CAPITOLO 22

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«Se credi che non ci sia speranza, farai in modo che non esista alcuna speranza. Se credi che ci sia un istinto verso la libertà, farai in modo che le cose possano cambiare ed è possibile che tu possa contribuire a creare un mondo migliore.»
( Noam Chomsky)

Il slenzio non mi è mai sembrato così assordante.
Il silenzio non mi è mai sembrato così doloroso.
Il silenzio non mi ha mai fatto così tanta paura.

Nel silenzio continuo a risentire il rumore degli spari.
Nel silenzio continuo a risentire la voce spezzata di Hiram.
Nel silenzio continuo a risentire i miei passi quando finalmente vado via dalla sua vita.
Ho sempre creduto che liberarmi dalla Sebak mi avrebbe finalmente reso libera, ma non è vero.
Sarò sempre legata a tutte le vittime innocenti, a tutti gli inganni e le urla che ho ascoltato. Tutte le urla che ho provocato.
Sarò sempre legata al viso di Hiram e al suo dolore, sarò per sempre legata a quello che ho fatto e quello che gli altri hanno perso a causa mia.
Continuo a vagare per la casa, una casa che adesso non sembra più mia. In una città che non mi piace più. Con ancora i vestiti sporchi e con la voglia di far fuori Conrad.
Ho impresso nella mia testa il viso di Ermak. Il suo sguardo vuoto, la sua freddezza, la sua umanità persa.
Ho fatto di tutto affinché ciò non accadesse, ma Conrad ci è riuscito. Conrad ce l'ha fatta comunque. L'ha reso insensibile, l'ha reso uguale a me.

La notizia della morte di Derrick ha fatto subito il giro dei giornali, dei tg, siti web. In meno di 24 ore, tutti hanno saputo cos'era successo. Poche informazioni sul luogo, i motivi, la vicenda. Ma abbastanza da far commuovere tutti, eccetto chi per anni ha dovuto pagargli delle estorsioni.
I funerali si terranno oggi, esattamente tra un'ora.
Ed è da ieri sera che mi tormento.
Sono stesa su questo letto chiedendomi cosa farne della mia nuova vita da persona "libera".
Cerco di trovare dei motivi che possano alleggerire la situazione, che mi facciano pensare che non è stato tutto vano, cerco di ripulire la mia coscienza ma non serve a nulla.
Essere me può solo significare sentirsi in gabbia.
Sono libera dalla Sebak, ma in gabbia nella mia mente.
Non ne uscirò più da questi pensieri. Non mi lasceranno più andare via.
I volti impauriti, le case bruciate, le vite perse... mi perseguiteranno per sempre.

Il cellulare vibra all'ennesimo messaggio da parte di Elena.
Avrei dovuto lasciar perdere, non avere rapporti. Sarebbe stato tutto più semplice.
Adesso mi chiede se ci incontreremo prima del funerale, ma non posso dirle che Derrick è morto a causa mia, non posso dirle che Hiram mi ammazzerebbe se mi presentassi lì.
Ma non posso più ignorarla.
E' una brava persona, una vera amica, e merita che io le dica addio. Andrò via, non so esattamente dove, ma andrò via.
Troverò un modo per smascherare Conrad e se questo implicherà il dover andare io stessa dietro le sbarre, non mi importa. Non sarà mai peggio di quello che vivo nella mia testa.
Ma, per adesso, devo salutare l'unica amica vera che io abbia mai avuto. L'unica persona del mio stesso sesso di cui mi sia mai fidata.
Non sarà nulla di sdolcinato, non mi si addice, ma merita ugualmente un saluto.
Ho anche scritto una lettera per Hiram, ma non gliela darò di persona. So perfettamente quanto mi odia in questo momento, lo conosco benissimo quel sentimento.
E' lo stesso che provo per me stessa dal giorno in cui ho messo piede alla Sebak.
Non so se un giorno vorrà mai leggerla, ma devo comunque provarci. E lascerò che sia Elena a consegnargliela.
Poi andrò via.

Indosso una maglia pulita, dei jeans usati e i soliti stivaletti. Afferro la borsa, con dentro la lettera, e un sacco con il minimo indispensabile.
Non voglio portarmi dietro niente di questo posto. Niente che mi ricordi Conrad, niente che mi ricordi la Sebak. Non voglio portarmi dietro nulla di questa vita.
Ho già tutto impresso nella testa, lo rivivo già ogni giorno nei miei sogni, nei miei pensieri.
Passerò il resto dei miei giorni ad escogitare un piano che possa finalmente far fuori la Sebak, ma non voglio nulla con me che provenga da quel posto.
Nulla.

**
Il viaggio in macchina per raggiungere Elena non è stato come me lo aspettavo.
Non ho pianto, non ho urlato, non tremavo neanche più, è che sono semplicemente terrorizzata. Per la prima volta, nella mia vita, sto provando delle sensazioni vere.
Per anni la Sebak mi ha privato delle mie stesse emozioni, dei miei stessi pensieri e desideri.
Per anni, la Sebak, ha deciso cosa dovessi provare: niente.
E questo è solo colpa di Conrad. E colpa dei miei genitori, e delle loro pessime scelte.

"Syd, tesoro..." Elena arriva avvolta da un tubino nero e si piazza davanti la mia figura, per niente in grado di reggere il suo confronto. "Vieni qui." Dice, per poi avvolgermi in un caldo abbraccio. Poggio il capo sul sulla sua spalla e per qualche secondo tutto mi sembra un po' più tranquillo, o almeno il mio cuore smette di correre all'impazzata.
Tra le sue braccia tiro un sospiro di sollievo e le lacrime non versate in auto, cadono adesso.
La Sebak mi avrà pur ucciso dentro, ma con Hiram i miei sentimenti sono rinati.

"Il mio nome non è Sydney." Sussurro tra le sue braccia per poi staccarmi.
Non avrebbe senso attendere ancora, non avrebbe senso insistere, non avrebbe più senso far dal male a delle persone che non lo meritano minimamente.
Elena mi scruta attenta, ma la sua reazione è più calma di ciò che mi aspettassi.

"Cosa intendi?" chiede perplessa. Ma non le racconterò nulla, non tutto almeno. Se vorrà, sarà Hiram a farlo. E se verranno a cercarmi per uccidermi, che facciano pure.
Tiro dalla borsa una lettera e gliela metto tra le mani. Elena sembra essere spaesata e completamente sconvolta, ma ha comunque la lucidità di tenerla stretta e di nasconderla nel cappotto.

"Portala ad Hiram. E' l'unico favore che ti abbia mai chiesto, ti prego... dimmi che lo farai."

"Certo che lo farò, ma dovrai dirmi più del "Il mio nome non è Sydney" se vuoi essere certa che non la leggerò anch'io." La voce dura, lo sguardo duro.
Sei sempre stata troppo buona Elena, e troppo poco brava a mentire.
Non la leggeresti neanche se l'aprissi davanti ai tuoi occhi. Ma non posso dirti questo, non posso raccontarti tutto. Non posso dirti che ti conoscevo ancor prima che ci conoscessimo.
Ma ti ho voluta bene, Elena.
In un'altra vita mi sarei seduta sulla panchina qui accanto, ti avrei stretto le mani e ti avrei confessato tutto. Ti avrei detto quanto io possa essere senza cuore, cattiva, egoista e impaziente. Tu forse avresti capito, ma avresti avuto paura di me. E sì, io sono troppo egoista. Troppo egoista per poterti lasciare come ultimo ricordo di Sydney una realtà così cruda.
Non voglio che tu abbia paura di me, Elena. Ti ho voluto davvero bene.
Mi asciugo in fretta una lacrima che riga il viso e il suo sguardo dolce mi da la forza di ammettere ciò che va detto.

"Non sono chi ho detto di essere. Non mi chiamo Sydney, non ho mai lavorato in una rivista. Vi ho mentito. Ti ho mentito... Sono una bugiarda, Elena. E ti prego, la prossima volta, corri via dalle persone come me!"

Mi volto ed entro in auto. Non aspetto che mi risponda, non mi riguardo indietro. Non faccio altro che... andare via. E' vero, ho mentito su tutto. Su ogni cosa, ma non ho mai mentito sul bene che le voglio, o sull'amore che provo per Hiram. Ma nessuno mi crederà mai.
Faccio retromarcia senza incrociare il suo viso, ma lei mi lascia andare. Non rincorre la mia auto, né prova a chiamarmi.
Sì, Elena, sei sempre stata troppo buona.

Imbocco l'autostrada per andar via da questa città maledetta, per andar via dalla città che mi ha distrutta. Dalla città dove ho incontrato per la prima volta l'amore, per la prima volta l'amicizia. Dalla città che mi ha portato via mio fratello. Dalla città che mi ha portato via tutto.

Vado via, sperando che tutti mi dimentichino, compreso Hiram. Ma ricordando io ogni singolo momento prezioso trascorso con lui.
Ricorderò tutto e un giorno, magari, sarò abbastanza forte da tornare. Magari con la soluzione giusta per mettere fine alla Sebak. Ma per adesso, per la prima volta, mi concedo di essere codarda. Mi concedo di sparire.
Per adesso, dico addio.

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