Capitolo 5 - Me cojoni

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"Perché li hai fatti entrare?" sibilo a mia madre, indietreggiando sul pianerottolo. Lancio un'occhiata al malefico trio, guardandomi bene dal rispondere all'ennesimo cenno di saluto di Karina, e torno a osservare la donna che per la seconda volta in meno di una settimana mi ha tradito. "Sei dalla loro parte, adesso?"

Mamma si tormenta l'orlo del camice rosa, mordicchiandosi le labbra sottili. "Nemmeno a me va a genio l'idea di questa gente in casa nostra, ma non potevo mica cacciarli via! Si sono presentati al centro estetico, dicendo che non volevi ascoltarli per nessun motivo e che avevano bisogno del mio aiuto..."

"Non hanno alcun diritto di stare qui" replico secca, ma stando ben attenta a tenere la voce bassa, perché i soldatini di stagno hanno tutta l'aria di essere armati fino ai denti e non me la sento proprio di prendermi una pallottola per la mia lingua lunga. "Né di venire a scuola durante l'orario scolastico o interrompere i tuoi turni al centro. Magari le cose funzionano in un altro modo, nel loro favoloso regno delle fiabe, ma qui siamo in Italia e dovrebbero davvero..."

"Daphne, adesso basta" mi borbotta lei sottovoce, mentre una chiave ruota sferragliando in una delle serrature del pianerottolo. "Buongiorno, signora Valenti! Va al mercato?"

Mi volto quel tanto che basta da individuare il nostro personalissimo impianto di sicurezza condominiale, ovvero la signora Valenti. Sta uscendo dal suo appartamento, trascinandosi dietro il solito carrello di stoffa a fantasia scozzese, e mi rivolge un'occhiata che mi fa sentire una criminale di guerra.

"Salve, Clara" gracchia la donna, richiudendosi la porta alle spalle. "Daphne" aggiunge in un borbottio, mentre dà quattro mandate alla serratura cigolante. "Ho da comprare un po' di verdure, sì. Magari quando tornerò ci sarà un po' di silenzio."

"Vecchia befana" bofonchio, osservandola scendere a fatica la rampa di scale col carrello al seguito. "A volte vorrei davvero... vorrei davvero dirgliene quattro!"

Mamma mi rivolge un sorriso mesto. "Sei troppo educata, per nostra fortuna."

O troppo fifona. Ma 'educata' suona meglio, in effetti, e quindi non contesto.

"Allora, ci leviamo questo dente?" riprende, facendo un cenno verso la nostra porta accostata. "Giulia mi sta coprendo il turno, ma entro mezz'ora devo tornare giù, perciò..."

"Dimentichi il fatto che io con loro non ci voglio parlare" mi impunto in un borbottio, battendo un piede a terra. "Come la mettiamo, adesso?"

"Non se ne andranno, Daphne, non finché la questione non sarà risolta."

Me ne sono accorta anch'io, non sono mica cretina. Resto nel mio ostinato silenzio per qualche minuto, poi rivolgo uno sguardo veloce a mia madre. "Non possono obbligarmi a fare niente, vero?"

Lei scuote la testa, facendo oscillare la lunga coda castana. "Assolutamente niente. Hai la mia parola."

La guardo in silenzio per un lasso di tempo indefinito, poi scrollo le spalle e rilascio un sospiro pesante. "Facciamolo."

Me ne pento più o meno all'istante, ma in fondo che alternative avevo? Mamma ha ragione: questa gente non uscirà dalla mia vita tanto facilmente, a meno di non stare a sentire quello che vogliono.

Rientriamo in casa senza una parola, e Karina salta dal divano come una molla per venirmi incontro.

"Allora, principessa Daphne, avete deciso di ascoltarmi?" squittisce, mentre i soldatini di piombo la affiancano in perfetta sincronia. "Vi ruberò pochissimo tempo, ve lo assicuro!"

Rivolgo uno sguardo rapidissimo a mia madre, il cuore che minaccia di esplodermi in gola, e lei annuisce in silenzio. Sembra tranquilla, e la cosa contribuisce a convincermi a dare carta bianca a Karina.

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