Ringraziamenti

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Questa storia, se devo essere sincera, è tutto fuorché nuova.

Una decina di anni fa (e mi sento molto vecchia nel dirlo) ho seguito un corso sulle biografie e autobiografie tedesche dell'epoca nazista, presso l'Università di Lüneburg. Riflettendo sui materiali presentati durante le lezioni, mi è venuta voglia di scrivere una storia un po' "diversa". Una storia contemporanea e inconsapevole. Il personaggio è nato dopo, nel tempo.

Dietro le poche migliaia di parole di questa storia si nasconde una grande ricerca. Ricerca d'archivio sulle ambientazioni, sui personaggi, sulle vicende storiche. Ho cercato di fare in modo che il mondo entro cui Gerda si muove fosse quanto più veritiero possibile. I personaggi che incontra sono reali, e svolgono ciò che svolgevano nel periodo in cui si dirama la storia, ovvero tra il 1927 e il 1933. Il volantino su Adolf Hitler è davvero esistito; le parole copiate sul quaderno di Gertrud provengono effettivamente dal Mein Kampf, il discorso di Hitler è una mia traduzione di quello originale. E non dimentichiamo il ruolo di Alfred Rosemberg, ideologo nazista e responsabile della nazificazione di milioni di persone, presente a Berlino in quel periodo (morirà giusiziato tredici anni dopo, durante il processo di Norimberga). Non erano ancora state promulgate le leggi razziali (che sono successive di un paio di anni allo svolgimento delle vicende che ho raccontato), e per gli ebrei valeva "soltanto" l'interdizione dai pubblici uffici. La loro emigrazione era fortemente voluta e "agevolata" (no, non esistono termini giusti quando si parla di queste cose).

Questo è il mondo di Gerda. E di Meyer, e di Peter, e dei personaggi che assistono, con ruoli diversi, a un evento storico a cui, almeno in quel momento, ancora non sono pronti. E non ne hanno ancora la coscienza.

La grande ricerca, però, è stata stilistica. Chiedo scusa ai lettori che avrebbero magari desiderato un'introspezione più profonda, una descrizione più ampia. Non potevo, non con le mie capacità: avrei bruciato la storia. E invece volevo che la presa di coscienza, fino al punto in cui non è più possibile tirarsi indietro, fosse lenta e irreversibile.

Christa Wolf, in una delle poche autobiografie oggettive che io abbia mai letto, parla della seduzione dell'ideologia nazista utilizzando una parola intraducibile in italiano: Verfallen. Cadere, come dice la radice. E il prefisso ver, che ha un significato subdolo, intrigante. Le idee penetrano senza che possiamo controllarle. E questo fa paura, nel 1933 come nel 2019.

Un ringraziamento sentito ai miei lettori. Vorrei farlo in maniera particolare con bibilibri1giorgiamuscas, che hanno letto ogni parte ed espresso le loro considerazioni. So bene quanto questo genere sia di nicchia (e poco gradevole), per cui a loro va tutta la mia gratitudine per la pazienza dimostrata.

E uno a chi non leggerà mai questa versione. A Maria che ha editato questa stesura ponendo un argine disciplinato ai miei corsivi, a Maurizio che l'ha letta e non ha detto nulla, a Paolo che ne ha letta una parte e si è stufato.

Un altro, ultimo ma non ultimo, a chiunque sia pazientemente giunto fino a questo punto. Spero - ed è la mia speranza consueta - che la lettura abbia ripagato del tempo speso a portarla avanti.

Grazie, e alla prossima.

Liliana

GerdaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora