Fatica

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"Ma credi sul serio che per amare
ci sia bisogno di sapere
come si ama?"

"Dom... Dom... Dom!! Devi riprendere le lezioni, ti prego!" Caleb mi tirò un cuscino addosso.

Ero tornato a casa da mia madre per ora, poichè era più comoda e spaziosa per camminare con le stampelle. Caleb aveva passato la notte qui, in realtà avrebbe passato tutte le notte qui per aiutarmi, visto che non accettavo l'aiuto di mia madre.

"Non voglio Caleb... non me ne frega un cazzo di quelle lezioni, non me ne frega un cazzo di finire il college!" Ripetei per l'ennesima volta.

Non avevo più voglia di proseguire gli studi, di laurearmi per poi non fare niente. Avevo da poco ripreso a fare quadri per la Signora Stevens e, non potendo ancora gareggiare, raccoglievo soldi così.

"Dom fallo per me... fallo per tua madre, perchè so che vorresti renderla fiera di te e... fallo per lei, Dom. Perchè si sveglierà, lo sappiamo entrambi, e sarebbe orgogliosa di te sapendo che non hai mollato tutto." Parlò, facendomi deglutire velocemente.

"Mi odia Caleb." Risposi, perso nel vuoto.

"Non puoi saperlo amico, e non potrebbe odiarti neanche volendo... quella ragazza è follemente innamorata di te. Se quella notte... ti ha rincorso e ti ha chiesto di accompagnarla al college, Dom se ti stava perdonando per quello che avevi fatto... non può odiarti, credimi." Disse, facendomi ritornare in mente per l'ennesima volta quella notte.

L'ultima notte passata con lei, non sentire la sua voce mi stava facendo impazzire. Ricordare solo delle stupidi immagini, immaginarla accanto a me, sognarla la notte, tutto ciò mi avrebbe fatto finire dritto in manicomio.

"Andiamo al college, forza!" Mi fece alzare dal letto e, aiutandomi a vestirmi, mi accompagnò al college.

Lo dovevo a lei, che aveva creduto in me fin dal primo momento.

"Ci vediamo alla fine delle lezioni..." dissi, dirigendomi nell'aula di arte.

Odiavo non poter guidare, non poter muovermi da solo, non poter badare a me stesso... odiavo dipendere da qualcuno e non vedevo l'ora che la mia gamba tornasse come nuova.

"Salve Signor Stewart! Va tutto bene? Ho saputo dell'incidente, è mancato parecchio..." osservò il Signor Thunder.

"Beh, può vedere lei stesso in che stato sto, no?" Risposi acido, andando a sedermi.

"E la Signorina Miller?" Mi chiese, fissandomi insistentemente.

Respirai a fondo, prima di dare di matto, dovevo mantenere la calma. Gli lanciai uno dei miei sguardi più freddi e lui iniziò con la sua lezione, evitando di ripetere la domanda.

Non ascoltai praticamente nulla di ciò che disse, le ore passarono in fretta e fortunatamente oggi avevo solo tre lezioni da seguire.

A fatica mi alzai e andai nel cortile davanti al college, dove incontrai Andrès che venne spedito verso di me.

"Sarai contento adesso, vero?" Mi chiese amareggiato.

Cristo... se non se ne fosse andato, gli avrei lanciato un pugno in pieno viso.

"L'hai trattata di merda, l'hai fatta innamorare di te, e l'avevo detto che l'avresti portata a mor..." gli urlai sopra.

"Non è morta, cazzo! Non è... morta, non è morta, porca puttana!" Persi le staffe e lo spintonai.

Chiunque mi diceva che sarebbe morta o che era già morta, mi mandava in bestia. Lei ce l'avrebbe fatta, lo sapevo, e non sopportavo tutti questi coglioni che ne parlavano così.

"È tutta colpa tua e della merda che ti circonda, Stewart. L'hai trascinata a fondo con te, ma tu ne sei uscito vivo!" Mi lanciò un'ultima occhiata e poi andò via.

Doveva ringraziare la mia gamba ancora ingessata, altrimenti non ci avrei pensato due volte a pestarlo.

"Dom, andiamo?" Mi disse Caleb, spuntando con la macchina proprio davanti a me.

Entrai e rimasi in silenzio.

"Ti va di andare a trovare Finch e Samantha?" Mi propose dopo un po', ma rifiutai.

Se avevano voglia di vedermi, potevano scomodarsi loro. Io non dovevo andare proprio da nessuno.

"Ok ehm... andiamo a pranzare in qualche bar?" Propose nuovamente, ma rifiutai ancora.

Non avevo molta fame ultimamente.

"Dom hai bisogno di mangiare... hai bisogno di essere al meglio per poterti rimettere al più presto, e continuando così non sistemerai nulla." Disse parlando calmo.

Sembrava tornato normale, forse la rabbia nei miei confronti gli era passata...

"Non si sistemerà comunque nulla... non ne abbiamo mai parlato Caleb, ma io non volevo che le cose andassero così." Sbottai, riferendomi a quella notte.

"Lo so Dom, secondo te penso che avevi intenzione di ucc..." si fermò, vedendomi scosso.

Non volevo ucciderla.

"N-non volevo neanche entrarci in macchina io quella notte... non volevo accompagnarla al college, cazzo. Non volevo neanche parlarle! Ma lei continuava a dirmi di dovere andare al college, di parlarne in macchina e stavo per dirle una cosa importante... e poi siamo stati accecati da una luce e..." mi bloccò.

"Dom, io ti credo." - mi guardò negli occhi - "non devi giustificarti con me, ok? Puoi sfogarti, puoi dirmi tutto quello che vuoi... ma non giustificarti, non con me." Disse, sorridendomi leggermente.

Rimasi di nuovo in silenzio, osservando la strada e le macchine passare, pensando continuamente a lei. Era un pensiero fisso ormai, avrei passato notte e giorno nella sua stanza d'ospedale, aspettando di sentire la sua voce, di vedere anche un minimo movimento.

Non l'avrei lasciata sola, no. Non lo meritava, ma io non meritavo di averla al mio fianco... era tutto così complicato e non sapevo che fare, ma ero certo di non volere abbandonarla. Al suo risveglio, io sarei dovuto essere proprio lì. Poi avremmo deciso insieme cosa fare, ma per il momento non dovevo perdermi.

"Andiamo a mangiare." Affermò stavolta Caleb, aiutandomi a scendere dalla macchina.

Andai al fast food e presi due panini e le patatine fritte. Solitamente mangiavo molto di più, ma sarebbe andato bene solo questo.

"Vorrei regalare un anello a Cami..." parlò Caleb, per poi addentare il suo panino.

"Wow... è un passo grande, sei sicuro?" Chiesi, distraendomi per un attimo dai miei soliti pensieri.

"Sono più che sicuro. Abbiamo quasi 20 anni, se non è lei, non sarà nessun'altra." Affermò deciso, facendomi sorridere malinconicamente.

Se non è lei, non sarà nessun'altra... ripensai a quella frase apparentemente scontata e finta, ma così vera e piena di significato.

"Vuoi che ti accompagni all'ospedale?" Chiese poi.

"Oh ehm... ci sono già passato ieri, ci andrò domani. La sua famiglia mi odia, non voglio essere un peso in più." Spiegai, volendomi fare un attimo da parte.

Avevo già causato parecchi danni a quella famiglia, dovevo almeno il minimo rispetto.

"Dom, apprezzo i tuoi sforzi e noto il cambiamento... ma pensa a quello che vorrebbe davvero Rachel, se potesse esprimere il suo pensiero in questo momento. Ti direbbe di essere te stesso, perchè ti accetta e ti vuole così come sei, ti direbbe di seguire l'istinto e di non arrenderti mai. Ti direbbe di non dare ascolto a nessuno, tanto meno alla sua famiglia... ti direbbe che ti vuole accanto a lei, a lottare insieme a lei... ti direbbe tutto quello che dovresti dirti tu da solo." Finì il suo discorso, per poi alzarsi e dirigersi alla macchina.

Aveva ragione, come sempre, ma ci sarei comunque andato domani.

Come Back To MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora