Capitolo XI -Brezza Salmastra-

24 1 0
                                    

Me ne sostavo fuori dall'edificio scolastico, dopo una giornata di scuola a dir poco intensa. Alla terza ora avevamo avuto l'esito dei compiti di Filosofia, contento del fatto di aver avuto un sette e mezzo.

Trattenevo la tracolla tra le gambe, appoggiato al muretto d'ingresso ed attendendo Andrea; oramai Vane e Stè si erano incamminati verso casa.

“aspettami qui” mi aveva detto lui, scomparendo tra la folla di studenti con  passo deciso e rapido; avevo annuito chiedendomi che fosse successo: probabilmente aveva dimenticato qualcosa in classe.

I gruppetti di studenti cominciarono a muoversi lentamente verso di me, chiaccherando tra loro e, ben presto, si allontanarono dall'edificio dirigendosi verso le proprie case, con loro finì anche il vociare dandomi la possibilità di concentrarmi al meglio sui miei pensieri.

Accesi una sigaretta ed appoggiai la suola della scarpa al muretto sul quale mi ero appoggiato con la schiena, aspettando il mio angelo: ammiravo gli alberi così ormai tremendamente spogli nonostante le temperature abbastanza calde di quel periodo, sembrava proprio che l'inverno non volesse mai giungervi completamente. Che fine aveva fatto quel gelo degli anni scorsi? Quell'atmosfera pre-natalizia che si poteva sentire nell'odore dell'aria?  Sembrava che anche il mondo circostante potesse sentire il mio cuore che traboccava di gioia e non volesse quasi dare il via all'inverno.

Ed ecco che, al termine di questa riflessione, i miei occhi videro lui dirigersi a passo spedito verso di me lungo quel cortile esterno; non ho parole per esprimere quanto il suo passo fosse aggraziato, sembrava che i suoi piedi non toccassero nemmeno il suolo. A mano a mano che si avvicinava notai che il suo volto sembrava illuminarsi pian piano con uno di quei suoi splendidi sorrisi dolci, poi quando fu vicino ci abbracciammo, sentendo le sue labbra sfiorarmi il collo

“che cosa era successo?” chiesi io, curioso

“telefona a tua madre”, mi rispose lui con gli occhi che brillavano, “oggi non torni a mangiare”

sgranai gli occhi in segno di sorpresa “cosa? Perché?” chiesi io sorridendo

“ti porto in un posto” ammise lui  prendendomi per mano ed iniziando ad accarezzarne il palmo.

Obbedii, dando a mia madre una motivazione vaga promettendole che, al mio ritorno, avrebbe avuto una bella notizia riguardante il compito che avevo fatto in classe.

“Dove andiamo?” chiesi perso nei suoi occhi, non ebbi risposta.

Mi prese per mano e ci dirigemmo lungo la strada opposta di casa finché non giungemmo ad una fermata dell'autobus, a me sconosciuta, nei pressi di un negozio di articoli per animali; il sole oramai era nel pieno della sua forza e gente di tutte le età, chi per motivi di lavoro, chi per scuola e chi magari solo per passeggio, si ritrovava tutta assieme tra le vie più centrali, intenta a parlare, era come se tutti, d'un tratto, si fossero dimenticati che era ora di pranzo.

Andrea mi avvolse un braccio intorno ai fianchi, trattenendomi a se'

“è questo l' autobus che dobbiamo prendere” mi disse mentre le sue dita premevano contro il mio fianco, con delicatezza, come per accarezzarlo

“non l'ho mai preso qui, dove porta?” chiesi io cercando di ricavare qualche informazione per saziare, almeno in parte, la mia curiosità

“porta in un posto che non dimenticherai mai” mi rispose lui sorridendomi, inizialmente prendendo ad avvicinarsi per baciarmi ma bloccandosi subito dopo, divenuto di nuovo consapevole della moltitudine di gente che sostava attorno a noi, a quella fermata.

Il bus partì e, ben presto, ci lasciammo alle spalle tutti quei luoghi che facevano oramai parte della nostra vita; quanto era piccolo quel paese, non vi erano di certo enormi centri commerciali o grattacieli mozzafiato, ma era ormai diventato lo sfondo della mia vita, una vita che sembrava essere cominciata da poco ma destinata a durare oltre l'eternità. Non mi sarebbe servita New York per stare bene, né una villa enorme nella quale vivere, stavo già splendidamente bene così, in questa apparente semplicità. Andrea mi colmava a pieno, ero quindi arrivato a rendermi conto che tutto il resto diveniva superfluo, quasi privo di valore. Anche se fossimo vissuti in una fattoria, sarei stato talmente attratto da lui da concepirla come la più lussuosa reggia dell'intero Universo.

Come un fioreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora