17. Non puoi decidere chi verrà al tuo funerale.

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Alla fine, Francis non era così lontano. Quando lo noto, è al telefono e sembra piuttosto arrabbiato con il suo interlocutore. Non ho tempo di fargli domande perché, quando mi nota, riattacca subito e mi sorride. «Dov'eri finita?» domanda, afferrandomi una mano.

Fissa le nostre mani intrecciate per un po' prima di risalire con lo sguardo verso di me. È imbarazzato. «So che è strano» mormora. «Se vuoi, possiamo non...»

«Va bene, Francis» lo rassicuro. Lui butta fuori l'aria che stava trattenendo, visibilmente più rilassato. Più di me, ancora stranita dall'incontro con Grace e Leon. Dovrei dirgli tutto, ma resto esterrefatta dall'ambiente in cui ci troviamo.

Quando sono arrivata non ho avuto tempo di osservare dall'interno la casa dei Dubois-Lambert perché avevo appena battuto la testa sul selciato ed ero più che frastornata, ma adesso posso notare l'immensità di questa casa. La scalinata in marmo chiaro mi ha portata in un corridoio largo e illuminato da un enorme lampadario placcato in oro appeso al soffitto la cui luce si riflette sulle vetrate delle ampie finestre che percorrono tutta la lunghezza del corridoio. Mentre cammino al fianco di Francis, posso notare che tra le vetrate sono alternate diverse statue – mezzi busti o figure intere – e anche delle poltrone dai ricami dorati che richiamano il lampadario in alto.

Tutto trasuda ricchezza, anche il semplice tavolino su cui è poggiato un vaso bianco enorme in cui sbocciano delle rose bianche meravigliose che diffondo il loro profumo ovunque.

«Dove stiamo andando?» mi ritrovo a chiedere. L'altro lato del corridoio finisce con una porta-finestra che lascia intravedere una porzione di giardino. Non credo che sia la porta principale che ho intravisto quando sono arrivata e che dava sul cortile con la fontana centrale.

Senza darmi una risposta, Francis svolta verso destra superando altre statue, quadri e vasi pieni di piane e fiori e si ferma davanti una porta bianca. Prima che possa fare qualche altra domanda, Francis si volta verso di me. «Non si torna più indietro» afferma, stringendo la presa sulla mia mano. «Sei sicura?»

Il suo sguardo è fermo nel mio, ma la presa ferrea sulla mia mano mi dice che ha bisogno di un sostegno più che mani. Annuisco, ma mi trovo a bloccarlo prima che riveli cosa si trova dietro quella porta. «Devo dirti una cosa».

Francis aggrotta le sopracciglia, un po' confuso e un po' curioso. Mi ha lasciata sola per dieci minuti ed io ho avuto un incontro ravvicinato non solo con sua sorella, ma anche col fratello che lo mette in soggezione. «Ho conosciuto Grace» butto fuori.

«Come? Quando?»

«Mi si è rotta la scarpa, prima di scendere le scale» spiego, distogliendo lo sguardo dal suo e concentrandomi su un quadro posto sulla parete lì vicino. È sui colori del bianco e dell'oro e ci sono delle figure stilizzate in nero che sembrano pattinare sulle nuvole. Mi vorrei concentrare su quell'unica figura mezza bianca, mentre tutte le altre sono totalmente nere, ma Francis mi strattona leggermente. «Mi ha prestato le sue scarpe» concludo, sapendo di star omettendo la parte difficile.

Francis ridacchia. «Questo è tutto?» mi chiede.

No.

«Sì».

Cazzo.

«Avevi un faccia funerea, Samantha!» butta fuori, spingendo la porta in avanti. «Gracie è una persona molto tranquilla, non ti darà problemi».

Entriamo così in un'enorme sala da pranzo. Le finestre occupano un'intera parete offrendo la vista parziale di un giardino ben curato e diversi alberi che, vista la stagione, sono perlopiù spogli. Un lungo tavolo è posto al centro della stanza, ai cui lati ci sono diverse sedie imbottite color panna. Sul tavolo ci sono due o tre candelabri accesi, nonostante le luci provenienti dai lampadari più moderni presenti nella stanza, insieme al corredo di piatti e posate.

Felicemente SINGLE in una relazione complicata!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora