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Nel corso degli ultimi quattro mesi, Katsumi ne aveva fatte davvero molte di sedute psicoterapeutiche, così tante da averne perso il conto e da poter ormai affermare tranquillamente di averci fatto l'abitudine, sia per quanto riguardava il dialogo con lo psicologo di turno, sia per l'ambiente stesso nel quale avvenivano gli incontri: le stanze accoglienti con le pareti dai colori tenui; le sedie e i divanetti così morbidi e comodi che qualche volta aveva quasi rischiato di addormentarsi mentre vi stava seduto sopra; i sorrisi rassicuranti e gli occhi gentili degli psicologi.
Per questo, nonostante gli avvertimenti ricevuti dal suo precedente psicoterapeuta, il ragazzo non aveva mai creduto davvero che una seduta con il dottor Shigeru Fujita sarebbe stata poi molto diversa dal solito.
Ma si sbagliava, eccome se si sbagliava.
Lo capì nel momento stesso in cui aprì quella porta, trovando all'interno della stanza l'esatto opposto di ciò che si sarebbe mai aspettato.

Le tapparelle delle finestre, situate nel lato opposto della stanza rispetto a dove si trovava la porta, erano quasi completamente abbassate e coperte da tende scure e sottili, lasciando trapelare giusto quel poco di luce che bastava per non andare a sbattere contro possibili ostacoli.

Sulla destra vi erano tre librerie in successione, alte fino al soffitto, celando completamente la parete alla quale erano accostate.
Davanti a queste invece vi era un semplice divanetto color panna privo di schienale e braccioli, esattamente quel tipo di "divanetto da psicologi" che Katsumi si era aspettato di trovare alla sua prima seduta e del quale, non vedendolo, aveva chiesto spiegazioni al suo primo psicologo, il quale nel notare il suo sconcerto aveva riso bonariamente, scuotendo pacatamente il capo e spiegandogli che si trattava solo di uno stereotipo e che in realtà erano molto pochi gli psicologi a farne davvero uso, dato che un qualsiasi altro tipo di divano o anche una semplice sedia avrebbero potuto servire tranquillamente allo scopo allo stesso identico modo.

Sulla sinistra invece vi era una semplice scrivania di legno, sul cui ripiano stavano disposte ordinatamente tre piccole pile di libri e un quaderno lasciato aperto, e dietro alla quale si trovava una sedia girevole scura.

Ma senza considerare i dubbi riguardo il perchè la stanza fosse così poco illuminata e la sorpresa dovuta alla presenza di quel divanetto, la vera domanda da porsi era: dove si trovava il dottor Fujita?

Katsumi era certo di averlo sentito dire "avanti" quando aveva bussato e inoltre aveva chiaramente visto uscire da quella stanza il suo paziente precedente, quindi com'era possibile che non ci fosse?

- Ehm... - Mormorò guardandosi intorno spaesato. - Dottor Fujita? È qui? -

E stava quasi per decidersi ad uscire e andare a cercare l'assistente che lo aveva condotto lì per spiegargli la situazione, quando all'improvviso sentì uno strano rumore, una sorta di schiocco, come se una serratura fosse appena stata sbloccata.

A quel punto, sotto il suo sguardo sbigottito, una sezione della parete sinistra, proprio di fianco alla scrivania, ruotò e si aprì, rivelando la presenza di una porta nascosta.

Ma ciò che fu davvero sorprendente agli occhi del ventiduenne non fu tanto la presenza di quella stanza segreta, quanto chi ne uscì.

- Mi scusi se l'ho fatta aspettare signor Kudo, ma per distrazione mi sono reso conto solo all'ultimo che lei sarebbe stato un nuovo paziente e così sono dovuto correre a cambiarmi. Ad ogni modo piacere, io sono Fujita Shigeru. -

Non più alto di un metro e mezzo, l'uomo che Katsumi ancora faticava a identificare con il dottor Fujita aveva una costituzione minuta ed esile e indossava una larga felpa nera, una di quelle la cui cerniera poteva arrivare a chiudere anche il cappuccio, ed è proprio così che il ragazzo lo trovò, con il cappuccio calato sul volto e la cerniera tirata in su a celargli completamente il volto.

Il vaso di Pandora //yaoi//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora