•Capitolo 15•

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Yoongi non mi chiamò per tutto il resto della visita dei Bangtan. Uscii dalla mia stanza solo intorno alle sette, quando sentii i ragazzi salutarsi. Gli occhi di tutti i presenti si posarono sulla mia figura non appena feci il mio ingresso in salotto. Arrossii.
"Oh, guarda chi ha deciso di onorarci della sua presenza" disse Yoongi, sarcastico. "Ti stavamo cominciando a dare per dispersa."
Alcuni dei ragazzi risero, compresa MinJee, imbarazzandomi ancora di più. Distolsi lo sguardo e lo posai sui piedi scalzi di Yoongi.
"Non credevo avessi bisogno di me" ribattei.
Min mi voltò le spalle, ignorandomi, e si rivolse a Taehyung per dirgli qualcosa che non udii. Mi azzardai ad alzare lo sguardo e incrociai quello di Jimin, che mi fece un mezzo sorriso. Cercai di ricambiare ed evitai di soffermarmi troppo su di lui. Se non altro per non dare il pretesto a Yoongi di dire che ci provavo con i suoi compagni, e anche perchè sentivo ancora lo sguardo di MinJee su di me.
"Hyung, posso parlare un momento con Hyun?" domandò all'improvviso Jimin, nel mentre che gli altri ragazzi si infilavano le scarpe lasciate all'ingresso.
Yoongi lo guardò confuso.
"Ci metterò solo un secondo, te lo prometto" giurò il ragazzo, muovendo qualche passo nella mia direzione.
Yoongi e Seokjin si scambiarono un'occhiata e quest'ultimo alzò le spalle.
Yoongi lo imitò. "Come ti pare. Vedi di non metterci troppo."
Jimin gli sorrise, facendo sparire i suoi occhietti. Era una cosa adorabile che avrei sicuramente scritto nel mio quaderno se lo avessi notato prima, fortunatamente non era successo.
"Ti aspetto in macchina" si intromise Namjoon. "Se entro dieci minuti non sei fuori dal cottage parto senza di te."
Detto ciò, salutò Yoongi e uscì di casa seguito da MinJee.
Adesso all'interno dell'abitazione vi eravamo solo io, Jimin e Yoongi.
Quest'ultimo si diresse verso il salotto, forse per darci un minimo di privacy. Non potei fare a meno di notare la sua espressione corrucciata. Probabilmente mi aspettava una bella strigliata non appena Jimin avesse lasciato il cottage.
"Allora, come procede con Yoongi-Hyung?" domandò Jimin non appena Min fu abbastanza lontano da non udire la nostra conversazione.
"In che senso?" chiesi, guardandolo.
"La convalescenza. Come procede? Sta prendendo tutte le medicine?" si spiegò Jimin con un tono di voce preoccupato.
"Ah" esalai. Mi morsi il labbro. "Sì, sta prendendo tutte le medicine nelle ore prestabilite" lo rassicurai.
"Sei sicura che le stia prendendo? Lo hai visto con i tuoi occhi?" insistè lui.
"Sì" confermai.
Era una bugia. Non lo avevo mai visto prendere qualcosa, ma quando tornavo nella stanza dove avevo posato le medicine vi erano solo le confezioni vuote.
Jimin fece un sospiro di sollievo, passandosi la mano sui capelli scarmigliati.
"Va bene. Ti ringrazio, Hyun, non hai idea di quanto significhi per noi la salute di Yoongi-Hyung. Ci dispiace molto per tutta questa situazione e vederlo stare male è una sofferenza per tutti noi."
Mi si sciolse il cuore a quelle parole. Mi sentii terribilmente in colpa per avergli mentito.
"Immagino" dissi, cercando di sorridergli per tranquillizzarlo.
"Ma non essere triste! Appena la situazione si sarà calmata vi trasferirete nel suo vero appartamento. È molto più bello di questa topaia, te lo assicuro, e c'è un sacco di spazio. Sono sicuro che ti piacerà."
Adesso il sorriso di Jimin era più luminoso che mai. Il suo entusiasmo era contagioso, ma non potei fare a meno di pensare alle parole di Yoongi quando suo padre gli aveva chiesto cosa avesse intenzione di farne di me dopo che la situazione si sarebbe stabilizzata. La sua risposta non era stata granchè rassicurante.
"Posso farti una domanda?" feci all'improvviso, scuotendo la testa.
"Dimmi tutto. In fretta però, altrimenti Namjoon-Hyung mi fa tornare a casa a piedi" rispose Jimin, lanciando un'occhiata al costoso orologio che portava al polso.
"Non hai ancora la patente?" domandai, inarcando le sopracciglia.
Jimin scosse la testa. "Sto per prenderla, però. Ho il foglio rosa. Ma non mi serve a granchè la patente, ho il mio autista. E i ragazzi mi accompagnano dappertutto, se ne ho bisogno."
Feci per aprire bocca, ma Jimin continuò. "Era questa la domanda che volevi farmi?"
Scossi la testa, poi presi a torturarmi le mani.
"Hyun, non per metterti fretta, ma..."
"Vorrei sapere come mai Min è confinato in questo cottage. Non me lo ha mai detto chiaramente."
Non era quella la domanda che volevo fargli. In realtà non volevo fargli nessuna domanda, ma la mia bocca si era aperta da sola. Ero davvero curiosa di sapere di più della situazione di Yoongi, ma non era mia abitudine dare voce alla curiosità.
"Non so se sono la persona più indicata per dirtelo" fece.
Si morse il labbro prima di continuare. "È una questione di affari. Diciamo che qualcuno ha cercato di provocarci e non è finita bene, ma Yoongi-Hyung ha esagerato."
Annuii, anche se non avevo ben compreso il suo discorso. Probabilmente se avessi insistito un minimo, Jimin mi avrebbe spifferato tutto, ma non erano da me questo genere di azioni.
"Finchè sarai con noi, sei al sicuro" aggiunse.
"Al sicuro da cosa?"
Mi morsi la lingua subito dopo.
Jimin sembrò a disagio, come se si fosse lasciato sfuggire troppo. Distolse lo sguardo da me e lo fece vagare per il corridoio, grattandosi la nuca.
"Da nulla. Non devi preoccuparti" cercò di rassicurarmi.
Ripensai agli uomini che avevano sparato a Yoongi. Ero alquanto sicura che c'entrassero qualcosa. Forse ben più di qualcosa.
"Io ora vado, spero solo che Namjoon-Hyung non sia partito senza di me. Ciao Hyun" salutò, facendomi un ultimo sorriso.
Ancora una volta, non ebbi il coraggio di chiamarlo per nome, limitandomi ad inchinarmi. Lo guardai sparire attraverso la porta e l'inconfondibile rumore dell'apparecchio elettronico posto accanto ad essa mi informò del fatto che l'antifurto si fosse azionato.
Mi spostai dall'ingresso, andando verso la cucina. Erano le sette e venti, tra meno di dieci minuti Yoongi avrebbe dovuto prendere la sua medicina.
Sobbalzai quando mi accorsi che si trovava già lì. Era seduto a gambe incrociate e teneva in una mano un bicchiere d'acqua pieno a metà, nell'altra la pastiglia che avrebbe dovuto prendere.
"Sai, ho sempre pensato che Jimin ci sapesse fare con le donne" disse a bassa voce, tenendo lo sguardo puntato sulle sue mani. "Ha un'aria dolce che tende ad ingannarle, inducendole a pensare che lui sia veramente così. Jimin prova ad avvertirle della sua vera natura, eppure loro ci cascano ugualmente. Che donne sciocche a soffermarsi all'apparenza, eh?"
Lo guardai confusa. Vera natura? Ora si metteva a fare lo pseudo-filosofo? Era un gangster anche lui, in fondo. Di sicuro la sua condotta non doveva essere una delle migliori. Certo che era strano quel ragazzo.
"Che diavolo stai farneticando?" domandai, fermandomi di fronte a lui.
Yoongi alzò la testa per fulminarmi con lo sguardo.
"Parlo della superficialità della gente, di che altro sennò? Ora rispondi alla mia domanda."
Doveva essere impazzito o qualcosa del genere. Lanciai una veloce occhiata al tavolino della sala da pranzo che si intravedeva dalla porta lasciata aperta. Era carico di bottiglie vuote. Non ne conoscevo il contenuto, ma sapevo per certo che stamattina nel frigorifero non c'erano, perciò dovevano averle portate i ragazzi. Sospirai, riportando gli occhi su Yoongi.
"Sei ubriaco?" domandai, cauta.
Yoongi scosse la testa con forza, scoprendo la fronte bianca. "Prima devi rispondere alla mia domanda."
Sbuffai. "Sì, sono proprio sciocche. Ora rispondi tu alla mia domanda."
Yoongi si portò la pastiglia a pochi centimetri dal viso, analizzandola con sguardo assorto.
"Credi che ci sia un motivo particolare per cui alla gente piaccia soffermarsi sulle facciate?"
La presi come una risposta affermativa alla mia domanda. Se non altro lo Yoongi ubriaco sembrava molto più loquace dello Yoongi apatico. A meno che non si contasse lo Yoongi del primo giorno di convalescenza, per lui non avevo ancora trovato un appellativo adatto.
"Magari perchè le persone non vogliono scoprire cosa c'è sotto quelle facciate apparentemente perfette. Hanno paura di rimanerne deluse" risposi senza pensarci.
Mi sedetti di fronte a lui, osservando attentamente i suoi movimenti. Non sapevo come fosse lo Yoongi ubriaco, dovevo stare in guardia. Allontanai il bicchiere di vetro da lui, per sicurezza.
"Stai insinuando che Jimin si rivelerebbe una delusione se qualcuno cercasse di conoscerlo meglio?" ritrattò Yoongi, guardandomi negli occhi.
Mi costrinsi a non spostare lo sguardo per prima.
"Non ho detto questo."
"Allora cosa hai detto?"
La sua voce mi risuonava nelle orecchie. In quei tre giorni mi ero quasi dimenticata che suono avesse.
"Non ho detto nulla, Yoongi" sospirai. "Credo che sia meglio che tu prenda la tua medicina e vada a riposare, cosa ne pensi?"
Yoongi spalancò gli occhi. Poi li socchiuse. "Come mi hai chiamato?" ringhiò.
Mi morsi il labbro non appena mi resi conto di averlo chiamato per nome. Fantastico, lo Yoongi aggressivo non mi mancava per niente.
"Scusami, io... Io non me ne sono resa conto" borbottai, abbassando la testa.
Avevo distolto lo sguardo per prima anche questa volta, accidenti a me.
"Ripetilo" ordinò.
Aggrottai le sopracciglia. "Come, scusa?"
"Ripetilo se ne hai il coraggio."
Non capii se si trattasse di una minaccia o di un ordine. Rimasi in silenzio, ad osservare le venature del tavolo di legno. Un rumore di fronte a me mi fece sollevare lo sguardo. Yoongi si era alzato e, traballando impercettibilmente, mi stava raggiungendo dall'altra parte del tavolino. Mi alzai di scatto, ma lui fu più veloce. Mi prese le braccia e me le bloccò dietro la schiena. Rabbrividii a quel contatto, era da parecchio tempo che non mi toccava per farmi del male. Provai a scostarmelo di dosso, ma come era prevedibile non ci riuscii. Lo guardai agguerrita, come a sfidarlo a punirmi.
"Non mi piace quando fai la presuntuosa, mi sembra di avertelo già detto" soffiò ad un centimetro dal mio viso.
"No. Mi hai detto che non ti piaccio quando faccio la maleducata, quando mi metto i jeans e mi trucco, ma quando faccio la presuntuosa non me lo hai ancora detto."
Lo schiaffo che mi diede non mi fece nemmeno tanto male. Magari, senza gli anelli, non lo avrei nemmeno sentito. Era debole ed ero alquanto sicura che darmelo aveva fatto più male a lui che a me. A preoccuparmi era la sua espressione furente. Sembrava sul punto di incenerirmi con lo sguardo.
"Ti senti meglio ora?" lo provocai ancora, portandomi una mano sulla guancia.
Avevo già fatto trenta, perchè non fare trentuno?
Yoongi si portò una mano sugli occhi, sembrava che stesse cercando un motivo valido per non afferrare una pistola e puntarmela contro.
"Ringrazia la tua buona stella che con la ferita al braccio non possa strozzarti" grugnì, poggiandosi la mano sulla spalla.
Scrollai le spalle, come se la cosa non mi toccasse. Ignorai il brivido che mi percosse la schiena all'idea che ne fosse veramente in grado. Si voltò in direzione del mobile dove tenevo i medicinali e aprì l'anta. Lo guardai nel mentre che si metteva in punta di piedi e tastava con la mano il fondo del mobiletto, attenta a non avvicinarmi troppo a lui. Afferrava le confezioni all'interno con il braccio sano, se le portava all'altezza degli occhi per analizzarle e le lanciava per terra se non si trattava di quello che stava cercando. Stava mettendo a soqquadro tutta la cucina, ma mi guardai bene dal farglielo notare.
Finalmente trovò quello che cercava. Antidolorifici. Estrasse la scatolina vittorioso, senza nemmeno darsi la pena di chiudere l'anta del mobiletto.
"Ti fa molto male la ferita?" domandai, facendo attenzione a moderare il mio tono di voce.
Nel suo foglio, Seokjin mi aveva messa in guardia per quanto riguardava la somministrazione degli antidolorifici.
Yoongi si premurò di guardarmi male.
"Sì, per colpa tua" precisò.
Avrei voluto fargli presente che non ero stata io a chiedergli di darmi uno schiaffo, ma mi morsi la lingua. Avevo già fatto abbastanza per quel giorno. Lo guardai tirare fuori due piccole pastiglie e trangugiarle senza nemmeno l'utilizzo dell'acqua.
"Seokjin ha scritto che bisogna prenderli solo in caso di estrema necessità" mormorai.
"Me ne frego" rispose Yoongi, piccato. "Ora, vai a pulire il disastro che c'è nella sala da pranzo."
Non me lo feci ripetere due volte.

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