Capitolo III

31 1 0
                                    

"Hey!" riecco di nuovo quella voce,  così dolce che mi riporta alla realtà. Le mie pupille si mossero di scatto e girare il volto verso di lui, solo allora mi accorsi di essere ritornato di nuovo tra le nuvole;

"scusami", sussurrai, "non so cosa mi prende in questo periodo"

"a cosa stavi pensando?" era incredibile come il suo tono pacato e gentile sapeva arrivarmi alle orecchie e calmarmi, era come rumore di un passo attutito da un suolo di gommapiuma: lo percepivo ma ne ero tranquillizzato.

"Nulla, mi rilassavo" risposi timidamente con un leggero sorriso mentre spingevo le punte delle All Star l'una contro l'altra per poi raddrizzare i piedi, prima di giardarlo; l'espressione di Andrea cambiò' stirando le labbra in un bellissimo sorriso per poi farsi sfuggire una breve risata

"che succede?, perchè ridi?" chiesi stupito, alzando un pò la voce per la curiosità

ecco un'altra sua risata "nulla. vedi, è che..", fece qualche secondo di pausa accarezzandomi la guarcia con il dorso della mano, lentamente "..quando fai così c'è qualcosa che vuoi dirmi"

raddrizzai la schiena ancora più incuriosito e mi spinsi verso lo schienale di quella panchina dipinta di rosso fino a toccarlo coi lombi, ruotandomi col busto di lato, verso di lui sgranando gli occhi

"questo cosa?"

"bhè, ti osservo molto in tutto quello che fai ed ho notato che quando devi dirmi qualcosa spingi sempre le punte delle scarpe tra loro come se queste potessero ispirarti e suggerirti se dirmelo o no ed in che modo.. e comunque amo quando arrossisci" i suoi occhi si illuminarono ed il tramonto li fece brillare: essi, così belli, risaltavano ed erano eguali a quel capolavoro che l'acqua sapeva creare quando rifletteva il sole del crepuscolo sulle sue increspature; istintivamente appoggiai il palmo della mano alla guancia, sentendola più calda del solito. Alzai gli occhi ad incontrare i suoi in segno di stupore per poi riabbassarli lentamente, ritrovando il mio ginocchio

"che devi dirmi?" gli comparve un gran sorriso pii, subito dopo avermi posto la domanda, prese delicatamente il polso della mano che avevo ancora appoggiata alla guancia e me la mise sulla gamba, come per cercare di non farmi pensare di essere arrossito così visibilmente

"pensavo di andare a fare un'escursione in bicicletta nel weekend tutti assieme..", confessai, "..ma non so se l'idea potrebbe piacere a Vane. Sinceramente mi sembra più il tipo da discoteche e cinema"

le sue orecchie sembrarono farsi più dritte "sarebbe una magnifica idea! dove avevi pensato di andare?"

"in un posto che mia madre ha sempre chiamato le Valli. Ci andavamo parecchi anni fa, senza importarci del lungo viaggio che dovevamo fare in macchina. Ora siamo molto più vicini.."

"la trovo una splendida idea! bisogna dirlo agli altri, saranno felicissimi della novità" la sue espressione si fece più seria, come se stesse già pensando di organizzare tutto. Sbattè gli occhi ed una lieve brezza gli smosse i capelli, prima di ricominciare a parlare "potremmo pensare di andarci questl weekend, che ne dici? Sempre se gli altri possono, ovviamente"

"sì, certo. Penso che si possa fare, sentiamo cosa dicono e poi semmai organizziamo" nel mio volto era comparso un sorriso di soddisfazione e felicità: se tutto fosse andato come previsto, uno dei luoghi a me più cari sarebbe stato conosciuto da persone a me molto care e questo avrebbe finito per avvicinarmi ancora di più a loro, rendendo la nostra amicizia ancora più salda.

Andrea sfilò una sigaretta dal pacchetto e, dopo averla accesa, il fumo ci circondò per qualche secondo prima di essere spinto altrove dalla brezza e dissolversi, confuso, qualche spanna più avanti.  In alcuni momenti il venticello perdeva forza  e quella poca di luce di sole rimasta e oramai indebolita dall'imperversare della notte, faceva in modo che il fumo risultasse ai miei occhi come un filo che tendeva verso l'alto, attaccato dalla parte della sigaretta dove essa si stava consumando. Alcune altre volte la brezza, ancora troppo debole, faceva indirizzare quel filo di fumo verso le dita di Andrea come se volesse annodarle, poi tutto svaniva quando decideva di riportarsi il filtro alla bocca, facendo un nuovo tiro.

Stavamo parlando su quella panchina da ore ormai ma non sembrava che fosse passato tutto quel tempo: mi chiedevo se davvero il tempo non vi giocasse scherzi, accorciando i minuti e i secondi costringendoci a salutarci prima del previsto.

Ero avido di quelle serate. Guardavo l'ora sul cellulare ed ogni volta finivo con l'agitarmi ripensando a quanto poco tempo ci restava da passare insieme; ero come un bambino con un grosso sacchetto di caramelle che più ne mangia con ingordigia, più si dispera pensando a quando saranno terminate.

Così alla fine ci alzammo da quella panchina e, con calma, ci dirigemmo verso casa, per quella stradina stretta e sterrata in compagnia di una dorata luna piena che ci illuminava il cammino.

Come un fioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora