15. Ho appena detto.. divinamente?

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Francis mi riporta la valigia dopo un po'. «Era nell'altra stanza degli ospiti» mi spiega per giustificare il perché ci avesse messo del tempo per riportarmela. Gli dico che non c'è problema, ma quando lo invito ad entrare per parlare della sua famiglia, lui si irrigidisce e solo dopo un attimo annuisce.

«Mio fratello l'hai conosciuto» borbotta, mentre esco dal bagno. So che questa sera ci sarà una cena importante in cui finalmente conoscerò per bene la famiglia Dubois-Lambert, per cui devo essere impeccabile.

Mi fermo davanti lo specchio posto accanto alla finestra ed osservo la mia figura e il bernoccolo poco più su della tempia. È cresciuto davvero tanto in poco tempo.

«E' lo specializzando più promettente della sua generazione» recita come se avesse un copione davanti. Chissà quante volte avrà sentito questa frase.

Sposto l'attenzione dal mio bernoccolo a Francis, osservando la sua figura dallo specchio. Anche lui si è cambiato, nel frattempo. Inossa una camicia bianca e dei jeans scuri, semplice ma d'effetto. Sta divinamente.

Un momento. Ho appena detto "divinamente"? La botta in testa deve essere stata davvero forte...

«Mi stai ascoltando?» chiede Francis, a quel punto, incrociando il mio sguardo nello specchio. Cerca di essere sereno, ma non lo è. Gli occhi di Francis parlano, sono chiari e leggibili.

Inspiro. «No», ammetto, lisciando le pieghe invisibili del mio vestito rosa. Non mi sento particolarmente a mio agio vestita così, ma fa parte della recita. Non posso di certo andare ad una cena elegante con jeans strappati e felpa. O sì?

«Ti stavo dicendo che mia sorella si chiama Grace» continua con pazienza il mio finto ragazzo. «E' lei che si sposa con Jean-Paul» spiega ancora. «Non ricordo esattamente come si sono conosciuti, credo sia il figlio di un socio di mio padre».

Rabbrividisco e noto una certa espressione stranita sul volto del ragazzo alle mie spalle. «Un matrimonio combinato?» mi trovo a chiedere, prima che possa ragionare se sia opportuno o meno. Posso far parte di questa farsa, ma è logico ci siano dinamiche di cui non dovrei interessarmi.

Francis si alza dal letto, preso in contropiede. «No!» esclama, «non siamo rimasti ai tempi del Medioevo».

Mi ritrovo ad alzare un sopracciglio e Francis volta lo sguardo imbarazzato, perché stiamo pensando esattamente la stessa cosa. Se io mi trovo qui, in Francia, con lui e la sua famiglia c'è solo un motivo: i suoi volevano organizzare degli appuntamenti per farlo sposare.

«È diverso» spiega, grattandosi la nuca. È a disagio. «Mio padre ha pensato che Jean-Paul fosse un ragazzo in gamba e ha invitato Gracie a partecipare ad una festa aziendale. Si sono conosciuti lì e si sono piaciuti subito».

Lo ascolto, meditando se credergli o meno. «Mio padre non avrebbe insistito se i due non si fossero piaciuti» conclude.

Annuisco, ancora incerta. Non sono fatti miei, quindi non indago oltre. «A proposito di mio padre, lui è italiano».

«Oh, fantastico, capirò qualcosa quando parlerà» scherzo.

«Sappiamo tutti l'italiano, Samantha, puoi stare tranquilla che capirai tutto e tutti capiranno te» mi tranquillizza Francis, avvicinandosi di un passo. Fissa la mia fronte come se fosse la prova evidente della sua incompetenza e non posso sopportarlo. «Te lo ripeterò solo un'altra volta: non è colpa tua».

Lo guardo con sospetto, mentre metto gli orecchini e lo osservo guardare l'orologio al polso. E' un gesto semplice eppure mi incanto per un attimo. Lo sguardo del mio finto fidanzato si alza improvvisamente verso di me e mi becca nuovamente a fissarlo.

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