrendo non l'avevo mai fatta prima, ma allo stesso tempo, mi fidavo talmente tanto di lui, che non mi serviva conoscerla.

«Immagino che sarai affamata!» Disse, fermandosi nei pressi di un bar non proprio al centro di Milano, ma pur sempre in città.
Fino a qualche settimana fa, non avrebbe neanche lontanamente proposto una colazione in una caffetteria affollata.
Rimasi stupita.
Così tanto che tentai di fare la finta tonta.

«Effettivamente, mi era mancata la mia amata colazione all'Italiana, prendo qualcosa e ti raggiungo, aspettami qui.»

«Scendo con te.»
Non se lo fece ripetere due volte, scese dall'auto e si avvicinò al lato in cui ero io, prendendomi per mano.
I suoi ricci erano nascosti da un cappellino nero, e gli occhi coperti dai suoi alleati, occhiali da sole.

I presenti, erano tutti adulti che non lo avevano riconosciuto. Sfruttammo quel vantaggio, consumando con calma la nostra ordinazione.

«Cos'altro hai in mente, Meta?» Gli dissi, durante il rientro in macchina.

«Non eri tu quella che amava le sorprese?»

«Cos'è vuoi sfidarmi?»

Continuava a guardare il mio vestito e il modo in cui cadeva aderente poco sopra il ginocchio, era apparentemente casto visto il collo alto, ma talmente stretto da evidenziare le mie forme. Ero riuscita a colpirlo a mio modo, un modo sexy, ma mai volgare.

«Sì. » Acconsentì, col suo giubbotto di pelle tra le mani, che aveva sfilato per via della calura mattutina.
Qualche accennato muscolo addominale, sbucava fuori dalla maglia bianca che aveva addosso.
Una visione illegale che mandava in fumo quel poco di lucidità che mi era rimasta, a causa della nostra vicinanza.

Mi strinse a lui, prima di poggiarmi ad un muretto isolato, mettendosi davanti a me, ero immobilizzata dai suoi occhi, non mi sarei mai mossa, anche se libera di fuggire dalla sua presa.
Voleva parlarmi della sua sfida.

Non abbiamo Armi ~ Ermal Meta Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora