Capitolo 14- Un Turno Di Troppo

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Pensavo e ripensavo alle parole di Ghali, era davvero innamorato di me?
Lo avrei messo alla prova.
Cosa c'è di peggio di fare finta di flirtare con il suo migliore amico?
Me ne stavo seduta sugli scalini sul retro del bar con una lattina di coca tra le mani.
Per poco non svenni quando intravidi Sfera Ebbasta uscire da Chanel accerchiato dalla sicurezza.
<<Hai impegni stasera?>> Mi voltai di scatto e vidi Irene con la solita chioma nera appoggiata allo stipite della porta.
<<Ehm, no>> Ci pensai su un attimo.
<<Io ho una cena importante questa sera e non posso fare il turno, potresti stare tu qui al bar fino alle 11?>> Chiese implorante.
<<Va bene>> Sospirai.
<<Grazie Lavinia, ti restituirò il favore>>
<<Tranquilla, va bene così>> Sorrisi debolmente.
Perfetto, sarei stata al bar fino alle 11.
Chi avrebbe pensato a Khaby per tutte quelle ore?
Senza esitare cliccai velocemente il numero di Samuel dalla rubrica e chiamai.
<<Pronto?>> Chiese con dei rumori strani di sottofondo.
<<Sono Lavinia>> Dissi allegramente.
<<Oh ciao Lav, posso richiamarti dopo?>> Concluse respirando affannosamente.
<<Mh...okk>> Replicai facendo spallucce.
Ma che stava facendo? Va be non sono affari miei.
Erano le tre e tornai a casa, era un mercoledì splendente cosi decisi di andare a farmi un giro nella galleria d'arte dove lavoravo prima.
Ne avrei approfittato per salutare mamma.
Misi piede nell'ormai familiare sala e riconobbi subito il direttore che intratteneva dei clienti con il suo solito sorriso raggiante.
Smise di parlare appena mi vide e mi venne incontro.
<<Signorina Riva, che piacere! A cosa devo la sua visita?>> Chiese sprizzando felicità da tutti i pori come sempre.
<<Sono passata a salutare>> Esclamai arrossendo debolmente.
<<Apprezzo molto il suo caloroso gesto, vuole salutare anche sua madre?>> Chiese sorridendo.
<<Certo>> Mi limitai a dire ricambiando il sorriso.
<<È nello spazio delle visite guidate, ora è libera>> Sostenne puntando il dito verso la sala che ormai conoscevo benissimo.
Entrai e scorsi mia mamma che con destrezza sistemava i depliant sul bancone.
Quando mi vide mi corse incontro abbracciandomi.
<<Come stai?>> Chiese squadrandomi.

"Tutto bene" confermai.

-"Avevo pensato di andare a cena fuori stasera" disse cambiando discorso.

"Sarebbe stato bello ma devo fare il turno al bar perchè Irene non può" dissi con tono leggermente dispiaciuto abbassando lo sguardo.

-"Oh che peccato, faremo più avanti, allora uscirò con Monica" rispose rimettendosi alle prese con i giornalini.
Dopo altri dieci minuti spesi a salutare tutte le persone che conoscevo, mi avviai verso casa.
Durante il tragitto in metro Sami mi richiamò.

-"Scusa Lav ero impegnato" disse dopo qualche secondo di chiamata.

"Che facevi?" chiesi curiosa sorridendo.
Ci fu silenzio per qualche istante, capii di avergli rivolto una domanda impertinente.

-"Sai c'era la mia ragazza..." continuò imbarazzato.

"Non serve aggiungere altro" chiusi quel discorso maledicendomi e sorridendo mentalmente.

-"Cosa ti serve?"

"Mi chiedevo se stasera fossi libero per tenermi Khaby, ho il turno al bar"

Mi sentivo di troppo, cioè non mi era mai piaciuto chiedere favori di questo tipo.
In un certo senso significava "obbligare" le persone a restare a casa per guardarmi il cane.

-"Mi dispiace un casino Lav, stasera avevo promesso alla mia ragazza che l'avrei portata al cinema"

"Tranquillo, provo a chiamare Antonio".

Chiusi la breve telefonata con Samuel e provai con l'altro mio ormai migliore amico nonché scrittore di fama nazionale.
Con mia grande gioia e sfiga era partito circa mezz'ora prima, direzione Bergamo per l'instore del suo nuovo libro.
Sarebbe tornato la notte.
Non mi capitava nulla di buono, tutte a me.
Pensai addirittura l'avessero fatto apposta.
Mi restavano solo Diane e Ruth.
Incrociai le dita ma entrambe non risposero, la segreteria telefonica di Diane diceva che il suo telefono poteva essere spento.
Abbastanza irritata entrai in doccia per rilassarmi, avrei fatto a modo mio, ovvero portarmi Khaby dietro.
Arrivai al bar con un ritardo di un quarto d'ora, mi beccai la ramanzina dell'oca che stava a servire i gelati.
Invece per quanto riguarda Alfonso, il lavapiatti non disse nulla, forse non se ne era nemmeno accorto.
Presi le chiavi ed aprii seguita da Khaby al guinzaglio.
I primi clienti mi guardarono leggermente straniti ma non ci feci caso.
Continuavo a girare per il locale cercando un posto dove poter legare il mio bellissimo fagottino purché non recasse disturbo agli altri, insomma doveva pur bere e mangiare no?
Alla fine optai per legarlo vicino all'uscita sul retro, perché tanto di sera la porta restava chiusa.
Presi due ciotole e ci misi dentro acqua fresca e croccantini.
Dovevo darmi una mossa perchè era arrivata già molta gente.
Nella fretta stavo riuscendo a portare un cornetto alla marmellata ad un tizio che mi chiese un gelato alla vaniglia.
Bene direi.
Per la prima mezz'ora Khaby restò tranquillo ma poi iniziò a piangere, gli ordinavo continuamente di smetterla ma imperterrito non la finiva.
Diamine cosa aveva da piangere?!
Non potevo mollare di servire per portarlo a fare i bisogni, ero l'unica cameriera!
Improvvisamente mi ricordai che non avevo preso i sacchetti per le feci e pregai il cielo che non la facesse proprio lì.
Ovviamente potete immaginare come finì.
Purtroppo i cuccioli non hanno la piena capacità di trattenersi...
Inutile dire che imprecai a bassa voce e andai a pulire tutto chiedendo scusa ai clienti per l'attesa.
Puntualmente mi chiamarono anche diverse volte al cellulare ma ero impossibilitata a rispondere.
Quando tutto quello stancante inferno finì, fui davvero felice.
Sforai di venti minuti dall'orario previsto e tra riordinare tutto il bar e stare attenta a Khaby tornai a casa all'una.
Calcolate pure mezz'ora di metro.
Sfinita mi buttai sul letto invidiando Irene, chissà con chi era a quella cena "importante".

GHALI Il Ragazzo Del PokerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora