"A volte hai solo bisogno che qualcuno ti dica che non sei così terribile come pensi"
( Charles Bukowski )Quando avevo dodici anni sognavo una casa al mare.
Ho sempre amato il freddo della Russia e la neve, ma il fatto che ci fossero persone che vivevano la propria vita in acqua, al caldo, mi ha sempre resa invidiosa.
Desideravo con tutta me stessa di poter vivere in una di quelle case bianche sulle rive di qualche oceano come si vede sempre nelle serie tv. Sognavo di camminare scalza tra sabbia e acque salate.
Mi ci immaginavo sempre con mio fratello Ermak, non con i miei genitori. Già allora sapevo che non sarebbero sopravvissuti così tanto.
Ma quel sogno mi teneva viva.
Andavo a letto con la speranza che un giorno Ermak ed io saremmo scappati dalla Russia, da chi imponeva ai miei genitori di star via così tanto tempo. Sognavo di poter vivere una vita normale, con un loro ricordo bello e non legato alla Sebak.
Non sapevo che era da loro da cui dovevo scappare.
Ho trascorso anni della mia vita desiderano semplicemente di vivere in una casa bianca, al mare... adesso desidero solo di vivere.
Non so cos'è cambiato, ma ho sprecato troppo tempo. Ho sprecato troppo, davvero troppo tempo ad autocommiserarmi, adesso devo reagire.
"Ti fanno male?" Hiram è disteso accanto a me, uno di fronte all'altro, occhi negli occhi.
Con la mano destra passa con estrema dolcezza le sue dita sui tagli che mi circondano il viso.
Sorrido. Non perché il suo tocco mi faccia sorridere o perché la cosa mi diverta, sorrido perché il suo tocco è migliore di qualsiasi medicina provata nei giorni precedenti, e questo l'ho sempre saputo.
"Non così tanto." Sussurro. Faccio ancora difficoltà a parlare, nonostante sia qui da ore non mi sono ancora ripresa del tutto dal suo ritorno. Non credo mi riprenderò mai davvero.
Non so se riuscirò mai a capacitarmi del fatto che Hiram sia in grado di perdonarmi, perché al suo posto non credo che io ne sarei stata in grado.
"Raccontami della Sebak." La sua voce piena di curiosità mi fa sorridere, ma il pensiero di quello che potrei davvero raccontare lo ammonisce immediatamente.
Ma so che glielo devo, so che devo saziare la sua curiosità, ma soprattutto le sue preoccupazioni.
E' giusto che lui sappia cosa mi è successo.
"La Sebak mi ha cambiato. Ero una semplice diciottenne che viveva la sua vita, tra feste il venerdì sera e uscite il sabato." Sospiro. "Sono sempre cresciuta con la consapevolezza che i miei genitori non facevano la cosa giusta. Non li ho mai visti come degli eroi, almeno non come loro credevano d'essere. Ma la mia vita era una normalissima e banalissima vita di una qualsiasi diciottenne. Fino a quel giorno." Mi schiarisco la voce. "Il 10 agosto del 2011 ero in vacanza con amici, mentre mio fratello in giro con i suoi. Ricevetti una chiamata, i miei genitori erano entrambi morti in missione. Non so di che missione si trattasse, non so neanche come sono morti, non li ho più visti da quell'agosto, qualche giorno prima che partissero. Poi non ho avuto scelta, la Sebak aveva dato l'ordine di tornare a casa e i miei genitori ci avevano istruito fin da sempre: "una volta morti, voi apparterrete alla Sebak." Non chiedermi perché credessero così tanto in Conrad e perché avessero così a cuore le morti altrui, non chiedermelo perché ho provato a non chiedermelo fin ora." I suoi occhi sono attenti, curiosi ad ogni particolare, ma anche pazienti e comprensivi. "Due giorni dopo iniziarono i nostri addestramenti. Ricordi di quando ti ho parlato delle montagne della Russia? Della bellezza di una delle montagne più alte situate a Karabash, nella regione di Chelyabinsk?" Annuisce. "Te l'ho già raccontato, le montagne sono nere, sfoglie, prive di vita, così come la terra completamente arsa. L'acqua ha perso il colore cristallino, la delicatezza che la contraddistingue.. Poi ti ho parlato del Kamchatka, dove è possibile ammirare un lago situato nel cratere del vulcano Maliy Semyachik, surreale per la sua bellezza." Sospiro e stringo forte la sua mano. "Non ti ho però raccontato del perché ho raggiunto quelle montagne. Non ti ho raccontato del mio addestramento lì, delle ore di corsa e del rischio di dover stare per minuti interi in quell'acqua arancione se non si rispettavano le regole, se non si era abbastanza bravi.
Non ti ho raccontato di quanto vite perse ho visto li sopra, non ti ho raccontato l'orrore che ho vissuto e dell'orrore che i miei occhi hanno visto." I suoi occhi strabuzzano alle mie parole, ma tiene salda la mia mano. "Non ti ho raccontato che quel lago acido, nel cratere del vulcano Maliy Semyachik, è uno dei modi che la Sebak utilizza per punire chi prova a mettersi contro di loro. Ad opporsi al proprio destino... quello di essere degli assassini.
Non ti ho raccontato di quando l'idea di farla finita mi ha sfiorato la mente per mattine, notti... giorni interi. Desideravo solo che quell'acqua sciogliesse i miei peccati, quelli della mia famiglia... ma soprattutto il mio dolore.
Quel posto stava uccidendo la mia anima... ha ucciso la mia anima.
L'ho capito dopo aver sconfitto una ragazza di venticinque anni, in uno dei primi combattimenti. Ho capito che non avevo più un'anima quando ho compreso che la mia vittoria aveva decretato non solo la sua sconfitta, ma anche la sua morte. Per un breve momento mi sono arresa.
Ho pensato che quell'acqua potesse essere l'unica soluzione per poter smettere di soffrire, per non fare più del male.
Volevo morire se vivere comportava uccidere altri al mio posto. Mi ero arresa, Hiram..." sospiro. "Non ti ho raccontato del mio dolore, perché non avresti potuto capire cosa si prova a sapere di aver tolto la vita a qualcuno ed essere consapevole che il tuo futuro non è un futuro... ma solo morte. Non potevo raccontarti tutto questo, non dovevi sapere di quanto orrore ho visto, di quanto orrore ho fatto." Asciuga una lacrima che, leggera come il vento, percorre lentamente il mio viso.
"Sei forte, Viktoriya... lo sei sempre stata!" afferma convinto.
"No, Hiram, non lo sono. Ero una brava agente, lo sono dovuta diventare, dovevo se volevo rendere Ermak libero. Ero davvero brava, rispettosa delle regole... ma ero completamente rotta." Sospiro. "Sapevo che mi mancava tutto... l'amore, l'affetto, ma soprattutto sapevo di aver rovinato la vita di troppe persone. Non faccio altro che ripetermelo da mesi interi... Io sono rotta, Hiram. Sono rotta dentro, sono guasta. C'è qualcosa che non va in me. E ci sarà sempre questa parte di me, sarò sempre un po' guasta... è quello che mi merito per aver rotto tutti gli altri." Hiram strizza gli occhi come se non fosse d'accordo con le mie parole. Mi attira a sé e il calore della sua pelle mi fa sentire viva.
"Non sei guasta, è la Sebak che ti ha spezzata in due. Ti ha distrutta, ma adesso puoi ricominciare. Adesso puoi iniziare a fare del bene e mettere un punto a questo capitolo della tua vita. Puoi ricominciare, Viktoriya! Sarà difficile, ma io sarò al tuo fianco." Preme dolcemente le sue labbra sui miei occhi chiusi, chiusi perché tenerli aperti sarebbe impossibile. Con estrema delicatezza bacia le piccole lacrime che percorrono la gote. "Non sei guasta! E se lo sei, se è così che ti senti, se pensi che tu possa esserlo davvero, allora lascia che sia io ad aggiustarti. Che sia io a rimettere insieme i pezzi. Lascia che sia io ad aiutarti... lascia che per una volta ci sia qualcuno a prendersi cura di te." Il suo respiro caldo mi regala piccoli brividi di piacere, mi regala pace. Hiram, Hiram è la mia pace.
Ma non potrò mai guarire dalla Sebak. Conrad e le sue regole si insinuano dentro di te, scavano fino in fondo, ti derubano di ogni felicità e spezzano ogni briciolo di speranza.
Scovano le tue paure e le annientano, scovano i tuoi affetti e li annientano, scovano le tue debolezze e le giocano a loro favore... la Sebak ti uccide. La Sebak mi ha ucciso. Ed ho paura che stia uccidendo anche Ermak.
Ha detto che ci serve un piano, ha detto di averne uno, ma è da ore che non è torna a casa per dirci davvero di cosa si tratta.
Ed io spero davvero che ne abbia uno, che sappia cosa fare... perché non ho più la forza di pensarne uno.
"Voglio solo che tutto questo finisca. E voglio sentirmi normale per qualche minuto ancora."
"Possiamo essere normalissimi esseri umani anche per il resto della vita. E' sempre stato il mio sogno essere un ragazzo normale."
"Stupido." Lo ammonisco con una pacca sulla spalla. La sua risata è il suono migliore al mondo.
E' il mio suono preferito.
"Adesso posso farlo, posso finalmente chiedertelo. Cosa significa questo tatuaggio?" indica la scritta che ho sul seno che si intravede dalla canotta bianca. "E quello dietro la schiena?" chiede dolce. E per la prima volta non ho alcuna paura di raccontare la loro storia.
"Qui c'è scritto "вакуум"... significa "vuoto" in russo. L'ho tatuato dopo la mia prima missione. Perché è così che mi sentivo." Dico, indicando la scritta sopra il seno sinistro. Hiram annuisce. Non prova ad infierire, non fa altre domande. "Quello sulla schiena sono dei semplici fiori senza petali. Ogni cinque missioni andavo dal mio tatuatore di fiducia, Jago, e mi facevo tatuare una Malva con l'ultimo petalo che sta per staccarsi. Quattro erano i petali già caduti così come quattro erano le missioni già completate con i rispettivi morti... l'ultimo petalo, quello che stava per staccarsi, era la missione che avrei compiuto il giorno seguente." mi schiarisco la voce. "So che questo non è come andare ad un funerale, chiedere scusa o riportarli in vita... ma era un modo per non dimenticarmi di nessuno di loro. Su ogni petalo c'è una piccola iniziare, a volte anche due o tre, a seconda delle persone morte in quella missione." Hiram mi accarezza il viso dolcemente e per la prima volta ho finalmente raccontato cosa significano per me questi tatuaggio, per la prima volta ho ammesso a me stessa ogni cosa."Vedi, Viktoriya? Sei meno cattiva di quello che pensi. Sono bellissimi... Tristi, ma bellissimi. Grazie per avermelo raccontato." Poggia leggero le sue labbra sulle mie e per un secondo credo di essere in paradiso. "Parlami in russo adesso..." sussurra sulla mia pelle.
"Я до сих пор чувствую любовь... радость, боль. Только благодаря тебе." Mi fissa per qualche secondo, con gli occhi più dolci del mondo e con un piccolo sorrisino stampato sul viso.
"Hai detto un sacco di parolacce, ammettilo." Insinua divertito.
Ridacchio, ma poi torno seria. Perché per la prima volta ho ammesso tutto quello che la Sebak aveva cancellato dalla mia anima.
Per la prima volta, ho ammesso di essere tornata viva.
"Sento ancora l'amore... la gioia, il dolore. E solo grazie a te!" sussurro.
Ma adesso è arrivato il momento di rialzarsi.
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LIES
ActionSono Viktoriya Volkov e sono nata in Russia. Ho ventiquattro anni ed ho ucciso più persone di quanto un solo terrorista potrebbe uccidere in un solo attentato. Sono Viktorya, e sono un sicario. Faccio parte della Sebak, un'organizzazione all'apparen...