아홉

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Giugno 2015

YOONGI

Cercai di aprire gli occhi e un mal di testa atroce mi assalì

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Cercai di aprire gli occhi e un mal di testa atroce mi assalì.
Ritentai dopo pochi secondi, c'era soltanto una flebile luce a cui riuscii d abituarmi.
Proveniva dalle lampade nella stanza.
Già. La stanza.
Mi alzai a sedere di scatto.
Ero sul letto bianco del motel, le lenzuola stropicciate, la maglietta spiegazzata.
Avevo bevuto,questo me lo ricordavo.
Mi lasciai ricadere disteso sul cuscino.
I ricordi della serata riaffiorarono velocemente e mi colpirono come un pugno in faccia.
Jungkook.
Il bacio. Piu di uno.
L'ultima cosa che ricordavo era di averlo abbracciato e di averlo trascinato giù con me.
Poi il vuoto.
Mi chiesi se non avessimo fatto nient'altro, mi voltai su un fianco e con una mano accarezzai il cuscino sul lato vuoto del letto.
Le lenzuola erano davvero stropicciate.
Guardai il vuoto e immaginai il suo viso addormentato, dolce, angelico.
Il vuoto si impossessò anche del mio petto e sentii il mio cuore sprofondare in una voragine.
Cosa altro era successo?
Mi ero soltanto addormentato?
Se si, perché lui non si trovava lì accanto a me?
Lo avevo pensato come fosse stato naturale trovarlo al mio fianco.
Perché non c'era...
Mi coprii il viso con gli occhi e affondai le unghie nella pelle.
Cosa stavo pensando?
Mi resi conto di quello che avevo fatto.
Ero stato io a baciarlo, a spingermi avanti, e avevo assaporato ogni secondo di quei baci.
E ne volevo ancora.
Picchiai le mani sulla mia fronte e mi dimenai, come se qualcosa di invisibile stesse cercando di legarmi.
Strinsi i pugni e iniziai a premere le unghie nella carne, di nuovo, ma con piu forza finché non sentii bruciare i palmi.
Se ne era andato.
Lui se ne era andato.
Via da me, via dal mostro che si era reso conto fossi.
Eppure le ricordavo, le sue labbra. Ricordavo i suoi occhi cercarmi.
Mi sentivo circondato da quegli occhi, mi osservavano,mi scrutavano nell'anima, mi sembrava di impazzire.
Impossibile. Lo ero già.
Mi sedetti sul bordo del materasso e notai la bottiglia a terra accanto al mio accendino.
La presi in mano e la guardai, mi sentii assalire dalla rabbia e la scaraventai a terra con tutta la forza che avevo. Scheggie di vetro verde volarono per tutta la stanza, qualcuna mi graffiò la pelle.
Mi chiesi perché mi sentissi in quel modo, di nuovo dopo molto tempo.
Sapevo bene quanto fossi capace di farmi del male.
Lo volevo con me.
Ne sentivo un bisogno morboso.
Allo stesso tempo volevo che mi stesse lontano.
Aveva risvegliato il mostro, aveva risvegliato sensazioni che avevo cercato inutilmente di seppellire per mesi.
La mia testa fu presto preda del panico. Confusione totale.
Mi coprii gli occhi, quasi come se la vista di quella stanza potesse nuocermi.
Non volevo ricordare, non volevo pensare a lui: non volevo vederla affatto, avrei cancellato quella stanza di quello stupido motel.
No. Avrei voluto cancellare la sera precedente.
Sbagliato. Mentivo a me stesso.
Volevo solo cancellare me e tutti quei demoni che infestavano la mia mente e il mio cuore, distrutti.
Eppure lui era l'unica cosa che sembrava volerli riparare.
Non avrei potuto permetterlo, non potevo distruggere anche lui.
Ero pericoloso.
Feci scorrere lo sguardo sulla stanza un ultima volta, per farmi più male, quando notai, nell'angolo buio, la tanica di benzina, era ancora lì.
La guardai.
Una lacrima mi scese sul viso.

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