Capitolo 4 (1ª parte):maestà

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CAPITOLO 4 : PROGRAMMA
Ad aspettarmi c'era di nuovo il medico, stava in piedi davanti al letto e dopo aver dato l'ordine al soldato di uscire dalla stanza fece un gesto per indicarmi di mettermi seduta.
< Questa è per te > disse dandomi una lettera.
La aprii.
' Domani mattina inizierà il programma per capire o svelare la tua identità. Abbiamo la tua famiglia, se farai un passo falso la prima a morire sarà la piccola Susie.
N.D.'
< Cosa significa? > chiesi buttando la lettera a terra.
< Domani mattina andrai da LUI e capirai tutto > disse il medico per poi uscire dalla stanza.
Presi in mano la lettera e cominciai a strapparla, ciò che era successo, era una stupida anomalia, non cambiava il fatto che non avessi niente di speciale, cosa si aspettavano da me non lo sapevo.
Sentii un dolore acuto al polso e dalla rabbia tolsi la fascia che lo avvolgeva.
In mezzo a un immenso livido viola c'era una ferita a forma di N, sanguinava ma non me ne importava molto. Ero concentrata sulla N, la stessa N delle lettere, avevo il marchio non dell'Oscurità, ma del più perverso, del più malvagio di loro. Non potevo dare un volto al mostro, conoscevo solo la sua voce, che al contrario di come la immaginavo, era più umana, ma nello istante, era più profonda del normale, più... bella.
Passai il resto della giornata sul letto pensando a tutto quello che potevo fare per salvare la mia famiglia, fino a quando rassegnata mi addormentai.

Dormii per un pomeriggio e una notte intera, saltai la cena, nessuno venne a chiamarmi e la mattina seguente fui svegliata da una guardia che mi stava scuotendo la spalla.
< Deve andare > disse .
Assonnata mi svegliai, andai nel piccolo bagno, che il giorno prima non avevo notato e feci i miei bisogni. C'era un enorme problema, nel bagno c'era solo il gabinetto e un piccolo lavabo, nessuna traccia di una doccia e di uno specchio. Cercai di lavarmi alla bell'e meglio. Uscii dalla stanza e camminai il lungo corridoio bianco che portava agli ascensori .
Nell'ascensore ebbi l'occasione di vedermi riflessa in uno specchio ... ero terribile , avevo profonde occhiaie , i capelli sporchi e un livido molto scuro sulla guancia.
Quando uscii mi ritrovai nella grande sala con le tante porte . Salimmo le scale e ci dirigemmo verso la grande porta dorata .
< Vai e aspetta il signore > disse la guardia.
La porta venne aperta dalla stessa guardia e io entrai.
La stanza non era buia come l'altra volta, le tende erano aperte e la luce illuminava il grande spazio.
La mia attenzione fu attirata subito dalle grandi librerie, immense, i libri al loro interno erano alcuni nuovi altri molto vecchi, questo mi fece ricordare di quando passavo i pomeriggi interi a leggere i miei romanzi.
Mi ci avvicinai e passai le dita sulle coste dei libri, lessi i numerosi titoli, e alcuni di loro erano in lingue che non conoscevo, altri non avevano lettere, ma simboli. Ero del tutto concentrata ad analizzare i libri e non accorsi che qualcuno stava entrando nella stanza.
< COSA STAI FACENDO ? > sentii tuonare dietro di me.
Mi bloccai senza girarmi, abbassi le mani che avevano cominciato a sudare e a tremare. Maledetta curiosità, maledetti libri, maledetto tutto.
Mi sentii strattonare il braccio e istintivamente cercai di liberarmi cercando di calpestare il piede di chi mi stava dietro .
Sentii come se il braccio mi andasse a fuoco e caddi in ginocchio.
< Cosa-stavi-facendo? Non te lo ripeterò un'altra volta > mi massaggiai il braccio dolorante, e cercai di trattenere le lacrime. Alzai lo sguardo e mi ritrovai a qualche centimetro da un viso così bello da far male. Rimasi incantata dai suoi occhi neri come la pece, dai capelli mossi che gli ricadevano sugli occhi, da una piccola cicatrice al lato dello zigomo che rendeva ancora più particolare la sua faccia.
< Stavo solo vedendo i libri > sussurrai, e sentii la guancia bruciare, uno schiaffo.
Vidi lui andare dietro la scrivania e appoggiare i gomiti sul legno.
< Prima regola: non fare niente senza il mio permesso e ogni volta che entrerai qui dovrai inchinarti e chiamarmi unicamente con il nome "maestà" ... fallo > disse.
Mi tremavano ancora le gambe e non riuscivo ad alzarmi.
< Non ce la faccio > affermai con le lacrime agli occhi.
< È un obbligo, non farmi alzare o per te sarà peggio di uno stupido inchino. >
Mi diedi forza sulle braccia appoggiandomi agli scaffali della libreria e faticosamente riuscii ad alzarmi.
Piegai il busto facendo una sorta di inchino poco aggraziato, sentii i polmoni bruciare.
< Siediti > disse indicando la poltrona che si trovava davanti alla scrivania.
Cercando di camminare normalmente, impresa poco facile visto il dolore che provavo, riuscii ad arrivare alla poltrona e mettendomi seduta aspettai che parlasse.
< Regola numero due: qui comando io, ogni parola che esce dalle mie labbra è un obbligo > annuii senza alzare il capo
< Ti verranno fatti dei test per vedere cosa sei ... ti consiglio di collaborare >il suo tono si stava facendo sempre più annoiato.
< Dove si trova la mia famiglia? > chiesi , la preoccupazione che avevo per loro cresceva minuto dopo minuto.
Fece un ghigno .
< Non molto lontano da qui ... ti consiglio cara e piccola Julie di collaborare se vuoi far vivere i tuoi > disse.
Alzai la testa e lo guardai con odio sperando di avere il potere di polverizzare le persone con lo sguardo ... ma scoprii amaramente di non averlo.
Fissai i suoi occhi scuri come la cenere, a parte il colore aveva caratteri umani, anche se erano troppo perfetti per esserlo. In quel momento provavo odio e disgusto, lo avrei ucciso con le mie stesse mani, ma non potevo perché prima dovevo liberare la mia famiglia.
< Mi dispiace per te ... ma non hai questo potere evidentemente > disse e rimasi di sasso.
Sapere che riusciva a leggere i miei pensieri mi fece sentire vulnerabile, cercai allora di cambiare rotta dei pensieri, immaginai di costruire un muro invalicabile intorno alla mia mente.
< Stavamo dicendo: ogni mattina verrai qui e mi riferirai personalmente i risultati ottenuti dai test... e per l'amor del cielo , abbiamo le docce, usale, emani un odore disgustoso > disse con freddezza.
Non risposi non sapendo cosa dire, mi sentivo arrabbiata ma anche offesa, non era colpa mia se ero ridotta così, non era colpa mia se facevo più schifo del solito, non era colpa mia se in quel momento mi trovavo lì.
Di punto in bianco lo vidi alzarsi e avvicinarsi a me.
< Cosa hai fatto qui? > disse abbassandosi e toccò il livido che avevo sotto l'occhio.
Mi allontanai dal suo tocco freddo.
< Sono caduta > dissi e ricordai di quando appena arrivata in quell'inferno caddi nella botola.
Riavvicinò la sua mano al mio zigomo e accarezzò la ferita, incrociai il suo sguardo e senza volerlo mi incantai.
< Qual' è il tuo vero nome? > chiesi curiosa. Non sapevo da dove veniva il coraggio, ma avevo la sensazione che dovevo saperlo, ne avevo il bisogno.

Spazio autrice:
Si comincia ad accennare qualcosa sul protagonista maschile, cosa ne pensate?
Baci Ely

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