Avevo colto l'intervallo come un'opportunità per scendere al piano inferiore a fare le fotocopie degli ultimi argomenti di Filosofia, non avevo dimenticato il favore che dovevo a Vane; almeno quello, dopo quello che era successo quel giorno addietro, glielo dovevo.
Lasciai il trio in classe mentre i nostri compagni si affrettavano a dirigersi in cortile ed imboccai la scala secondaria per non rimanere intralciato dal gran numero di studenti che si accingevano a scendere per le solite rampe di scale.
“mi servirebbero le copie di queste ultime venti pagine” chiesi al bidello che sostava alla scrivania, intento a leggere un articolo di un quotidiano, alle mie parole quest'ultimo alzò lentamente gli occhi dal giornale e sbuffò rassegnato, alzandosi altrettanto lentamente dalla sedia
“mi devi pagare le fotocopie” mi rispose lui dopo avermi preso il quaderno e direzionandosi alla fotocopiatrice, alle sue spalle
“certo, non c'è problema” risposi io, gentilmente
aspettai pazientemente le fotocopie, quindi pagai e mi affrettai a salire le scale per raggiungere la classe.
Avevo intenzione di lasciarle sul banco di Vane, per poi dirigermi in cortile dove, probabilmente, mi attendevano tutti; misi gli spiccioli avanzati dentro la tasca della felpa e percorsi il breve tratto di corridoio ormai completamente deserto
“magari non si sarebbe invaghito di te se tu non lo avessi accarezzato ogni volta che gli stavi appresso” era la voce tesa di Vane; oramai nello stesso momento che avevo udito quella frase ero arrivato, senza volere, all'entrata della classe scoprendomi incapace di entrare o di dire qualcosa, era già fin troppo chiaro l'argomento della conversazione.
Nella stanza vi erano loro due, uno di fronte all'altro, appoggiati a due banchi posti in fondo alla classe; mi strinsi nelle spalle: quella discussione era nata solo ed esclusivamente a causa mia. Tra di noi non vi era mai stata una situazione di tensione, eravamo sempre andati d'accordo e, di certo, specialmente per questo motivo e conoscendo di essere io la causa di questo, non potevo affatto sentirmi di buon umore.
“non ce l'ho fatta a stare tanto distaccato, certo, ma se tu provassi solamente a pensare che se non gli fosse piaciuto avrebbe cercato di dirmelo, come il fatto che tu lo chiamavi “cucciolo” , capiresti che fin dall'inizio non gli è mai dispiaciuto. Non l'ho influenzato, ho lasciato scegliere a lui.” era la risposta secca di Andrea mentre si alzava dal banco e si dirigeva verso gli appendiabiti infondo alla classe
“Perché non lo chiedi direttamente a lui!?” chiese prontamente Vane, con tono arrogante
“non ti pare sia già abbastanza dispiaciuto per tutto questo?, non vedevi la sua espressione?”
le mie mani cominciarono a tremare, quella discussione stava degenerando in lite e questo non doveva accadere. Vane non capiva, quello che era arrivata al punto di dire in quel momento contrastava nettamente con quello che ci eravamo detti nella conversazione a casa sua; lei stessa disse che aveva intuito tutto da alcuni miei comportamenti, Andrea era una questione a parte.
Mi portai le fotocopie sulla mano sinistra e misi la destra in tasca, cercando di fermare il tremolio che invadeva il mio corpo, in preda all'agitazione, ma quest'ultimo mi giocò un brutto scherzo e, maldestramente, feci cadere, nell'infilare la mano nella tasca, una moneta che il bidello mi aveva reso di resto per le fotocopie. Essa, al contatto col pavimento procurò un tintinnio e rotolò di poco all'interno dell'aula. Rabbrividii, consapevole di ciò che ciò avrebbe causato.
Andrea e Vane si girarono di scatto e, non appena mi videro sul ciglio della porta, fecero un'espressione di stupore mista a tristezza: nei loro occhi potevo leggere il dispiacere che provavano nell'avermi dato la “possibilità” di ascoltare quelle frasi così aspre, consapevoli del fatto che queste ultime avrebbero reso la situazione ancora più difficile.
Il tintinnio della moneta aveva portato via ogni parola ed ogni voglia di controbattere, ora, a tutto ciò che dovevamo dirci, ci pensavano i nostri occhi e le nostre espressioni.
“Marko..” mi chiamò Andrea facendo un passo verso di me, dopo alcuni secondi di silenzio, con voce mortificata
“ho portato le fotocopie per Vane” risposi io tutto d'un fiato senza guardarli negli occhi, quindi appoggiai i fogli sul banco più vicino a me e me ne uscii fuori, dirigendomi velocemente ai bagni.
Non potevo assolutamente tollerare una simile situazione, non l'avrei mai neppure pensata.
Se la cosa non si fosse risolta, avrei dovuto parlare molto seriamente a Vane, la quale, probabilmente, non aveva ben chiaro di quanto io, forse per la prima volta in tutta la mia vita, fossi sicuro delle mie azioni. Andrea era tutto quello che volevo, Vane era, e sarebbe stata, solo ed esclusivamente la mia migliore amica.
Mi appoggiai con i palmi delle mani a quel lavandino dove, mesi prima, avevo subito le prepotenze di Bill e pensai a quanto fosse incredibile il fatto che, senza rendersene conto, quest'ultimo avesse perfettamente capito che tra me ed Andrea sarebbe nato qualcosa.
“Posso?” era la voce preoccupata e bassa di Andrea, alzai la testa per guardarlo, facendogli capire la mia risposta dagli occhi; entrò lentamente senza dire una parola quindi mi abbracciò accarezzandomi i capelli, dolcemente. Chiusi gli occhi ascoltando il suo respiro
“mi dispiace”, mi sussurrò lui ad un tratto, “non pensavo saresti tornato in classe” mi spiegò
“avrei dovuto avvisarvi della mia presenza” ammisi io
“sei rimasto spiazzato, ti capisco. Non è di certo colpa tua” mi rispose lui sciogliendo l'abbraccio per poi guardarmi negli occhi
“dobbiamo risolvere la situazione, dobbiamo rimanere uniti” gli dissi con gli occhi fissi al suo collo che emanava quel delicato profumo della sua pelle
“lo resteremo, è solo un piccolo intoppo. Vane capirà” mi rincuorò lui, sorridendomi per farmi passare la tensione, ricambiai.
Le mie preoccupazioni sembravano affievolirsi sempre di più fino a scomparire, Andrea mi aveva sempre detto la verità ed aveva sempre avuto ragione su tutto, perché non avrei dovuto fidarmi ancora una volta? Sarebbe stata una decisione alquanto insensata.
Restammo a guardarci senza proferir parola, mentre un leggero gorgoglio dell'acqua nelle tubature invadeva il luogo, poi lui mi appoggiò il palmo alla base del collo e i suoi occhi si fissarono sulle mie labbra. Mi avvicinai lentamente alle sue, socchiudendo gli occhi e la sua mano si spostò sul retro del mio collo, prima di iniziare a baciarmi, con voglia. Portai una mano al suo fianco, accorciando ancora di più lo spazio tra lui e me, ricambiando i suoi baci con passione
“sei sicuro di desiderare me?” mi sussurrò lui all'orecchio dopo aver interrotto i baci
“è forse l' unica cosa di cui mi sento estremamente convinto” gli sussurrai io
a quella frase, si spostò con le labbra sul mio collo ed iniziò a baciarlo, facendomi sentire appena gli incisivi: le mie orecchie cominciarono a ribollire, il mio respiro ad accelerare. Portai una mano alla sua nuca, spingendogli la testa ancora di più sul mio collo, invitandolo a non smettere mentre portavo la testa leggermente indietro; sentii la sua mano sfiorarmi tra le gambe per poi rallentare i baci prima di prendere fiato per parlarmi
“hai un forte debole per il collo, eh?” mi sussurrò, sentendo il suo respiro caldo sfiorarmi la pelle,
cercai di regolarizzare il respiro, quindi lo guardai negli occhi avvampando, senza riuscire a dire una parola
“è tutto okay” riuscii a dire io, dopo qualche momento di silenzio
“per ora sì”, rispose sorridendomi lui, “ma sarà meglio entrare in classe, la ricreazione è quasi finita”.
La campanella suonò non appena facemmo ingresso in aula ed un'altra ora di lezione cominciò.
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Come un fiore
RomanceL' amore è un sentimento così straordinario da travolgerci in pieno quando meno ce lo aspettiamo. Rimaniamo ammutoliti con un'enorme espressione da ebete stampata in faccia ma non ci interessa: abbiamo smesso di fregarcene dell'esterno. Ma cosa su...