Il Libro

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«Il primo dovere di una donna tedesca è servire il suo uomo. Non lasciatevi abbindolare dalle bugie bolsceviche! La parità? La parità tra uomo e donna è la rovina di una nazione!». Gertrud era ispirata. Camminava a larghi passi avanti e indietro, la schiena eretta, il mento sollevato, il libretto aperto in mano. «A cosa hanno portato tutte le menzogne della Repubblica, ditemi? Hanno distrutto la Germania, l'hanno messa in ginocchio! Una nazione dove le donne non sanno più fare figli, perché sono troppo impegnate a pensare alla politica! Come dice Adolf Hitler, la Germania ha bisogno delle donne, perché le donne pensano con il cuore!»

Gerda aveva dato un rapido sguardo alle altre donne sedute nella stanza. Vedeva solo nuche chine in avanti - capelli perfettamente raccolti, senza la benché minima imperfezione, così lontani dalla treccia che aveva acconciato al mattino, prima di andare a lavoro, e che, ormai, doveva essere quasi disfatta - e sentiva lo sfregare delle matite che prendevano appunti. Si era decisa a scrivere qualcosa anche lei sul foglio bianco che aveva davanti, senza convinzione - non le era mai piaciuto sentirsi fuori luogo, mai. Servire il proprio marito, aveva scritto. Pensare con il cuore.

Gertrud continuava, la voce squillante. «È necessario conservare la purezza della razza. Una donna tedesca ha bisogno di un marito tedesco per regalare alla Germania dei figli sani e forti! Le malformazioni, le malattie mentali, i comportamenti deviati, sono tutti sintomi di una razza corrotta! Cosa vi aspettate che possa nascere da una donna tedesca che tradisce il suo popolo per vendersi a una razza inferiore?»

Purezza della razza, aveva scritto Gerda.

Gertrud si era interrotta per un momento. Era passata in fretta tra le sedie, aveva lanciato uno sguardo a ciò che le donne avevano appuntato sui loro fogli. Si era soffermata un istante accanto a Gerda, aveva annuito.

«Molto bene, signora Schneider. Sembra aver colto l'essenza del mio discorso.»

L'approvazione di Gertrud aveva immediatamente fatto sollevare tutte le teste chine sui fogli. Sguardi astiosi, per lo più. La voce che correva di bocca in bocca, fuori dalle stanze della Frauenschaft, era che quella gentilezza immeritata - Gerda non sapeva fare uno chignon né pulire dalle fibre dure le foglie del cavolo - fosse legata al cognome che portava, più che alle sue abilità. Che fosse una Heine-delle-miniere, questo si era saputo immediatamente. E, se anche non si fosse saputo, i suoi occhi chiari e i suoi capelli biondi sarebbero stati un lasciapassare sufficiente per la benevolenza di Gertrud.

«La ringrazio, signora Scholtz», aveva risposto, gli occhi bassi.

Gertrud non si era mossa. Era servito qualche istante, prima che Gerda trovasse il coraggio di sollevare il viso - e anche allora, lo aveva fatto con lentezza.

«Mi permetta di prestarle questo. Vorrei che ne avesse cura, perché è la cosa più preziosa che io possieda», aveva proseguito allora Gertrud, e le aveva appoggiato davanti, senza attendere una risposta, il libretto che stava leggendo.

Un piccolo volume manoscritto, rilegato in pelle nera. Sulla prima pagina, la mano di Gertrud aveva appuntato, in gotico, "Pensieri di Hitler". Sotto, in una grafia più confusa, la firma di Hitler in persona.

Gerda non aveva saputo come rispondere. Si era limitata a un cenno del capo - abbastanza sgraziato, a dire il vero -, ma Gertrud non sembrava averci dato peso. A passi lenti, rapide occhiate a destra e a sinistra, era tornata ad arringare il gruppo.

Gerda aveva riposto con cura il libretto nella borsa, prima di uscire. E, ancora una volta, aveva camminato a passo svelto fino alla Potsdamer Platz - non troppo lontana, una decina di minuti a buon passo -, aveva svoltato l'angolo, aveva varcato la soglia del piccolo caffè la cui tenda azzurra nascondeva al mondo ciò che accadeva dietro la vetrina.

Meyer, assorto in un libro, era seduto al solito tavolino.

«Ciao», gli aveva detto.

Meyer aveva sollevato lo sguardo, aveva dischiuso le labbra in un mezzo sorriso. «Ciao».

«Cosa leggi?»

Meyer aveva aspettato cortesemente che si fosse tolta il cappotto e gli si fosse accomodata di fronte. «Schopenhauer», aveva risposto.

«Il filosofo?»

Meyer aveva sorriso ancora. «Sì».

«Di cosa parla?»

«Della felicità. L'argomento più difficile, se ci pensi».

«Sì, è così difficile essere felici», aveva osservato Gerda, una lieve mossa del capo.

E aveva tirato fuori dalla borsa qualche moneta alla svelta, prima che Meyer abbassasse imbarazzato il viso - perfino quello era diventato un problema, per lui, da quando aveva dovuto lasciare la cattedra all'università. Ma a Gerda non importava, non importava affatto.

«E cosa dice Schopenhauer della felicità?»,aveva chiesto, un po' troppo in fretta.

Meyer aveva riaperto il libro, aveva sfogliato qualche pagina, aveva appoggiato l'indice su un punto. «L'uomo più felice è dunque colui che conduce un'esistenza senza dolori troppo forti sia nel morale, sia nel fisico, e non colui che ebbe per sua parte le gioie più vive ed i piaceri più grandi». Aveva sospirato, aveva richiuso il libro. «Che ne pensi?»

«Ha senso», aveva risposto Gerda. «Tutto sommato, evitare di essere infelici è un po' come essere felici, no?»

Meyer aveva sorriso, aveva scosso la testa. «Una forma ben misera di felicità», aveva commentato.

«Non è sufficiente, per te?»

«Ogni tanto, in certi periodi intendo, ogni consolazione, per quanto magra, è pur sempre una consolazione», aveva asserito, improvvisamente serio. «Ma resta il fatto che è da codardi accontentarsi del poco, se le condizioni consentono di osare».

***

Aveva riaperto la borsa soltanto sul tram diretto a Charlottenburg. Lo sguardo le era caduto sul libretto di Gertrud. Lo aveva tirato fuori - sempre con cautela, per evitare di rovinarlo - e lo aveva sfogliato distrattamente, per curiosità. Frasi, erano. Citazioni non indicate di libri o di discorsi che la grafia spigolosa di Gertrud aveva appuntato e commentato con qualche nota ai margini.

L'America è in mano agli ebrei. Gli ebrei muovono come vogliono gli interessi del popolo e se ne servono per il loro specifico fine. Gli ebrei vedono ormai prossimo il giorno in cui potranno annullare, come desiderano, il popolo.

GerdaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora