Capitolo XVII

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Le vacanze erano iniziate fin troppo naturalmente: un minuto prima tutti gli studenti della scuola avevano preso a fremere, attendendo che, quella campanella, annunciasse la fine della giornata e, quindi, l'inizio del nostro periodo di ozio poi, al suo scadere, si scatenò il delirio e la gran massa di studenti cominciarono a vagare per i corridoi cantando ed urlando a squarciagola, scambiarsi saluti e scherzando con capellini di Natale luccicanti.

Avevamo aspettato quel momento da parecchi giorni ed ora, sembrava così tutto irreale: era davvero vacanza? Non potevo crederci da quanto lo desideravo.

Guardai Andrea e gli sorrisi

“che diavolo stiamo aspettando?!”, chiese Vanessa quasi urlando dalla felicità, “suvvia! Andiamocene, è vacanza ora!” i palmi delle sue mani si appoggiarono uno sulla mia schiena e l'altro su quella di Andrea, facendo forza per spingerci fuori dall'aula

“meglio assecondarla prima che si esalti troppo” ci suggerì sghignazzando il fratello, raccogliendo le nostre due tracolle, prima di iniziare a farci largo tra gli altri studenti, visibilmente euforici.

I professori sembrarono dileguarsi, raggiungendo la sala insegnanti, ed il clima festivo si fece maggiormente intenso

“mi sa che il chiedere “permesso” non serva per passare” affermò Stè, iniziando ad aprirci la strada spingendo la folla impazzita: lo seguimmo a ruota, cercando di stare il più possibile uniti. Appena fummo fuori, il freddo sembrò aggredirmi con mille e più spilli infilzati sul viso e sentii la necessità di alzare il colletto del giaccone: tutto intorno sembrava esser andato finalmente in letargo. Gli alberi, ormai spogli, sembravano voler chiedere soccorso al cielo affinché potesse riscaldarli quel tanto che bastava da non soffrire più il gelo, i nostri respiri caldi uscivano dalla nostra bocca sotto forma di vapore ed i nostri nasi cominciarono prima a raffreddarsi, poi a divenire arrossati

“sembrava che non volesse mai arrivare” pensai io, a voce alta, senza accorgermene

Andrea mi guardò, stringendomi a se per il busto “è la magia delle stagioni: non si sa mai quando arrivano effettivamente, in tutti i loro aspetti” spiegò, appena fummo fuori dal cancello

guardai il cielo, quasi bianco e mi strinsi nelle spalle: tutto attorno a me era così estremamente puntiglioso e burbero, se il mio umore fosse stato quello che avevo all'inizio della scuola probabilmente mi sarei sentito estremamente solo, ma la mano di Andrea mi stringeva forte e seppi di non esserlo.

Vane e Stè, che si erano trattenuti qualche attimo prima con l'insegnante di italiano incrociato al momento dell'uscita dall'istituto, ci raggiunsero soddisfatti ed, insieme, imboccammo la strada di casa

“qualcosa mi dice che non toccherò un solo libro fino alla fine delle vacanze” annunciò trionfante Stè

“penso che nessuno lo farà” risposero in coro Andrea e Vane, divertiti

“a questo punto direi che qualcuno deve dire qualcosa a qualcun altro” disse Stè con voce orgogliosa, guardando prima Andrea e poi me

“di cosa parli?” chiesi io divertito, credendo si riferisse al nostro, già avvenuto, scambio di anelli

Andrea abbassò il capo, nascondendo un sorriso di soddisfazione, quindi tornò a guardarmi negli occhi, stringendomi di più a sé: lo guardai incuriosito, chiedendomi se c'era qualcosa di cui dovevo esserne a conoscenza

“glielo vuoi dire sì o no?” questa volta era Vane, con voce quasi seccata, guardando Andrea mentre sfregava le sue mani tra loro, nel vano tentativo di riscaldarle

“forse” rispose lui con un ghigno di soddisfazione

la mia espressione si fece ancora più incuriosita e ci fu un attimo di silenzio prima che lui riprese a parlare

Come un fioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora