CAPITOLO 27 - (Fine - parte II)

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«Il compito era innamorarsi.»( Louise Glück, Averno, Prisma 14 )


"Sembrerebbe che nella notte un'esplosione abbia devastato la Sebak, una delle organizzazioni di spionaggio più famose negli Stati Uniti. Non si conosco ancora le dinamiche precise, ma a quanto pare sono dodici le morti accertate e riconosciute. Vi terremo aggiornati per ulteriori informazioni."
Dodici morti.
Sono dodici le persone morte in quell'edificio.
Faccio un respiro profondo, il mio cuore trema.

"È la quarta volta che lo ascolti, oggi, sette le volte che l'hai ascoltato ieri. Ed anche se continui imperterrita, non cambieranno le parole... tantomeno il numero dei morti. Puoi provare a rilassarti?" Hiram si siede al mio fianco e mi sfila gentilmente il tablet dalle mani che tremano ancora come due sere fa.
Dodici morti.
Hiram ha ragione, non faccio altro che ascoltare e riascoltare quelle parole perché vorrei essere convinta di essermi sbagliata.

"Hiram, John ed io abbiamo fatto e rifatto il conteggio delle persone che sarebbero potute essere presenti lì quella sera. Ne mancano tre. Cazzo, tre."

"Ripeterlo continuamente non cambierà le cose. Chiunque sia riuscito a scamparla, ammesso che ci sia davvero riuscito qualcuno, non potrà comunque essere Conrad... tantomeno Ermak. Erano troppo lontani, Viktoriya... non avrebbero avuto il tempo." La voce dolce di Elena mi tranquillizza, ma non cancella il problema. I suoi occhi dolci mi sorridono compassionevoli, sanno quanto i miei vorrebbero inondare di lacrime questa stanza.
Di tanto in tanto si volta verso la cucina, ossera Nick preparare la cena. Una normale sera con persone normali. Ecco, è questo quello a cui dovrei pensare.
Provo a rilassarmi, così come loro mi ripetono da due giorni... ma sono io ad aver commesso quell'omicidio. Così come tutti quelli precedenti. E sono io quella che potrebbe essere beccata. E sono sempre io quella che potrebbe aver fallito. Come possono esserci dei sopravvissuti? Com'è possibile? E chi sono, soprattutto?
Sospiro esasperata. Vorrei scomparire.

"Andrà tutto bene, ok?" sussurra Hiram ad un millimetro dal mio orecchio, ma io mi scosto poco dopo. Devo alzarmi. Devo camminare. Devo fare qualcosa che non sia pensare alla Sebak perché questa cosa mi sta mangiando viva.
Passeggio per casa, una nuova casa qui a Seattle. Una città dove l'inverno è davvero inverno. Freddo, come piace a me. E sebbene la casa sia solo una temporanea sistemazione, sembra essere il posto più bello del mondo solo perché lontano da Conrad. Ma i ricordi di tutto ciò che ho fatto non mi hanno abbandonato, né io abbandono loro, quelli sono sempre con me. Li rivivo ogni giorno davanti ai miei occhi ed ogni giorno mi maledico per quanto oltre mi sono spinta... per quanto dolore io abbia causato. E sono un'egoista, questo lo riconosco.
Sono un'egoista perché per sentirmi meglio con me stessa ho iniziato a credere di poter fare ancora del bene, di poter regalare ancora qualcosa di buono a questo mondo... e sono assetata dell'amore che provo per Hiram. Sono assetata di lui. Della sua dolcezza, della sua sincerità, della sua capacità di ascoltare... del suo amore.
"Devi stare tranquilla, d'accordo?"

"Non riesco a stare tranquilla, non riesco a convivere con l'idea che Conrad possa essere ancora vivo."

"E allora non pensarci! Brucia quest'idea!" la voce di Hiram si alza di qualche tono, ma resta pur sempre dolcissima.

"Come posso farlo, Hiram? Come posso ignorare che un mostro è a piede liber..." mi interrompo, perché anche io sono un mostro a piede libero. Solo un mostro farebbe ciò che io ho avuto il coraggio di fare.
Hiram lo sa. Elena anche.
Provano a rincuorarmi con i loro dolci sguardi, ma nessuno prova a dirmi che mi sbaglio. Nessuno riuscirebbe effettivamente a farlo.
Sono un mostro, e sto imparando a conviverci.

"Hai fatto cose orribili, Viktoriya. Metà del mondo probabilmente ti sta maledicendo in questo momento pur non conoscendo il tuo nome. Non posso dirti che sono fiero di te per quello che hai fatto, ma posso dirti che so che sei una buona persona. Una buona persona che ha preso delle pessime scelte e che ha compiuto pessime azioni ma..." si alza e si incammina per afferrarmi dolcemente le mani. "Ma la vita ti sta offrendo una seconda opportunità. Una seconda opportunità per essere migliore, per fare del bene. Non sprecarla."
Qualche lacrima mi cornicia il viso e penso a quanti progetti ho in mente per aiutare quelle famiglie che ho distrutto e non solo. La Sebak mi ha dato milioni, milioni e milioni... troppi per una sola persona. 
Prendo un grande respiro mentre Hiram mi attira a sé. Mi tiene stretta tra le sue braccia e per qualche secondo quel turbinio di emozioni sembra placarsi.
"Devi smetterla, Viktoriya, ok? Ormai la Sebak è andata. E' finita. Sarà stato un semplice sbaglio di calcolo delle persone presenti e se così non fosse, Conrad resterebbe comunque tra i deceduti. Era troppo lontano. Anche tuo fratello, Vicky... erano troppo lontani. Lo sai anche tu." sussurra dolcemente. "E se, per assurdo, fossero vivi... cosa potrebbero mai fare da soli? Non sanno dove sei e nessuno dei loro "superiori" avrà ancora interesse nell'investire in un'organizzazione che per adesso non esiste. Non esiste, Viktoriya... non esiste più!" In quella che mi sembra un'eternità, riacquisto la mia calma. La mia lucidità. Hiram ha ragione. La Sebak non esiste più.
Mi soffermo sulle sue parole ed è così. La Sebak non esiste più.

"Non esiste più." E la consapevolezza di queste parole mi rattrista ma mi rende felice. La consapevolezza delle mie parole mi fa sorridere, ma al tempo stesso piangere. E così lo faccio, inizio a piangere ma sorridendo. E non perché io sia pazza ma perché è finita.
Conrad è finito.

"Non esiste più. amore mio. Adesso sei libera." sussurra tra i miei capelli mentre io mi lascio cullare nella sua stretta dolcissima.

Non esiste più.

E inizio a crederci davvero. A come sarà viverne senza. A come sarà senza dover più temere di incontrare lo sguardo delle mie vittime. Di non dover più aver vittime. Di non temere più della mia vita, né per quella di Ermak.
Ermak.
Il suo ricordo mi spezza il cuore.

"Possiamo farcela, Vicky, ma devi volerlo anche tu."

"Lo voglio!" lo interrompo immediatamente, senza neanche pensarci. "Lo voglio, Hiram. Voglio vivere una vita normale, voglio fare del bene ad altre persone. Voglio provare, per quanto possibile, a rimediare ai miei errori. Voglio ricordare ciò che ho fatto ma voglio andare avanti e lo voglio fare con te!"
Le sue labbra toccano leggere le mie e il mio cuore si scioglie.
Mi lascio andare alle sue carezze e quando sospira piano nella mia bocca mi ricordo di Elena. Ma non appena mi volto, la vedo da lontano in cucina, con un bicchiere di succo tra le mani e con il sorriso più bello del mondo (dopo quello di Hiram, è chiaro) rivolto verso Nick. Probabilmente è andata via mentre ero tra le braccia di Hiram senza neanche che me ne accorgessi.

"Hai fatto la scelta giusta." sussurra ancora.

Ho preso una scelta. Una scelta discutibile, una scelta che ha fatto male. Una scelta che non poteva essere diversa se volevo mettere K.O la Sebak. Non saprò mai se è effettivamente quella giusta, non so se le mie riflessioni siano state quelle più consone. Ma so che ho provato a migliorare le cose. So che sarò una persona migliore e so benissimo che questo non cancellerà mai tutto il male che ho fatto, tutto il dolore che ho causato... ma farò del mio meglio affinché tutti possano avere pace.
Niente più bugie, niente più segreti, niente più pistole, niente più cattiveria.
Chiudo gli occhi e ci rifletto ancora una volta.

"Ce l'hai fatta." sussurra.

Sorrido sul suo petto ripensando a quel giorno in cui l'ho incontrato per la prima volta. Il suo sguardo, il suo sorriso, la sua convinzione... mi aveva già stregata.
"Ce l'abbiamo fatta, Hiram."

Non saprò mai se la mia è stata la scelta più giusta del mondo, ma ho preso una scelta. E me ne assumerò le conseguenze. Magari non saprò mai se Conrad è ancora vivo, o magari sì.
Forse un giorno verrà a cercami... o magari no.
Per adesso, ce l'ho fatta.

"Ce l'abbiamo fatta." sussurro ancora.

Addio, Ermak.

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