CAPITOLO 6

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"La compassione è la più importante e forse l'unica legge di vita dell'umanità intera."   
( Fëdor Dostoevskij )



In queste due settimane ho capito una cosa: sono un'ottima adulatrice.
Certo, con il lavoro che conduco è necessario esserlo, in certi casi. Ma ho scoperto di avere un talento naturale a far sborsare soldi alla gente e, anche se con Hiram non c'è più stato nessun dialogo, se non i suoi continui richiami, sto sicuramente guadagnando la loro fiducia. Ci sto riuscendo.
Derrick è molto più tranquillo e sembra aprirsi sempre di più per gli affari. Se continuo così riuscirò per la fine del mese a portarmi a casa la testa di entrambi.
Non ho ancora detto a Conrad che anche Hiram è invischiato, so che questo lo metterebbe sotto pressione e, di fatto, metterebbe pressione anche a me, e non ne ho bisogno al momento.

Mi sistemo il vestito osservandomi allo specchio: sembro una donna di trent'anni. Forse Hiram ha ragione, il look di Sydney è troppo... serio. Potrei provare a modificarlo, renderlo un po' più personale.
Sto per uscire e tornare alla mia ultima mezz'ora di lavoro inutile quando qualcosa cattura la mia attenzione.
I bagni qui, al the new day, sono lussuosi come tutto l'edificio. Tutto è costernato da superfici bianche e nere lucide, vetri enormi e addirittura un paio di poltrone infondo, come se a momenti potessimo permetterci di prendere il thè qui dentro. Ma per quanto possa essere lussuoso, non è insonorizzato. Quindi: niente cacca rumorosa o peti puzzolenti. E, seppure la musichetta di sottofondo possa coprire qualche rumore, non nasconde però qualcuno che piange.
Potrei andar via, fingere di non aver sentito, sedermi alla mia scrivania e completare la mia missione. Ma se la mia missione è ottenere la fiducia di tutti e poi uccidere... allora aiutare qualcuno non potrà che essermi di aiuto. Soprattutto se in quel bagno c'è Adriana, quella che si occupa delle prime pagine. O qualsiasi altro essere umano vicino a Derrick ed Hiram Campbell.

Mi avvicino lenta e con delicatezza busso al bagno occupato, lo capisco per i piedi che spuntano fuori in delle bellissime Louboutin nere lucide. E solo una donna, qui dentro, è in grado di portarle per tutte queste ore senza camminare come uno zombie.
«Hey, hai bisogno di aiuto?» non chiedo chi è, nemmeno fingo di sapere. Ignoro il discorso e passo al dunque.
Dall'altro lato però non c'è risposta, se non l'aumentare dei piccoli singhiozzi che prova a smussare con grandi respiri.
«D'accordo, sto entrando.» Sto per aprire la porta quando Elena mi anticipa. É seduta sul coperchio del water con gli occhi arrossati per le lacrime e la faccia di chi proprio non ce la fa.

«É tutto ok? Ti chiamo qualcuno?» Elena scuote il capo, rassegnata al suo dolore. «O... se vuoi puoi parlare con me. Non lo racconterò a nessuno, promesso. Anche perché... non sono tante le persone che conosco.» Provo ad ironizzare e a strapparle qualche sorriso, ma senza nessun risultato.
Fissa per qualche secondo le sue favolose cazzo di scarpe, indugia sulla risposta, segno che ci sta pensando.
Poi mi regala il suo sguardo, perso e triste, e anche in questa situazione non smette di essere bellissima.

«Tradita dal mio ragazzo, perdonato, e poi lasciata dopo due anni di relazione, fine.» Sputa velocemente qualche parola, ma poi ricomincia a piangere. Ok, forse non sono esattamente la persona adatta a questo tipo di situazioni.
Mi avvicino, ma poi arretro. Mi avvicino di nuovo ma poi arretro, ancora. Non so cosa fare. Questo sembra distrarla un secondo, perché mi guarda stranita e... in effetti ci sta, lo farei anch'io al suo posto.
Prendo un respiro, e provo ad essere Viktorya Volkov in Syndey Evans.

«Ok, non conosco la vostra storia ma.. vuoi che ti dica cosa penso?» annuisce, ma non era una vera domanda perché le avrei detto comunque cosa penso. «Una persona che tradisce è una persona da perdere. Una persona da non avere accanto. E se hai perdonato è perché ne eri... ne sei innamorata. E va bene così, hai avuto fiducia nei vostri sentimenti ma...» sospiro e stavolta mi avvicino davvero «Elena, una persona che mente sarà sempre una persona che mente. Certo le persone cambiano, ma quante probabilità ci sono che un pluriomicida di bambini diventi un padre premuroso a capo di un orfanotrofio?» la guardo, consapevole della durezza delle mie parole. Quel discorso me lo ripeto spesso, non potrò mai cambiare.

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