Capitolo II

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Sembrava che non avessi svincoli, che il mio futuro avesse paura di cambiare la mia vita: era una situazione difficile. A mano a mano che il tempo passava acquisivo sempre più odio verso l'istituto scolastico che, fino a quel momento, mi aveva unicamente reso infelice e nervoso. Nonostante questo, avevo deciso di non chiedere aiuto a nessuno, i professori erano spesso all'oscuro degli episodi che succedevano dentro all'edificio.

Un giorno, però, feci come al solito ingresso a scuola con il mio zaino e notai movimento in corridoio: un brusio invadeva densamente tutto il piano e, camminando in direzione della mia classe, decisi di capirne qualcosa in più: vidi il professore di filosofia dirigersi frettolosamente in presidenza senza preoccuparsi un granchè di far zittire gli studenti; a quel punto un ronzio di bisbigli mi travolse e capii che stavano parlando di me.  Quelle bizzarre occhiate mi confondevano la mente lasciandomi spiazzato, non ero preparato ad una simile situazione, non mi era mai capitato. Come avrei dovuto comportarmi in un momento dove sembrava che tutti si fossero accorti della mia presenza? decisi di posare lo zaino in classe cercando di apparire più calmo possibile e, proprio in quel momento, mi accorsi che lo svociare si stava facendo più intenso.  Appena varcai l'inglesso dell'aula il mio cuore ebbe un sussulto e sembrò arrestarsi per qualche secondo prima di riprendere a battere in modo irregolare.

Lasciai cadere a terra lo zaino e le gambe mi si afflosciarono, non riuscendo a credere ai miei occhi: i due ragazzi e la ragazza di fronte a me alzarono lo sguardo ed esplosero di felicità mista a stupore.

Una lacrima silenziosa scese lungo la mia gota e corsi incontro a quegli amici  che avevo pensato, fino a quel momento, di aver perso come tutto il resto della vecchia città.  Andrea e Stefano allargarono le braccia e mi strinsero senza proferir parola finchè non sentimmo di nuovo il bisogno di rivere i nostri volti.

"Non abbiamo mai avuto la possibilità di conoscerci noi due", mi fece notare la ragazza, "sono Vanessa, la sorella di Stefano. Molto piacere!"  la sua voce, pacata e gentile, mi riportò al presente senza fastidi; i suoi capelli erano neri e lisci lunghi fino al seno, indossava una maglietta nera che ricadeva leggermente troppo stretta sul suo fisico snello e asciutto, mettendone ancora più i  evidenza le curve. I suoi occhi, truccati alla perfezione,  erano di un azzurro talmente bello da sembrare quasi innaturale e le sue labbra, carnose al punto giusto, si stendevano in sorrisi furbi ma graziosi: era davvero un bella ragazza.

"Piacere mio, Vanessa" la mia voce risultava smossa e dovetti fare un grosso sforzo per mantenerla più calma possibile

"ah, chiamami Vane", sorrise, " Stefano mi aveva parlato molto di te ma purtroppo non abbiamo mai avuto il caso di vonoscerci e di uscire tutti quanti"

"fino ad ora", intervenne prontamente Andrea, "che bella fortuna ritrovarci di nuovo tutti qui, in questa scuola!". Avrei voluto saperne di più a proposito il loro trasloco ma ero troppo preso dall'enfasi per soffermarmi, non potevo immaginare che il motivo mi sarebbe stato ignaro per molto più tempo rispetto a quello che avrei creduto.

Alcuni attimi dopo ci ricordammo di essere in aula e ci voltammo verso i nostri compagni di classe ormai intenti a scrutarci

"non sono granchè simpatici, vero?" mi sussurrò Vanessa

annuii lentamente per non dare tanto sull'occhio "no, affatto" risposi.

Successivamente entrarono il preside e il professore che ordinarono a tutti di sedersi al proprio posto per assistere alla presentazione dei nuovi arrivati; Stefano si sedette sul banco di fianco al mio mentre Vanessa ed Andrea furono sistemati nella fila da due di fianco a noi

"non si chiacchera, eh!" ci ricordò il baffuto preside facendoci l'occhillino proIma di lasciare la classe,  dirigendosi speditamentente nel suo piccolo ufficio e tuffandosi nelle scartoffie.

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