La casa di carta - Il romanzo

Fuggire

Mi stavo innervosendo a sentire quel maledetto brusio di sottofondo, portatore di brutte notizie.

Qui in Spagna, e in tutto il mondo, è più comunemente chiamato telegiornale.

Presi lo zaino e come ogni volta da furiosa, ci misi dentro le cose indispensabili.

Monete che avevo a portata di mano, spuntini con cibo quasi scaduto, il mio portafortuna e la mia parrucca, essenziale per mascherarmi.

Uscì con i miei anfibi neri dalla roulotte abbandonata. Ormai la chiamavo casa, infondo il cartello "vendesi" sulla porta principale serviva per nascondermi ancora meglio.

Aspettai un secondo per capire quanto tempo avevo per correre da una meta all'altra.

C'era una volante di polizia spagnola in ogni quartiere. Questo piccolo paese era diventato un paese vittima.

Come vi ho già anticipato, sono "famosa". In ogni via, in ogni commissariato e in ogni cartello pubblicitario c'era la mia foto con una bellissima didascalia: "ricercata".

Nella foto sono anche venuta bene: ho i capelli scuri e a caschetto.

Ora giro con una cappellino della "NY" e una parrucca lunga e bionda.
I capelli che avrei sempre voluto.

Si, considero la gente molto stupida.
E' forse auto convinzione?

Mi nascondevo ormai da 11 giorni.

Perché non mi consegnavo? Mi sarei beccata 30 anni se il giudice fosse stato di buon umore.

E' la pena minima.

Invecchiare in una cella di prigione non era l'aspirazione principale del mio futuro.

Mi diverto di più a scappare.

Così vivo di più e con le mie regole.

Scappo con tutta me stessa dalla cruda quotidianità.

Con anima e corpo.
E se non può il corpo, l'anima è già altrove.

E' come se fossi un palloncino rosso, sfuggito dalle mani di un bambino goffo e impacciato, oppure semplicemente troppo piccolo, per tenere un filo così sottile con una sola mano.

Volo. Volo libera.

Sono consapevole che prima o poi scoppierò.

Ma in quel momento, avrò anche toccato il cielo.

E quanti hanno potuto farlo?