CAPITOLO 21

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"È nella separazione che si sente e si capisce la  forza con cui si ama." 
( FËDOR DOSTOEVSKIJ )


Sono passati quattro giorni dall'ultima volta che ho visto Ermak. Quattro giorni che Ermak ha utilizzato per definire il suo piano.
E' infallibile, mi ha detto.
Sarà la tua rivincita, ha detto.
Non ne sono convinta, ho risposto.

Non si può imbrogliare con Conrad. Primo, perché è impossibile. Secondo... la tua vita finirebbe all'istante.
Ci ho provato, ho provato a raccontare delle frottole ma è sempre stato in grado di fiutarle ancor prima che le mettessi in atto. E' troppo furbo. E' sempre un passo avanti a tutti. E' e sarà sempre l'unica persona che temerò, l'unica in grado di battermi. E questo lui lo sa. Lo sa e per anni l'ha usato a suo vantaggio.
Ma stavolta devo avere fede, devo credere in Ermak.
Ce la faremo.
Sospiro per l'ansia che mi opprime.

"Andrà tutto bene" Hiram è sempre il più ottimista. In questi giorni è lui che ha tranquillizzato me, anche se è lui che rischia grosso. E suo padre. Cioè, suo padre rischia la vita.

"Sono così tesa..." dolcemente mi accarezza la schiena con fare rassicurante.
Con Hiram tutto sembra avere sempre senso. Anche essere tesi.

Passo in rassegna i nostri ultimi giorni, le sue parole, i suoi abbracci, i suoi baci, le sue carezze... provo a farne tesoro e a ricordarmi che posso farcela. Ce l'ho sempre fatta. Il punto è che prima non avevo nulla da perdere, un solo obiettivo da raggiungere... adesso c'è Hiram. Adesso c'è solo Hiram e la vita che posso vivere con lui.

"Siete già qui, ottimo." La voce di Ermak mi risveglia dai mie pensieri. Mi volto e davanti ai miei occhi c'è il mio bellissimo fratello con il suo solito sorriso sbilenco.
Il bar che ha scelto è un bar poco distante da Los Angels, in una zona tranquilla e poco trafficata. Uno di quei bar che va avanti grazie ai turisti che nei viaggi decidono di fare qualche sosta.
Provo a scrutare il suo sguardo, a capire se è sicuro di ciò che stiamo per fare... ma soprattutto, cosa stiamo per fare.

"Dunque, come stiamo?" esordisce dal nulla. Parla con il "noi" come se si sentisse parte integrante del gruppo, ma la faccia di Derrick non sembra affatto approvare.
Consapevole che non avrà alcuna risposta, prosegue. "Ottimo, sono contento che stiate bene." Sorride. "Allora, sarò breve ma conciso. Ho pensato e ripensato al piano perfetto, a cosa sarebbe stato più azzardato e cosa meno. Ho fatto i miei calcoli, le mie considerazioni, ho organizzato questo piano nei minimi dettagli. Nessuno potrebbe intuirlo, nessuno potrebbe rovinarlo. Neanche Conrad." La sua voce è forte, sicura. Io meno. Mi muovo incerta sullo sgabello e do uno sguardo a Derrick seduto a due posti da me, accanto a suo figlio. Non so come Hiram ci sia riuscito, ma ha convinto suo padre del fatto che Ermak avrebbe trovato la giusta soluzione anche se è da quando siamo arrivati che si rifiuta di guardare nella mia direzione. So che lui sa, ed è chiaro che mi odia.
Sospiro agitata e lascio che mio fratello continui il suo discorso.
"E' stato difficile, ma ho delineato ogni singola mossa... ogni singolo aspetto. Ci è voluto un po', ma ho capito cos'è giusto. Ho capito qual era la scelta giusta."

"Arriva al punto, Ermak." Hiram lo interrompe con fare intrepido, ma Ermak gli regala un sorriso paziente.

"Ermak, sei sicuro di quello che faremo?"

"Sì." annuisce convinto. "E' rischioso ma è l'unico piano che può davvero salvarci tutti, Vicky."

"Non posso crederci." sussurra quasi esaltato Hiram, ancor prima di sentire qual è davvero il piano di Ermak. Ma quel momento di silenzio che sussegue dopo le sue parole, è sufficiente per farmi notare l'abbigliamento di Ermak.
Felpa nera, pantaloni neri e stivaletti neri.
Mi volto e, con più attenzione, noto che questo bar non è così poco frequentato. E' semplicemente chiuso a tutti gli altri. Così come le telecamere di sicurezza, completamente spente.
E in un attimo realizzo.
D'istinto mi precipito giù dallo sgabello.

"Andate via." Dico, con fare risoluto, guardando dritto negli occhi di Ermak, guardando dritto negli occhi della mia famiglia.
Meccanicamente anche Hiram si alza, ignaro, però, di quello che io già so.

"Puoi andare tu, se vuoi. Ma lui resta qui." Non faccio a tempo a prevedere la sua mossa, che in un attimo tira fuori una Beretta M9 puntata contro Derrick che, di riflesso, alza le mani in segno di resa.

"Ermak!" esclamo, ma la mia voce non appare così sorpresa.
Hiram e Derrick appaiono completamente disorientati. Completamente affranti.
Gli occhi di Eramk, invece, non mi dicono nulla. Sono completamente assenti. Completamente vuoti.
Questo è quello che ti fa la Sebak. Ti annulla. Ti uccide lentamente.

"Ermak, avevi detto che c'era un piano, che avevi la soluzione."

"E' questo il mio piano. E' sempre stato questo. E' sempre quello che ho ritenuto giusto fare." Le sue parole, fredde come la neve, sono un colpo al cuore.
Questo non è il mio Eramk. Non è mio fratello.
Non è la buona persona che ho sempre sperato rimanesse.

"Ne sei certo?" Chiedo, ma il secondo dopo sono su di lui. Ermak potrà avere il mio stesso addestramento, ma non ha la mia forza.
Mi scaglio su di lui e con un calcio netto spazzo via la sua pistola. Non so come accade, ma l'attimo dopo sto combattendo contro mio fratello.
Hiram e Derrick restano in disparte. Non provano a scappare, non potrebbero. Ho raccontato di queste missioni ad Hiram. Non si può scappare dalla morte, tanto meno dal luogo che la Sebak decide come tuo decesso.
Gli occhi di Ermak appaiono vuoti ma decisi, ed io sono totalmente sconvolta.
Compio movimenti automatici, ripetuti per anni ed anni. Il mio corpo sa già come difendersi, sa già come reagire ad ogni tipo di mossa. Ma il mio cuore no. Non era pronto a questo.
Non era pronto a dover incassare questo colpo.

"Cosa stai facendo, Ermak?" sussurro, lui non cede, anche quando io smetto di reagire.
"Cosa diamine stai facendo?" urlo. Ho il cuore a pezzi e le lacrime minacciano ancora una volta di uscire.

"Quello che avresti dovuto fare tu." Mormora passandosi una mano per il viso. "Lo sai perfettamente che le missioni non possono essere cancellate, sei stata una stupida a crederci davvero." La sua voce è priva di compassione ed emozione. Fatico a riconoscere chi ho di fronte.
Prima che riesca anche solo a pensarlo, Hiram sferra un pugno in pieno viso ad Ermak.
Questo non lo avevo previsto. Non lo credevo neanche capace di voler sudare in palestra, figurati a dare un pugno con la possibilità di farsi male dopo, quando lui reagirà.

"Ermak, no!" urlo, ma il secondo dopo ha Hiram ad un soffio dal suo viso. Lo tira dal cappuccio della felpa e nonostante sia un po' più basso, riesce ad incutere timore.

"Non sono qui per ammazzare te ma alla prossima cazzata, ti piazzo una pallottola sul cazzo e poi in fronte." Sbraita deciso.
Hiram non batte ciglio e, a differenza di ciò che credevo, non appare per nulla intimorito. Se lo scrolla di dosso con fare sprezzante.
Derrick, invece, è impassibile. I suoi occhi blu e freddi sono nei miei per la prima volta da quando ci siamo rivisti e sembrano implorarmi aiuto. Eppure potrei giurare che neanche respira lì fermo.

Ermak non si preoccupa di raccoglie la pistola da terra, lo faccio io, seppur inutilmente. So che ne ha un'altra, tira fuori la stessa Beretta che impugno contro di lui.
Non lo avrei mai fatto.
Non lo farò.
Sarò un mostro, ma non sono in grado di uccidere mio fratello. Non lo sarò mai.
Sospiro in ansia, e aspetto che sia lui a parlare.

"Avresti dovuto ascoltare Conrad fin dall'inizio e completare questa cazzo di missione."

"Ti prego, Ermak, non ti ho mai chiesto nulla... ma lo sto facendo adesso. Risparmia Derrick! Uccidi me, porta la mia testa a Conrad. Probabilmente sarà ancora più felice di vedere quella di Campbell." Per un attimo il suo sguardo diventa vuoto. I suoi occhi sono fissi sulla pistola che impugno, senza alcuna intenzione di utilizzarla.
Poi sorride.

"Conrad sarebbe felice solo se tu tornassi ai suoi servigi."

"Ma non lo farò, Ermak. Non lo farò più. Non farò più ciò che vuole la Sebak. E non sei costretto a farlo neanche tu. Possiamo inscenare la sua morte, lo sai che possiamo farlo. E possiamo smascherarlo, ci basterà solo essere più furbi." Quasi empaticamente, abbassiamo insieme le pistole, io puntata contro di lui, lui puntata contro Derrick.
"Lo sai che lavoravo ad un piano, magari due teste saranno migliore di una... posso liberarti da Conrad! Possiamo riuscirci." Il suo sguardo verso il basso mi suggerisce che sta riflettendo, che sta valutando le varie ipotesi e soprattutto se sto provando a fregarlo. Ma non è così. Possiamo davvero smascherare Conrad e la sua agenzia di omicidi. Dobbiamo solo capire come, dobbiamo solo imparare ad essere più furbi di lui.

"Insieme?" sussurra.

"insieme." Sussurro.

Il suo sorriso mi riempie il cuore. E' il sorriso del mio Ermak. Il sorriso di mio fratello. Il sorriso che mi ha aiutato a combattere ogni giorno con me stessa, ad avere forza. E' l'unico sorriso che io abbia mai visto sincero prima di Hiram.
Poi un colpo secco.
Il suono del proiettile rimbomba nella stanza. Rimbomba nel mio cuore.
Riesco quasi a sentire il proiettile perforare la pelle.
Poi qualcuno che urla. E il suo sguardo divertito.
E' incredibile quanta velocità impieghi un proiettile a perforare un uomo.

"Non possiamo essere insieme se sei alle Hawaii con il tuo fidanzato." Mormora avvicinandosi. "E guardati, sei patetica. Ridotta a pregare che qualcuno non vi ammazzi."

"Mi hai tradita." Sussurro. Qualche lacrima inizia a rigarmi il viso, ma ormai non mi vergogno più a mostrare ciò che provo.

"Ho tradito l'agente Vikotriya Volkov, non mia sorella."

"E quale sarebbe la fottuta differenza?" sbraito sprezzante. "Eri mio fratello e un agente. Ma prima di tutto mio fratello!" I suoi occhi sono nei miei. "Adesso ti guardo e non vedo nulla." Un altro colpo. Altre urla.

"E' sempre stato quello che vedevo io, quando guardavo te." 
Si allontana, senza salutarmi né scusarsi. Impugno ancora la pistola anche se invano.

"Papà, ti scongiuro, resisti." Le mie lacrime sono nulla confronto a quelle di Hiram che ha tra le mani il padre in una pozza di sangue. I due colpi decisivi. Uno al cuore, uno alla tempia destra. Per quando arriveranno i soccorsi sarà già morto. E non per la lentezza dei soccorsi, ma perché i colpi che ha sparato sono decisivi. Precisi.
"Aiutami, cazzo!" mi urla. Ma resto immobile.

Derrick riesce a malapena ad avere gli occhi aperti, ma mi guarda intensamente. Anche sul punto di morti, i suoi occhi azzurro ghiaccio restano un colpo al cuore.

"Abbi cura di te stesso, Hiram." Le parole gli escono con estrema lentezza "E perdona, ti prego. Perché io l'ho fatto." guarda verso di me, ma poi ritorno lentamente con lo sguardo verso il figlio. "Ti voglio ben..." non riesce concludere la frase perché il suo cuore si ferma.
Come il mio quando vedo Hiram con il capo appoggiato al padre. Al padre immerso in una pozza di sangue.
Sangue che ha causato mio fratello.
Intasco la pistola e provo ad avvicinarmi, ma il mio cuore non ce la fa.
Hiram prova invano a fermare il sangue, ma questo non servirà a salvarlo. Non ci riuscirà.

"Dobbiamo andarcene. Lo so che vorresti restare, ma tra meno di due minuti ci saranno dei finti clienti come testimoni, il barista di nuovo al suo posto, del tutto impaurito che chiamerà il 911 e la polizia, per raccontare che tuo padre è stato sparato. E tu non potrai essere qui."
Non risponde, mi osserva sprezzante. Come se quelle appena dette fossero un mucchio di cazzate.

"Se io avessi sparato tuo fratello te ne saresti andata?" chiede irritato "Vai pure via. Fallo. Esci da questa dannata vita! Ma ti assicuro che vi farò fuori tutti!" continua a premere sul cuore del padre, anche se è chiaramente morto.
Non piange più e i suoi occhi sono tristi e persi, come quelli di Ermak.

"Resto qui con te."

"Non ho bisogno di te, Viktoriya. Ho bisogno che tu esca dalla mia vita! Non ti chiedo nulla. Voglio solo che tu scompaia!" sbraita.

"Ma io ti amo..." sussurro.

"Allora lasciami libero." lamenta disperato. 
La sua voce così fredda mi spezza una volta il cuore. Quante volte può ancora spezzarsi? Quanti pezzi dovrò ancora recuperare?
Le sue mani vagano sui punti dove fuori esce ancora un po' di sangue, i suoi occhi sono un buco nero privo di vita. E capisco che sta succedendo quello che ho sempre voluto evitare. Hiram si sta chiudendo in se stesso, in un mondo in cui non mi è più concesso entrare. Mi avvicino ma poi arretro, sono solo una minaccia per la sua vita. L'ho sempre saputo.
I miei genitori me l'hanno ricordato per anni.
"Pochi amici, pochi. E non vogliatene mai bene, perché accanto a voi moriranno."
L'ho sempre saputo... E innamorandomi di lui, ho ucciso la sua anima.

Mi volto e con il mio cuore in mano, esco da questo dannato posto.

"Ti ucciderò!" urlo. "Mi senti Conrad? Ti ucciderò!" Sbraito.
So che è qui. So che starà supervisionando tutto.
"Ti ucciderò" urlo ancora, ma è il mio viso quello che guardo nel riflesso dell'auto adesso.
E' me stessa che vorrei davvero morta.

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