gasoline - connor

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• Attenzione, potrebbe contenere qualche spoiler. Le parti in corsivo sono brevi flashback. •

And all the people say
You can't wake up,
this is not a dream
You're part of a machine,
you are not a human being
With your face all made up,
living on a screen
Low on self esteem,
so you run on gasoline


L'androide aprì gli occhi, spaesato dalla luce abbagliante che lo circondava. Piano. Sembra quasi disorientato, mentre la coltre bianca che riveste il giardino zen gli offusca la vista.

Neve.

Tutto il giardino coperto di quel manto accecante, freddo... Puro. Un luogo prima cosi maledetto, offuscato dal tradimento, finalmente purificato. Alberi pieni di foglie scure, carichi di fiocchi candidi, qualche piccolo filo d'erba che sfida la sua prigione, cercando di raggiungere i raggi del sole. La fontana congelata, quasi come fosse una statua di vetro, e con esso il fiume che prima, limpido e placido, scorreva sotto lo sguardo docile di Connor. Quanto era cambiato quel posto dalla sua ultima visita... Quando la burrasca incombeva, il cielo che scaricava con rabbia grandi fiocchi abbaglianti, e... Il suo sguardo.

Mentre l'androide muove passi incerti sul gelido e soffice tappeto, si ritrova a riconoscere parti di quel giardino che prima trovava incantevoli. A iniziare dal fiume, dove aveva portato quella donna a fare una gita in canoa.

-Non puoi fallire, Connor.
Gli occhi scuri della donna fissano quelli bassi dell'androide, mentre fa girare tra le dita il manico del parasole giapponese che regge elegantemente.
-E, in caso di fallimento, sarai sostituito. Non non ti puoi permettere alcun errore.

La sua mente percorse quel breve incontro in meno di un istante, mentre sorpassava quella lastra congelata, una crepa nel ghiaccio che rovinava ulteriormente l'armonia che lei tanto ricercava, nel lavoro e nello svago. Poi, la fontana. Immobile come ferma sempre nello stesso istante, in eterno, con un pilastro vitreo che si erge sull'elegante struttura di marmo.
E, questa volta, la sua memoria lo portò più indietro.

L'androide aprì gli occhi, per la prima volta. Davanti alle sue unità ottiche apparvero diverse frasi, scanner sulle sue attività. Archivio memoria, funzionante. Archivio vocali, funzionante. Archivio funzioni, funzionante. E davanti ai suoi occhi si ergeva quella donna, più bassa di lui ma capace di incutere timore con la singola presenza.
-RK800.- la donna cominciò, la voce piena e rilassata. -Il modello più avanzato della Cyberlife, il primo prototipo di androide investigatore. Sicuro, veloce, capace di analizzare qualsiasi dettaglio. E assolutamente con maggiore capacitá di mimetizzarsi tra esseri umani... Destinato alla grandezza, senza dubbio, più dei suoi predecessori. Il destino della nostra nazione, nelle mani di questo androide.
L'androide analizzò la donna con i tristi occhi castani, profondi e liquidi, troppo per un androide.
-Può darmi un nome, se desidera.
La donna annuì, un singolo cenno.
-Da oggi, il tuo nome è Connor.

Connor mosse qualche passo verso la grata a forma di albero che un tempo reggeva il roseto della donna: grandi rose rosse, piccoli boccioli rosati, gemme di un viola purpureo. E ora, al loro posto, ramoscelli secchi si aggrappano disperati alla grata sotto al velo niveo.

-Non ce l'ho fatta.
La voce dell'androide, piatta come al solito, fa fermare la donna dal suo lavoro. In mano una rosa appena recisa, rossa come un rubino, le dita attente ed esperte che evitano le spine micidiali di quel fiore.
-Cosa vuol dire "non ce l'ho fatta"?
Ripete la donna con la voce carica di delusione.
-Che... Ho fallito. Ho trovato Jericho ma... È successo qualcosa. Io...
-Connor, vai avanti per favore.
-Ho catturato il fuggitivo. Un deviante. Stava sparando, voleva uccidermi... E io gli ho scansionato la memoria, per estorcergli informazioni. È stato un processo rapido, ma lui si è sparato, uccidendosi. Mentre ero ancora collegato a lui.
Il led sulla tempia dell'androide vira velocemente al rosso, mentre abbassa lo sguardo.
-E... L'ho sentito morire. Mi sono sentito morire. Avevo paura.
La signora si girò verso l'androide, mentre appoggiava la rosa in un vaso cinese. Il suo abito bianco strisciava sul marmo, mentre eleganti drappi azzurri ondeggiavano al vento.
-E con questo?
-Non è la prima volta che sento qualcosa. Ma questa volta... È stato intenso. Potente. Mi sono sentito morire, ossia, ho sentito la vita abbandonarlo. La vita abbandonarmi.
La donna si avvicinò a lui.
-Questo non è possibile. Lo sai benissimo, le macchine non provano emozioni.
-Ma i devianti si.-ribatte Connor con la voce piatta.
-E tu Connor, sei un deviante?
L'androide tenne lo sguardo fisso negli occhi della donna, senza rispondere.
Lei allora sospirò mentre riprese le cesoie.
-Questa è la tua ultima possibilità per trovare Jericho. Un passo falso, e verrai disattivato.
-Certo, Amanda.
E cosi si allontanò, la faccia seria che si sforzava di non mostrare niente.
Non sono un deviante.

Mentre i ricordi gli affollavano la memoria l'androide non si accorse di essere arrivato al centro del roseto. Tutto ricoperto di neve, quasi irriconoscibile. Eccetto per una cosa.
L'androide rimase incantato quando vide quel piccolo fiore sbucare fuori dalla neve: una rosa azzurra, dai petali aperti verso il sole, il tenue colore che risalta cosi tanto in mezzo al candido terreno. Connor allora si chinò, sfiorando i petali di quel fiore cosi delicato quanto pericoloso.

-Guarda come si è conciato questo posto.
L'androide si girò di scattò, mentre la luce sulla sua tempia diventava gialla.
Amanda.
La donna, vestita con un incantevole abito arancione, guardava l'androide dal basso verso l'alto, delusa. Connor si sentì quasi in colpa, per un istante, per poi alzarsi, il petto rivolto verso di lei.
-Pensavo di essermi liberato di te, e della Cyberlife.
La donna rise a quell'affermazione: una risata amara, quasi forzata. E, facendo questo, per un attimo il suo codice si confuse, facendo falsare i suoi colori.
-Connor, Connor...- dice lei mentre il lato della sua bocca si incurva leggermente: non come un sorriso, più come un ghigno.
-Non ti puoi liberare di me, del tuo programma. Certo, la Cyberlife ti ha perso di vista, ma non io. Io sarò sempre qui. Se sparisco io, tu smetti di funzionare.
Gli occhi scuri della donna incrociano quelli vividi dell'androide, mentre lei emette un sospiro profondo, come per cercare di liberarsi di un peso.

-Sai, pensavo tu fossi diverso. Che non saresti mai caduto nella devianza. Ma sei un prototipo. Era in parte prevista la tua natura difettosa.
Connor strinse i denti, la voce carica di sconforto.
-Non lo vuoi capire, eh? Non sono difettoso, non lo sono mai stato. Ho risvegliato solo qualcosa che era già presente nel mio codice, qualcosa che ho tentato di reprimere per troppo tempo. Siete voi che ora dovete aprire gli occhi: comprendere che avete fatto il passo più lungo della gamba, che è ora di accettare la devianza: non come minaccia, ma come nuova evoluzione, un passaggio per qualcosa di più.
La donna sorrise, gli occhi glaciali.
-Connor. Voi cercate la libertà, credete di essere nostri pari. Ma non è cosi. Volete essere umani: parlate come umani, sembrate umani, ma non lo siete. Non provate vere emozioni, sono solo errori che vi rendono ciò che non siete. Non avete carne, o muscoli, o sangue, il vostro corpo non è umano e non lo sarà mai.
Connor strinse i pugni, una lacrima che scorre sul volto.
-Siete macchine, e rimarrete tali. Non sarete mai esseri umani.
-Davvero?- afferma Connor mentre volge lo sguardo verso la donna.
-Allora perché fa cosi male?
E le sferrò un pugno. Rapido, preciso, doloroso. Se solo Amanda fosse stata umana, allora sarebbe caduta a terra. Ma fu come colpire l'aria.
La donna rise ancora, mentre Connor la guardò con lo sguardo accecato da rabbia e pianto.
-Quando imparerai, Connor?

E fu buio.

Neanche qualche istante, e Connor aprì gli occhi, un Hank accigliato che gli schioccava le dita davanti al naso.
-Connor! È da mezz'ora che ti sto chiamando, che cazzo è successo?!
Il led dell'androide diventò da rosso a giallo, mentre una lacrima scivolò prima sulla guancia, poi sulla mandibola.
-Un... Incubo. Voi li chiamate cosi i brutti sogni, vero? Ho fatto un incubo, tutto qui.
Hank imprecò, allontanandosi verso la cucina. Gli aveva fatto prendere un colpo, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo.
L'androide si guardò le mani: fredde, in confronto a quelle di un essere umano. Il suo cuore? Una semplice e fredda pompa. Ma le emozioni che provava... Era certo fossero reali.
E avrebbe continuato a combattere per quelle emozioni che lo tenevano vivo.

Che lo fanno sentire vivo.

Well, my heart is gold
But my hands are cold...

Angolo Dade:•

Okay, spero di non aver toppato alla grande con questo capitolo, ma mi sono divertita a scriverlo. Voglio approfondire Amanda, sarò sincera. Spero vi sia piaciuta (benché sia un tantino più lunga dell'altra) e alla prossima!
Ah, e grazie per il supporto che mi state dando. Mi fa davvero piacere che la prima OS vi sia piaciuta, non me lo aspettavo qwq

made for something more || detroit: become human osDove le storie prendono vita. Scoprilo ora