Ho deciso, non chiamerò. Sono andata a cercare su Google questo fantomatico Regno di Barèvia, al rientro a casa, e non ho la minima intenzione di invischiarmi in qualcosa tanto più grande di me.
Re Albrecht, quello che in teoria dovrebbe essere mio padre ma che in pratica è soltanto uno stronzo, ci ha messo ben poco a riprendersi dalla fuga di mamma: nemmeno tre anni dopo prendeva in moglie Emma Egelhoff, figlia del Primo Ministro Bareviano, e adottava la biondissima figlia di quest'ultima, Isabella. Su Google ho trovato un sacco di sue foto recenti, e c'è da ammettere che è proprio carina, ma io ho comunque deciso di ribattezzarla Isabrutta. Mi ha fregato il padre, in fin dei conti.
In ogni caso, tutti gli articoli spulciati nel corso delle ultime ore parlano di lei come la legittima erede al trono, perciò ho motivo di credere che la lettera sbagli. Deve essere così per forza, no? In fin dei conti sono nata fuori dal matrimonio, cosa che mi rende a tutti gli effetti una figlia illegittima. E le figlie illegittime, da che mi risulti, non possono certo salire al trono.
Alle due e un quarto spaccate, mentre me ne sto stravaccata sul divano a fare zapping, suonano al citofono. Deve essere per forza Alice: all'uscita fa sempre un salto da me, perché il suo Cotral parte alle tre meno dieci e ha parecchio tempo da ammazzare.
"Okay, adesso devi proprio spiegarmi" esordisce, comparendo sulla soglia di casa. "Sei una principessa?"
Io le rivolgo uno sguardo truce. "Un po' più forte, che l'inquilino del pianterreno è mezzo sordo e non ha sentito bene."
"A scuola pensano tutti che sia stato solo un tentativo di attirare l'attenzione" prosegue lei, come se non avessi parlato, "ma andiamo, tu che fai una cosa del genere?" Scuote la testa con un risolino secco, facendo rimbalzare le centinaia di boccoli castani costretti in una coda alta. "Piuttosto ti scaveresti la fossa da sola. Perciò adesso mi vado a prendere una cosa da sgranocchiare e poi tu mi spieghi che cavolo sta succedendo, intesi?"
"I... Intesi."
Alice sarà pure una sfigata, ma al contrario di me non appartiene alla categoria degli sfigati passivi: risponde a ogni singola provocazione e non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno da quella stronza di Nicole. Sembra immune a tutti gli insulti che le piovono addosso ogni giorno, roba come 'maschio mancato' o 'spacecraft', e niente di quello che dicono le Stronze Galattiche la scalfisce in alcun modo.
"Sono solo parole" mi dice sempre, ma lo sanno tutti che le parole sono come coltelli e possono affondare in profondità. Io la sua corazza non l'ho mai avuta, perciò mi limito a incassare gli insulti e a nascondere la testa sotto la sabbia, da perfetto struzzo fifone quale sono.
Alice torna in salotto con gli avanzi della rosticceria e, una volta che si è sistemata al mio fianco, le riporto in breve il racconto di mamma, arricchendolo con i dettagli scovati online.
"Magari siete entrambe eredi al trono e vogliono decidere chi di voi due sia la migliore" ipotizza alla fine del resoconto, masticando sovrappensiero una patatina. "Altrimenti perché spedirti tutte quelle lettere? Voglio dire, non ha senso."
Io alzo una spalla, mordicchiandomi l'unghia spezzata del pollice. "Non lo so e non mi interessa. Hanno fatto a meno di me per tutti questi anni, possono tranquillamente continuare così per il resto della vita."
Alice aggrotta le sopracciglia folte. "Quindi mi vuoi dire che la prospettiva di essere in lizza per il governo di un intero Paese non ti elettrizza neanche un pochino?"
"Ali, e dai." Le rivolgo un'occhiata eloquente, incrociando le gambe sul divano. "Io a capo di un paese? Come minimo provocherei la Terza Guerra Mondiale. E poi nutro il forte sospetto che tutta questa storia delle lettere sia frutto di un errore."
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