Un ufficio, un enorme ufficio.
Feci un paio di passi sul pavimento di marmo, mi guardai intorno, mi aspettavo di vedere uno spazio antico, con statue classiche, tappeti persiani, invece era tutto molto moderno, le librerie erano di vetro, le pareti nere, c'erano dei quadri astratti, ma l'elemento più particolare era l'enorme scrivania di legno rosso.
La stanza era poca illuminata, non riuscivo a vederne i molti dettagli .
Feci un altro passo ma poi sentii le gambe deboli e caddi in ginocchio.
< Devo ammettere che fai un bell'inchino > disse una voce roca.
Alzai lo sguardo e sedendomi sul pavimento cercai di capire la provenienza della voce , fino a quando non vidi la poltrona dietro la scrivania, che prima non avevo notato, girarsi.
Urlai dallo spavento e strisciai verso l'angolo della stanza più lontano.
La figura sogghignando si alzò.
Era troppo buio, riuscivo a vedere solo i contorni della figura alta e grande.
Si avvicinò lentamente a una sedia che si trovava accanto a una libreria e la trascinò a un paio di metri di fronte a me, facendo un suono agghiacciante.
Avevo così tanta paura che non mi ero accorta che avevo chiuso gli occhi, e quando li riaprii notai che la figura si era seduta.
Era troppo buio per riuscire a vedere il suo volto .
< Chi sei? > sussurrai
< Alcuni mi chiamano Mostro, altri Incubo, qui Maestà ma tu puoi scegliere il nome che più ti piace. Il tuo nome è Julie, vero? > Annuii e mi asciugai le lacrime sulle guance.
< Sembri umana ... mostrami le tue braccia >
Allungai le braccia tremanti, lui ne prese uno fra le sue mani e toccò un punto preciso sul mio polso. Restai senza fiato, era come se non stesse toccando delicatamente la mia pelle ma le stesse dando un morso, mi sentii tirar fuori tutte le energie fino a svenire e riuscii solo a sentire una voce roca dire Portatela via .Mi svegliai con il rumore di una serie di " tic " che provenivano da una qualche cosa vicino a me e quando aprii gli occhi vidi che mi trovavo su un letto con un polso fasciato e nell'altro, un ago collegato a una flebo.
Il tic proveniva da una macchina che misurava i miei battiti cardiaci , con fastidio tolsi l'ago dal braccio intingendo di rosso le lenzuola del letto e alzandomi andai verso la porta della stanza.
Strinsi la maniglia e la girai ma il suono dell'allarme mi bloccò , non ebbi il tempo di allontanarmi che la porta si aprì e un soldato mi afferrò per le spalle , mi spinse e mi ributtò sul letto.
Il dottore che avevo visto nel laboratorio entrò nella stanza, si avvicinò e guardò la ferita che mi ero procurata da sola al polso.
< Vuoi morire ragazzina? > chiese .
Dal polso usciva ancora del sangue .
< Se non finisci la flebo non superi la notte >
E bloccandomi il polso mi rimise l'ago nella pelle.
< Cosa è successo? > chiesi.
Il soldato uscì dalla stanza mentre il dottore sistemava la ferita.
< Hai rischiato la morte, ti ha quasi tolto tutta la tua energia vitale > disse.
Non serviva chiedere chi era stato per capirlo.
< Cosa ne sarà di me? >
Il suo sguardo incrociò il mio e notai una sorta di compassione.
< Dipende da lui ... hai poche possibilità di uscire viva da qui > rispose .
Non avrei più rivisto la mia famiglia, non avrei riavuto la mia vita ... mi sentii debole, fragile e non sapevo come uscire viva da questa situazione.
< Quando avrai finito la flebo verrai condotta nella mensa, mangerai e poi tornerai qui per dei controlli ... ti trovi nei sotterranei del castello > disse e uscì dalla stanza.
Era una stanza vuota, solo un letto , un tavolo, una sedia e una telecamera sul soffitto.
Solo in quel momento mi accorsi di indossare una specie di tuta grigia con un cartellino con un su scritto il mio nome e la sigla E.N.I. , cercai di trovarne il significato ma non ci riuscii.
Nella stanza entrò un soldato , lo stesso di prima.
Aspettai goccia dopo goccia che la flebo finisse, quando questo accadde il soldato mi tolse l'ago e mi aiutò ad alzarmi.
< Vieni >
E lo seguii, uscita dalla stanza notai che c'era un lungo corridoio che conduceva ad altri corridoi con infinite stanze.
Andai in un ascensore , sul monitor c'era scritto che mi trovavo al piano -6 , il soldato digitò il numero -3 .
< Cosa significa E.N.I ? > domandai.
< Essere Non Identificato >
L'ascensore si aprì e entrai nella mensa, c'erano almeno un centinaio di persone, mi sentivo addosso molti sguardi che mi squadravano, mentre camminavo sentivo frasi come " lei è quella strana " o "la uccideranno ".
Un addetto mi consegnò un vassoio con sopra un piatto di zuppa e andai a sedermi a un tavolo.
Non mi ricordavo l'ultima volta che avevo mangiato e non mi accorsi di quanta fame avessi fin quando non misi un cucchiaio di zuppa in bocca, anche se era orrenda in pochi attimi già avevo finito metà piatto.
Alzai gli occhi verso la persona che avevo davanti e mi cadde il cucchiaio nel piatto.
< Ciao anche a te ... il mio nome è Mattie > disse e mi porse una mano. Aveva occhi a mandorla con pupille gialle e orecchie appuntite, guardai il cartellino che aveva sulla divisa ... " E.M "
< Julie > dissi senza però offrirgli la mano.
< Non sei un tipo particolarmente socievole ... > Disse in modo divertito ma poi vedendo il mio cartellino il suo sguardo si incupì < Se te lo stai chiedendo io sono un Elemento Magico .... se devo essere onesto non ho visto molti con la tua stessa sigla ... mi dispiace >
< Perché dite tutti che vi dispiace per me? Cosa c'è che non va in me?Anzi mi sembra che qui dentro sono l'unica normale! > quasi urlai e vidi come tutti in quella stanza avevano qualcosa di soprannaturale, chi era molto basso, chi aveva la pelle blu e se non sbaglio in fondo alla sala mi sembrò di vedere persino qualcuno con delle ali.
< Non lo so ... però di certo se sei qui un motivo c'è ... capisco che quello che stai affrontando è difficile ma se c'è qualcosa che ti preoccupa puoi parlare con me>
Rimasi scioccata, gli feci un sorriso timido e lo ringraziai.
Quando la pausa mensa finì mi riportarono nella stanza dove mi aspettava una brutta sorpresa.
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Dangers In Black
FantastikJulie non è mai uscita dal suo piccolo paese. Non sa cosa sono i Dengers In Black e cosa centra lei con loro. Ma capisce, quando si ritrova ai SUOI piedi, che tutto in lei sta per cambiare.