Capitolo XIV

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“Marko! Svegliati, è tardi!”.

Me ne stavo sul letto, raggomitolato sotto la trapunta, mentre sognavo di avere Andrea davanti a me, disteso su un prato di campagna: quella spiga, tenuta tra le sue labbra, veniva smossa da un leggero venticello che sembrava estivo; non portava nessuna maglia ma solo un paio di jeans piuttosto corti. La sua pelle presentava una leggera abbronzatura omogenea e la cinta dei pantaloni arrivava malapena a coprire la sua intimità. Sembrava quasi che lui non mi potesse vedere e che la mia mano, che aveva preso ad accarezzargli il petto, fosse inesistente. Era assolutamente assorto, con gli occhi chiusi e un leggero sorriso sulle labbra, come se stesse pensando a qualcosa di meraviglioso che lo faceva sentire come in paradiso.

“Markooo!”  riecco ancora quella voce che arrivava alle mie orecchie come emessa in lontananza, Andrea sembrò non udirla.

Inaspettatamente una mano mi afferrò il polso ed il sogno terminò: aprii allora gli occhi, riprendendo il mio contatto con la realtà, vedendo mia madre intenta a svegliarmi

“'è tardi!” mi disse mentre teneva il polso del mio braccio destro nella presa della sua mano per farmi alzare, scossi la testa come per svegliarmi del tutto

“che ora è?” chiesi, allarmato

“sei in ritardo di cinque minuti abbondanti” mi informò lei, lasciandomi il braccio e guardando la mia mano. Abbassai lo sguardo per vedere cosa sembrava aver preso per un secondo la sua attenzione: l'anello argenteo risplendeva attorno il mio dito. Gelai portando velocemente la mano sul bordo del materasso per alzarmi, cercando di apparire tranquillo.

“Cazzo!” mi sgridai nei pensieri, mentre infilavo le ciabatte per non venire a contatto col pavimento freddo.

“Che materie hai a scuola oggi?” la sua domanda era così tranquilla e disinvolta che riuscì a mettermi nell'incertezza, potevo aver mal interpretato una sua azione? Poteva essere, ossessionato come ero per la palese paura che lei venisse a scoprire il mio segreto, probabilmente risultava normale avere questi problemi

“algebra, educazione fisica ed italiano” risposi sorridendole, cercando si scovare un segnale nel suo sguardo che poteva farmi comprendere di aver intuito qualcosa a proposito del gingillo che avvolgeva il mio dito

“ti prendo la tuta da ginnastica dal cassettone allora, così ti agevolo un po'. Chissà che riusciamo a recuperare i cinque minuti di ritardo”

“volentieri, grazie mamma” terminai, mentre mi affrettavo a raggiungere il bagno per lavarmi il viso. “Mi sbagliavo, non se n'è nemmeno accorta” pensai, tirando un sospiro di sollievo; era stato un inizio tosto, ma almeno potevo affermare di sentirmi sveglio del tutto e di essere pronto per affrontare l'ennesima giornata di scuola.

Non appena ritornai in camera, dopo una veloce colazione e dopo essermi lavato i denti, trovai la tracolla pronta e la tuta da ginnastica ripiegata vicino un sacchettino che conteneva le scarpe, obbligatorie per mantener pulito il suolo della palestra; raccolsi tutto e mi diressi in ingresso, infilandomi il cappotto per poi aprire la porta, salutando mia madre e ringraziandola di quanto aveva fatto

“ci sei a pranzo?” chiesi incuriosito

“non penso tesoro, in ogni caso hai il cibo in frigo” mi disse lei, quasi mortificata

“tranquilla mamma non c'è problema” la rincuorai io, rivolgendole un cenno di saluto. La porta si chiuse alle mie spalle e mi affrettai ad incamminarmi.

Arrivai all'ingresso della classe non appena sentii la professoressa pronunciare il mio cognome dal registro di classe, intenta a far l'appello come ogni mattina. Avevo fatto la strada da solo, Andrea e gli altri avevano proseguito vedendo che tardavo ad arrivare ed ora sedevano lì, in quella classe, guardandomi con un sorriso, felici del mio arrivo

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