5. Il concerto

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«Signorina Liv?» una voce mi richiama dal mio stato di trans in cui non ho fatto altro che osservare la mia migliore amica, scuotendo la testa e domandandomi che male abbia fatto nella vita per meritarmi tutto questo.

«Sì?» domando voltandomi e ritrovandomi di fronte allo stesso omone che avevo visto il giorno precedente di fronte al mio negozio. Lo stesso uomo in giacca e cravatta che Jackson ha descritto come suo bodyguard, se non ricordo male.

«Il signor White mi ha mandato a prenderla.» annuncia in tono solenne, voltandosi verso l'entrata ed invitandomi a seguirlo, senza aggiungere altro.

Che modi!

Afferro Nina per il braccio, perché ancora troppo impegnata a raccontare ad un pubblico immaginario la sua gioia e faccio una linguaccia poco cortese e matura all'uomo che pochi minuti prima ha messo in dubbio la mia parola, camminando velocemente dietro al bodyguard di Jackson. Alla fine, per fortuna, quel ragazzo ha avuto un po' di sale in zucca da mandare qualcuno a prendermi per portarmi nel backstage, anche se avrebbe comunque dovuto informarmi sulle modalità di accesso al suo mondo esclusivo, tanto sconosciuto per me.

Percorriamo un lungo corridoio, io in silenzio e la mia amica a riprendere ogni cosa, seppur siamo immerse nel buio e nel silenzio, disturbato solamente dal rumore dei nostri passi e da quelli che suppongo siano i tecnici impegnati nel montaggio degli strumenti sul palco, dato che riesco ad udire qualche «1-2-3, prova!» rimbombare in lontananza ed immagino che la diretta di Nina stia venendo fuori tutt'altro che interessante.

«Siamo arrivati. Vi pregherei di non fare video nei momenti prima del concerto, dopo potrete fare tutti quelli che volete.» ci avvisa l'uomo, spalancando un'enorme porta con su scritto "riservato", seguito dalla dicitura "vietato l'ingresso ai non autorizzati".

«Liv, credo che sverrò. Sì, penso proprio che morirò qui.» mi sussurra Nina, affondando le unghie nel mio braccio, prima di varcare la soglia. Evito di risponderle, desiderosa di non fare la figura della fan schizzata nei primi trenta secondi dalla nostra entrata in scena e faccio un passo in avanti, saettando lo sguardo in giro per la stanza.

Ad essere sinceri è esattamente come immaginavo che fosse un luogo come questo: enorme, pieno di luci, attrezzi per il trucco e parrucco, champagne ed un'infinità di gente particolare che non può che ricordarmi le persone che incontravo ogni giorno quando frequentavo il liceo artistico.

Mi guardo ancora un po' intorno alla ricerca del ragazzo che mi ha invitata, sentendomi un pesce fuor d'acqua sotto gli sguardi curiosi di quella che immagino sia "la solita cerchia di persone fidate" nei confronti di due estranee ma l'unica cosa che riesco ad individuare è un ricco buffet che, a causa dello sciopero della fame al quale mi ha costretta Nina per non arrivare in ritardo e al quale non avevo potuto disobbedire durante le sue mille prove di acconciatura dato che a casa sua non c'è mai alcun tipo di cibo che non sia biologico o dietetico, mi appare come una visione.

Incurante degli sguardi dei curiosi mi avvento in quella direzione e agguanto un tramezzino, mandando giù il primo morso e reagendo a quel piacevole contatto con le mie papille gustative come se avessi appena avuto un orgasmo.

«Felice che ti piaccia.» ridacchia una voce famigliare alle mie spalle che, dalla faccia di Nina che sembra aver appena visto un fantasma, direi appartenga a Jackson. «E che tu sia venuta.»

«Jackson!» borbotto, con la bocca piena, allungando la mano libera dal tramezzino nella sua direzione, producendo un suono distorto che lo fa scoppiare a ridere.

«In persona! Almeno questa volta sai chi sono!» ride ancora, prima di voltarsi in direzione di Nina che stranamente è rimasta in silenzio per tutto il tempo. E completamente immobile.

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