Avevo sognato una miriade di volte i suoi baci, ma quando successe in quella camera, fin dal primo istante, mi resi conto che ogni cosa era differente da come la mia mente li aveva elaborati; nella realtà era tutto diverso.
Sentivo il suo corpo emanare sempre più calore, il suo respiro accarezzarmi il lato delle labbra ed i nostri cuori battere in sincronia, sempre più velocemente mentre mi spingeva con delicatezza a lui con la mano sul retro del collo. Avevo rinunciato nel cercare di smettere di tremare e deciso di concentrarmi a pieno su di lui e, in quel momento, capii che, solo in quell'istante, stavo vivendo il mio primo vero sogno.
“Mamma! Esco, ci vediamo a pranzo?” dicevo io quella mattina con voce squillante
“esci di già?”, mi chiese lei stupita, “sei in anticipo, manca mezzora alle sette e mezzo”
“lo so, lo so. Sono già pronto, vado da Andrea poi andiamo a scuola” la informai io pieno di enfasi
“credevo avessi visto male l' orario, come mai tutta questa emozione nell'andare a scuola?” mi chiese lei sorpresa
“niente. Mi sento in forma tutto qui” dissi io cercando di dare una risposta più banale possibile
“buon per te”, si limitò a dirmi lei, “mi dispiace, a pranzo non ci sono, Marko, però ti ho lasciato del tonno in frigo. Ok?”
“il tonno va benissimo. Buon lavoro, mamma” la salutai mentre mi allacciavo la giacca e prendevo la tracolla
“a sta sera” mi salutò lei con un sorriso poco convincente.
Chiusi la porta alle mie spalle e volai a casa di Andrea, fermandomi davanti alla porta d'ingresso per aspettarlo; mi immersi nella musica guardandomi intorno: un lieve strato di brina ricopriva gli arbusti davanti al cancello dell'abitazione, non si vedevano gente ne’ macchine passare: forse tutti stavano ancora dormendo. Iniziai a canticchiare dentro di me la prima canzone che mi venne in mente ed, in quel momento, sentii una mano sulla mia spalla: mi voltai e mi ritrovai di fronte a lui
“sono così silenzioso nell'uscire di casa?” mi chiese lui mentre gli occhi gli brillavano, felice di trovarmi lì
“ciao” dissi io senza parole, perdendomi nel suo sguardo
“ciao, ragazzo bellissimo” rispose lui prima di baciarmi dolcemente, ricambiai
“siamo in strada e davanti casa tua” gli feci notare io quando riprendemmo a guardarci negli occhi
“dov'è il problema?” chiese lui pacatamente dopo aver annuito
“..se i tuoi ti vedessero”
“lo sanno già, non temere. E se ci fosse stata gente per strada non l'avrei fatto, dato che avrebbero potuto conoscerti” mi spiegò lui, dopo avermi interrotto
“non penso che mia madre abbia una reazione esagerata sapendolo” spiegai io
“in ogni caso non è giusto che lo venga a sapere così, non ti pare?” mi disse lui accarezzandomi le labbra mentre avvampavo
“son d'accordo” gli risposi cercando di non fargli notare le mie guance rosse, come al solito, senza riuscirci.
Ci dirigemmo verso la strada di scuola
“ti devo raccontare una cosa che è successa” lo informai io dopo qualche minuto di silenzio
“dimmi tutto quello che vuoi” rispose prontamente mentre mi stringeva a lui per il busto
“prima di dirti tutto quello che provavo per te andai da Vane per sfogarmi e cercare di capire tutto meglio”
“da Vane?” chiese lui mordendosi il labbro per non sorridere
“andai a casa sua di mattina quando potevamo parlare da soli, mi fece accomodare in camera sua e prima che io iniziassi a spiegarle la motivazione del nostro incontro, mi interruppe dicendo che anche lei mi doveva dire qualcosa”
“ti ha detto che le piaci immagino” disse lui normalmente mentre si accingeva ad accendersi una sigaretta
“perché sono sempre io all'oscuro di tutto?” chiesi io con un tono leggermente rassegnato
“non è colpa tua, tra me e Vane ultimamente c'era una specie di battaglia. Vedi, entrambi volevamo la stessa persona; lei, un giorno mentre tu stavi a casa a studiare, mi disse che dovevo lasciarti stare e fece una scenata di gelosia. Cominciò a dirmi che tu eri sempre con me e che non aveva mai la possibilità di uscire con te; da li capii che provava qualcosa di più che una normale amicizia. Mi disse che dovevo lasciarti stare e che tu non eri come me”
“e tu non le dicesti nulla?” chiesi io spalancando gli occhi
“le risposi che io frequentavo te come amico e che, addirittura, non pensavo che tu sapessi nemmeno della mia omosessualità” ammise lui sorridendomi
“non sei affatto stato sleale, hai lasciato decidere a me” lo rincuorai
“esatto, quindi è per questo che se anche lei reagirà male alla notizia di noi due, io non avrò di che rimpiangermi”.
Mi sciolse l'abbraccio non appena fummo nei pressi di casa mia prendendo ad avere un'aria più compassata, ogni suo più piccolo movimento era pensato al fine di rendermi più a mio agio e proteggermi da qualsiasi cosa, con lui mi sentivo al sicuro in ogni momento.
Ed ecco che, tra le prime persone che cominciavano ad uscire di casa, in lontananza, davanti alla loro abitazione, avvistammo le sagome di Vane e del fratello che, come di consueto, aspettavano il nostro arrivo.
“buon giorno” salutammo in coro io ed Andrea, con un sorriso
“speriamo lo sia realmente”, disse Stè salutandoci, “oggi, a quanto pare, ci consegneranno i compiti di filosofia”
Vane arricciò il naso per la notizia, sapendo di non avere nessuna possibilità di raggiungere la sufficienza, “allora? Voi due?” chiese sfacciatamente
nel mio volto comparve una espressione di tristezza ricordando alla pessima decisione di andare da lei per trovarne conforto, espressione che, naturalmente, non sfuggì ad Andrea
“Vane, te ne parlo io dopo, se posso” le disse; aveva capito che l'argomento mi faceva sentire estremamente in colpa. Qualunque decisione avessi preso, avrei ferito sicuramente uno dei due, ma non potevo avere granché rimpianti. Andrea aveva fatto la cosa giusta: mi aveva lasciato tutto il tempo di cui avevo bisogno per riflettere su me stesso, per capirmi realmente, senza darmi scadenze o anche solo un piccolo indizio su quello che presumeva che io dovessi scoprire.
Se mi avesse confessato la sua idea come un fulmine a ciel sereno, io, ragazzo ingenuo dalla mente paranoica, mi sarei creato il caos più totale e, presto, non mi sarei più capito con l'esito finale che ci avrei rimesso molto più tempo di quanto non me ne fosse servito per capire che, ciò che sentivo, non era frutto di un lavaggio del cervello. Per questo il mio essere dispiaciuto nei confronti di Vane, sarebbe presto sfumato: avrei sempre cercato di fare attenzione con lei ma me ne sarei fatto una ragione per quello che era successo, come in effetti c'era.
“ ok “ disse lei normalmente, incrociando le braccia.
Riprendemmo il cammino e varcammo il cancello della scuola, gruppetti di studenti si scambiavano dialoghi, altri ascoltavano la musica, certi altri, invece, chiedevano ai bidelli il permesso di entrare in classe, lamentandosi della bassa temperatura; cercai la mano di Andrea e la strinsi alla mia con forza, immediatamente lui si girò verso di me sussurrandomi “ci potrebbero notare”
“non me ne importa” gli risposi sorridendogli per poi ammirargli le labbra
“dopo” mi disse lui dolcemente, leggendomi nel pensiero mentre mi teneva per mano.
Entrammo in classe prima del suono della campanella, e subito dopo aver appoggiato la tracolla, ci sedemmo ai nostri posti unendo i nostri banchi vicini, in ultima fila. Non avevo per nulla voglia di stare attento alle lezioni quel giorno; era come se non fossi a scuola ma in qualsiasi altro posto, non facevo molto caso a cosa succedesse, se fosse iniziata la prima ora di scuola o se ci fosse l'intervallo. Ero con lui, questa era l'unica cosa che mi importava.
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Come un fiore
RomanceL' amore è un sentimento così straordinario da travolgerci in pieno quando meno ce lo aspettiamo. Rimaniamo ammutoliti con un'enorme espressione da ebete stampata in faccia ma non ci interessa: abbiamo smesso di fregarcene dell'esterno. Ma cosa su...